A mente aperta: Ammettere di non sapere.

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Ammettere di non sapere.

Ad essere sinceri, dovremmo ammettere che diamo per scontate molte cose, anzi, troppe, come troppe sono le certezze in cui confidiamo, senza una ragione solida, senza avere mai investigato a fondo.

Nell’era di internet, poi, con la quasi costante connessione alla rete, grazie a social, blog, canali video, ai quali si accede attraverso smartphone, tablet, computer, smart-Tv, il flusso di informazioni è diventato soverchiante. Ma è senz’altro un fatto che la possibilità da parte di un utente qualunque circa la veridicità, o la falsità, di quanto lo raggiunge è praticamente uguale a zero. Infatti, se da una parte è vero che l’informazione, oramai, non è più un fenomeno elitario – proprio grazie a queste tecnologie – è pur vero anche che in rete si legge tutto e il contrario di tutto, in quello che potrebbe essere definito come “caos informativo”.

In questo marasma di notizie contrastanti, ben difficilmente si riesce a risalire alle fonti e se anche si riuscisse, il comune internauta non dispone, in ogni modo, dei mezzi idonei per verificarne l’attendibilità. In una simile situazione, se riconosciuta, l’atteggiamento più logico dovrebbe essere quello di mettere comunque in dubbio ogni notizia e persino ogni video digitale, accettando tutto questo come una semplice possibilità tra le infinite possibilità, non certo come la verità assoluta. Ma se ti guardi intorno, ovvero, se osservi le persone che conosci, ti sembra che sia questo il loro atteggiamento o, magari, no? Tristemente, bisogna pur ammettere che così non è.

La mente ha bisogno di certezze e sicurezze, di definire tutto e tutti, quindi, per la sua presunta incolumità, si attacca a ciò che più risuona con quanto già conosce e ne fa dei punti fermi, a prescindere dalla possibilità o meno di verificare e del fatto che, comunque, non si trovi di fronte ad esperienze o conoscenze di prima mano. In assenza di esperienza o conoscenza di prima mano, la possibilità che resta è credere a qualcosa o a qualcuno, fidandosi cioè di quel qualcosa o di quel qualcuno di cui, effettivamente, non si sa nulla e non si conosce nulla. Ma hai mai fatto caso a chi si comporta in questo modo? Per fare un esempio chiarificatore, possiamo riconoscere che si comportano così sia i pappagalli, sia le scimmie ammaestrate… nonché le masse di pseudo-individui, il cosiddetto gregge. La cosa tragica, però, è che questa è solo la punta dell’iceberg… sotto c’è ben altro e, malauguratamente, tanto di più.

Di fatto, non è poi così impossibile rendersi conto che l’informazione è, più o meno, pilotata e faziosa, troppo spesso addirittura falsa, completamente inventata al solo fine di raggiungere scopi inconfessabili; quello che è ben più significativo è che i nostri stessi schemi mentali sono coinvolti in un identico genere di mistificazione e, per giunta, nei confronti di noi stessi, in quello che si potrebbe configurare come un atto di auto sabotaggio.

La maggior parte di noi non conosce praticamente nulla riguardo il pensiero, o meglio, riguardo al modo in cui pensa o crede di pensare, non conosce nulla degli schemi mentali ripetitivi, condizionati e condizionanti, non ha la più pallida idea di come sorga un’emozione, né di cosa siano l’attaccamento e l’identificazione, ma crede ugualmente di potersi fidare del proprio discernimento per prendere decisioni cruciali, crede veramente di avere la facoltà di scelta, secondo quello che pomposamente viene definito e rivendicato come libero arbitrio; in parole diverse, si crede di “sapere” in virtù del fatto che si legge, si ascolta, perché si guardano video e film, perché si è fatto qualche corso, eccetera. In base a ciò, si dichiara bellamente: “io so come stanno veramente le cose” … A me vengono i brividi e a Te?

Il fatto eclatante è che chi non conosce se stesso non può nemmeno conoscere il mondo; suona, forse, irriverente, ma così è. Se, infatti, non si conosce in base a cosa si generano le emozioni in noi, in virtù di cosa si risponde agli eventi, o qual è la causa di ogni infelicità e conflitto, mi potresti dire come sia possibile affermare di sapere come stanno veramente le cose? E se non si ha una conoscenza diretta della “propria” interiorità, mi potresti ugualmente spiegare come sia possibile conoscere addirittura il mondo?

La conoscenza di seconda mano, cioè quella che si legge o che viene riferita da altri, non è affatto conoscenza, bensì semplice informazione, dati accumulati, suggestioni accettate a prescindere da ogni indagine approfondita. Non fa alcuna differenza quale sia la fonte, che sia un testo sacro o il giornaletto di quartiere; l’unica differenza la fa “colui” che accede all’informazione, con il “suo” atteggiamento interiore. Può credere, cioè bersi ogni parola, può non credere, cioè rifiutare ogni evidenza, o può mettere in dubbio, affermando semplicemente: non lo so… può essere, come no.

Se si riconosce di non sapere, di sicuro, non si cercherà di affermare la propria ragione a tutti i costi, mentre di fronte a coloro che pretendono di averla si sorriderà con compassione. Questa comprensione ha il potere di disinnescare ogni conflitto relazionale, a meno che l’importanza personale non la faccia da padrona… ma questa è un’altra storia.

Ed ora una domanda: Tu sai come stanno veramente le cose?
A questa domanda, ovviamente, puoi rispondere solamente Tu.

Con affetto, Sid… Love*

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