A mente aperta: Sulla nostra pelle.

A mente aperta: Sulla nostra pelle.

Ciao, come stai?

Se leggi questo blog, sai che è da parecchio tempo che non scrivo nulla. Non sono la pigrizia o il disinteresse, la mancanza di tempo o l’indifferenza che hanno fatto sì che non scrivessi… è solo e semplicemente che ho sempre meno cose da dire, come avevo già accennato in un post precedente. [>>>]

Non c’è più alcun interesse in “me” di acquisire, conquistare, ottenere di più, di raggiungere un traguardo… e credo che, detto così, sia sufficientemente chiaro. E, in Te, c’è?

L’unico e appassionato moto interiore che mi anima è quello verso la conoscenza di sé, o, se preferisci, verso la conoscenza, sempre più profonda, del movimento del pensiero, con la sua radicata “identificazione concettuale”, che afferma: “io sono, io esisto”… e, credimi, con le belle parole, o i lusinghieri appellativi “divini”, per quanto possano gratificare la personalità, non si va da nessuna parte, ammesso poi che si debba andare da qualche parte. Quindi… poche chiacchiere. E Tu, hai ancora voglia di parole, parole e ancora parole?

L’umanità, già si sa, è meramente un concetto… ciò che è reale è l’Essere… pertanto, se ci riflettiamo su, potrebbe diventare evidente che ogni aspetto della Vita, come pure ogni aspetto di un qualsiasi “altro”, non è che una tessera del puzzle dell’auto-conoscenza di sé che, posta nella sua unica ed insostituibile posizione, rende il quadro sempre più chiaro e leggibile. E’ da questa ultima considerazione che nasce in “me” lo stimolo per lo studio, la lettura, l’informazione… giacché, osservando imparzialmente l’esterno, come se fosse uno specchio, ci si può trovare sotto le dita un “polso” della situazione più dettagliato, che offre la possibilità di distinguere più accuratamente la posizione in cui collocare le diverse tessere nel puzzle, poichè è solo in “noi stessi” che possiamo ricercare le cause di ciò che vediamo “là fuori”. Non credi?

La Vita – o, meglio, quella che chiamiamo vita, pur non potendo essere certi che così sia – ognuno di noi la sperimenta sulla propria pelle, in una relazione intima e “solitaria”, in quanto tale relazione può accadere solamente tra me e la Vita, tra Te e la vita… pur contemplando la molteplicità delle sue forme e relazioni. In parole diverse, la Vita intrattiene, con ognuno di noi, una relazione intima ed esclusiva, immersa in un “ambiente” variegato di forme, che ci dà l’illusione di una molteplicità quasi smisurata. Ma la relazione resta comunque a “due” … come tra due innamorati … o come tra due separati in casa, che nulla possono fare per sottrarsi l’uno all’altra e viceversa. Questa relazione o, molto meglio, la Relazione delle relazioni, quella con la R maiuscola, non può che accadere tra Te e Lei, tra me e Lei… non devono esistere dubbi al riguardo. Questa relazione – indipendentemente dai “fotogrammi” che presenta – noi esseri umani la chiamiamo “esperienza”. Quindi, si potrebbe affermare che l’esperienza, di cui si fa un così grande parlare, non è altro che la relazione che ognuno di noi intrattiene con la Vita… semplicemente… vivendo.

Sulla mia pelle… vivo. Sulla tua pelle… vivi. Detta così fa un effetto un po’ strano, vero? Ma è esattamente così. E sai qual è la cosa curiosa? Che non ci possiamo fare proprio nulla. Viviamo e vivremo fino al momento in cui si spegnerà la luce e, salvo atti che non intendo commentare, quel momento si realizzerà quando parrà e piacerà alla Vita stessa… non certo alla tua o alla mia piccolissima, ma presuntuosissima individualità. Lo sapevi già, vero? Ma sentirselo dire in questo modo fa sempre un po’ ribrezzo; accennare alla morte, infatti, provoca sempre qualche sussulto indesiderato.

Durante questa tragi-commedia, o cortometraggio – se lo paragoniamo ai tempi dell’universo – sulla nostra pelle sperimentiamo ogni genere di situazione, di pensiero, di emozione… perdendo, acquisendo, trattenendo, lasciando andare, ridendo, piangendo, cercando… che regia stupefacente! Chi mai potrebbe inventarsi un copione così variegato, così ricco, così sfaccettato, ma anche così terribile, crudele e persino omicida? Un essere umano non credo proprio che potrebbe … il pensiero e l’esperienza umana, per quanto vasti possano essere, sono troppo limitati per “immaginare” così tanto… o, forse, no? Non cercare una risposta, né da te stesso, né da me, perché “noi” mai lo potremo sapere… e saperlo non ci servirebbe comunque a nulla.

La mente “umana”, ammesso che esista, non fa altro che cercare qualcosa… quel qualcosa, se ti osservi con onestà intellettuale, non è altro che il desiderio di tranquillità, di ben-essere o, detto più accuratamente, di appagamento. Vorrei cercare di esprimermi correttamente: il desiderio di tranquillità e ben-essere di una persona “qualsiasi”, in genere, è quello di godersi un po’ di serenità, al riparo dalle numerose sfide che la Vita pare portare ogni giorno e che rendono così ardua la quotidianità, mentre il desiderio di tranquillità e ben-essere di un “potente” sarà quello che nessuno ponga ostacoli o che si metta in competizione per la detenzione di tale potere. Desiderio, dunque… e comunque.

Vedi? Il desiderio accomuna sia il più umile degli uomini, sia il più potente: entrambi cercano di acquisire e di controllare ciò che, secondo ognuno di loro, può rappresentare la tranquillità e il ben-essere… cioè l’appagamento. Lotteranno, faticheranno, agiranno con uno scopo, con un intento e proseguiranno fino al raggiungimento della meta tanto agognata. Dopo di che? Lotteranno, faticheranno e agiranno con uno scopo, quello di non perdere ciò che così duramente hanno ottenuto. Lo schema è identico: desiderio – lotta – sforzo – meta – resistenza. Ah, dimenticavo… e ne vanno anche fieri.

Ma tutti coloro che la intendono così, non si sono mai posti l’interrogativo: “Ma come e da dove nascono i desideri? Che cosa implica un desiderio? Che cosa è sottinteso nel desiderare?”… Ma soprattutto: “Chi è il soggetto che desidera… è reale o è un’illusione?”. Mi dici come si può rispondere a questi interrogativi, se non si indaga in prima persona ed a fondo? O trovi sia più logico, sensato e maturo rispondere con qualche frase fatta, imparata da altri? Non siamo mica pappagalli, no?

Ricordi? Poche righe più su si parlava della “nostra” relazione intima con la vita… come tra due innamorati … o come tra due separati in casa. Ma, in una simile relazione, che posto ha il desiderio?

Ciò che vorrei sottolineare è che gli innamorati non hanno bisogno di nulla, in quanto vivono già l’uno dell’altra, o dell’altro, almeno fino al momento in cui il pensiero non se ne viene fuori con l’ideona che la magia potrebbe finire da un momento all’altro. [Sì, questo è senz’altro vero in un universo materiale, in cui tutto è destinato a scomparire, prima o poi… ma questa è tutta un’altra storia.] I separati in casa, invece, non sopportano la presenza l’uno dell’altra, o dell’altro, per di più costretti a condividere lo stesso spazio e lo stesso tempo, visto che vivono sotto lo stesso tetto. Ognuno di loro non vede l’ora che l’altro se ne vada, accusandolo di essere la causa del proprio mal-essere. Basta semplicemente guardarsi intorno e si vedrà che le cose stanno esattamente in questo modo.

In che relazione siamo, allora, con la nostra più intima compagna, la Vita? Siamo qui a lamentarci per la sua inconsistenza, per la sua avarizia, per la sua indifferenza o ingiustizia o quello che ti pare? Siamo qui a recriminare, a cercare di controllare, ad agire in un senso, piuttosto che in un altro, visto che non abbiamo nessuna fiducia in Lei? Siamo così certi di essere “più bravi” di Lei e di sapere, meglio di Lei, cosa ci serve, cosa ci fa stare bene, cosa ci dà gioia? Desideriamo cambiare il gioco, i giocatori e il terreno di gioco? E, in tutto questo… quanta gratitudine c’è? E, se manca la gratitudine… perché mai ci si dovrebbe sentire completi, appagati e felici? Hai mai riflettuto su tutto questo?

Non sto affatto suggerendo che “bisogna amare, che tutto è amore, che desiderare è sbagliato, che devi sviluppare la gratitudine nel tuo cuore”… nulla del genere, spazzatura! Affermo soltanto che non essere consapevoli di ciò che ci spinge ad agire o a non fare nulla, a desiderare, a cercare soddisfazione, piacere o benessere, è un atto di irresponsabilità, punto e basta. Non è né giusto, né sbagliato… solo irresponsabile. E l’irresponsabilità, qui, non ha un significato “negativo”, di condanna, bensì sta ad indicare che, se non si è presenti a se stessi, in contatto con se stessi, non si può certo essere responsabili di alcunché. Ma un dato di fatto resta comunque: secondo Te, è da esseri responsabili pensare, parlare o agire senza essere presenti a se stessi, in una modalità meccanica ed automatica, per di più programmata, fin nei minimi dettagli, da altri? E’ questo che significa essere veramente “umani”?

Sulla nostra pelle possiamo certamente percepire la qualità della relazione che intratteniamo con la Vita. Sulla nostra pelle possiamo renderci conto se stiamo, o meno, accusando la Vita – attraverso eventi che coinvolgono alcune delle sue forme – di non essere abbastanza buona con noi. Sulla nostra pelle possiamo diventare consapevoli se stiamo ancora cercando qualcosa “in più o di meglio” da acquisire, prima di poter finalmente essere felici, o grati, o completi o quello che ti pare.

La nostra pelle ne ha viste sicuramente tante e altre, ancora, ne vedrà. La nostra pelle è sincera, mentre il pensiero, troppo spesso, non lo è… ma sulla nostra pelle abbiamo già imparato anche questo. La “nostra pelle” è il sentire più profondo e sincero che sperimentiamo in questa rappresentazione teatrale che chiamiamo Vita; peccato che i più non se ne diano cura, che preferiscano ascoltare le sirene della mente, che fanno certamente molto più rumore. Hanno smesso di “sentire” e preferiscono “pensare, programmare, organizzare, prevedere”… oltretutto, come se il pensiero appartenesse a loro… ma anche questa è un’altra storia.

Ci sono momenti, a volte spontanei, a volte agevolati da attività meditative o altre pratiche, in cui il pensiero è assente… puff… scomparso. E non si può, in effetti, nemmeno parlare di “momenti”, poiché in “quei momenti” persino il tempo è inesistente… Allora… Quando il pensiero è assente, quando il tempo è dissolto, quando non c’è alcun cercare, alcun desiderare, nessuna esperienza, nemmeno i due amanti… c’è Quello che c’è… e “Quello” non ha un nome, non ha una spiegazione, non ha una connotazione e non c’è nemmeno “qualcuno” che se ne possa rendere conto. Non serve a nulla descriverlo, non serve a nulla spiegarlo, non serve a nulla cercare di capirlo… se c’è, c’è… se non c’è, è inutile affannarsi nel tentativo di “raggiungerlo”… e, meno che meno, sproloquiare.

Accade, con una certa frequenza, che Quella sia la dimensione in cui vengo portato… o, più correttamente, che si auto-manifesta a prescindere da “me”… dal momento che “io”, lì, non ci sono mai stato e mai ci potrò andare. Per scrivere, invece, devo necessariamente immergermi nella densità di un linguaggio e di un’esperienza troppo limitati, entrambi incapaci di descrivere Ciò che E’ … e ti confesso che ne ho sempre meno voglia, che amo sempre più il Silenzio, oltre al fatto che è alquanto noioso ripetere le stesse cose. Ma questi sono limiti appartenenti alla “mia personalità”, o dell’ “individuo”, se preferisci… e, al momento, evidentemente… così stanno le cose.

Grazie per la tua condivisione…
Con affetto, Sid… Love*

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