Moksa = Liberazione.

Terra x Blog + Nero 2015

Moksa: Liberarsi dell’alieno, del corpo di dolore.

“Il corpo di dolore vuole sopravvivere, proprio come qualunque entità esistente. E può sopravvivere solamente se inconsciamente vi identificate con lui. E si nutrirà di ogni esperienza che risuoni del suo proprio tipo di energia”. Eckhart Tolle

Il cammino di ogni Yoga è diretto verso una sola ed unica mèta e questa mèta si chiama: MOKSA ! LIBERAZIONE, appunto. Si ma liberazione da cosa? Risposta: dalla ruota delle reincarnazioni, SAMSARA (mondo illusorio della mente egoica, mondo della molteplicità, della personalità), in cui ci ha condotto l’accumulo del nostro karma negativo, seminato dai nostri pensieri e dalle nostre azioni, nutriti di ricerca del piacere (raga) e fuga dal dolore (dvesha), che hanno finito per liberare “energie sottili” che si sono impossessate del nostro corpo e della nostra mente, creando un “campo di energia negativa”: IL CORPO DI DOLORE !

Il corpo di dolore è l’accumulo della vecchia sofferenza, accumulata nel passato, che non abbiamo potuto trasformare; accumulata nel passato, ce la portiamo ancora dentro in uno stato latente, pronta a risvegliarsi, magari in momento inatteso, tranquillo, per alimentarsi di ciò di cui è composto: SOFFERENZA !

Per questo si risveglia quando non è stato alimentato per qualche tempo, per andare in cerca di sofferenza. Il suo meccanismo è un meccanismo “seriale” a sfondo sado-masochistico, per infliggere o procurarsi sofferenza, sempre e comunque sofferenza: questa è il suo cibo. Il suo “motore di ricerca” è la sofferenza, perché questa ne garantisce la sopravvivenza: infatti possiamo considerarlo un vero e proprio “ALIENO”, che ci possiede attraverso il laccio della sofferenza procurata a noi stessi e agli altri, articolata attraverso stratagemmi fisici o psichici strutturati in una rete neurale (sinapsi) nella quale ci tiene prigionieri della mente egoica inferiore, il vero padrone di tutta la baracca psico-fisica. A tenerci legati e prigionieri di questo corpo, poi, ci pensa la “INCONSAPEVOLEZZA” !

I progenitori adamitici, cacciati dal paradiso (= stato di coscienza edenico), al momento dell’uscita da esso  indossano una ” tunica di pelle “, che simboleggia proprio quel corpo di dolore che imporrà loro di “vivere con fatica, di guadagnare il pane con il sudore della fronte e alle donne di partorire con dolore”. La “cacciata” coincide con la formazione di questo corpo di dolore che, fintanto che non sarà disciolto e dissolto, sbarrerà l’ingresso alla porta di rientro, come l’angelo che viene posto a guardia della porta del paradiso con la spada di fuoco in mano.

Quando il corpo di dolore si risveglia (consiglio la lettura del libro di Giobbe, un testo biblico sublime che ci dice molto delle modalità di questo “ris-veglio”), avvertiamo una sofferenza che ci è nota, perché è sempre la stessa e, fin quando ne siamo “inconsapevoli”, torneremo sempre a soffrirla, come i dannati delle bolge dantesche, che soffrono sempre la stessa pena in eterno. Tornando a soffrirla inconsapevolmente, la nutriamo, ne aumentiamo il fardello e finiamo per rimanere imprigionati nella stessa “ripetizione”, come i dannati danteschi, appunto.

Il corpo di dolore, così risvegliato nell’inconsapevolezza, ci possiede, controlla la nostra testa, producendo pensieri e azioni che alimentano la nostra sofferenza e il nostro malessere psico-fisico al punto tale che, a volte, è necessario il supporto di un aiuto esterno, di una energia “pulita” – medico, sacerdote, psicologo – che ci aiuti a “esorcizzare” l’alieno che ci possiede; infatti il corpo di dolore può essere visto solo in uno stato di “vigile consapevolezza”, in cui è possibile percepire la sua energia, attraverso la sensazione fisica. Mantenere l’attenzione vigile nel corpo fissa quella sensazione e taglia il legame tra il corpo di dolore e il processo mentale che lo alimenta. In questo modo, invece di soffrire nuovamente quel dolore, lo trasmutiamo, trasmutiamo la vecchia sofferenza senza crearne più di nuova e, progressivamente, iniziamo a liberarci (Moksa) del “PIOMBO” del passato e iniziamo a vivere l”ORO” del Presente.

Il corpo di dolore è come l’ “omino di burro” collodiano che “non dorme mai, neanche la notte”, sempre in giro a caccia di altri corpi da trasformare in corpi di dolore, asinelli che ragliano straziati i loro vissuti esistenziali di dolore; quasi come in una reazione nucleare a catena, un corpo di dolore si trasmette ad un altro, come i demoni, fino a diventare una “legione” che infesta i malcapitati .

Il corpo di dolore necessita continuamente di “energia”, è un vampiro; in fondo è un’illusione proiettata dal falso sé (personalità egoica) e la sua sopravvivenza dipende solo dall’energia che riesce a succhiare all’esterno. Egli si nutrirà di ogni esperienza che entri in risonanza con il suo stesso tipo di energia, cioè ogni cosa che crei ulteriore dolore, sotto qualunque forma: collera, capacità distruttiva, odio, afflizione, dramma emozionale, violenza, perfino malattia. Il dolore può alimentarsi soltanto di dolore e, una volta che il corpo di dolore si è impadronito di voi, necessitate di altro dolore e diventate vittime, o persecutori; infatti egli si esprime attraverso quattro “drammi di controllo” (i drammi di controllo sono ben descritti nel libro: La Profezia di Celestino ” aut. Redfield) così indicati:                          AGGRESSORE; TERRORISTA; VITTIMA; RISERVATO.
Si tratta di quattro comportamenti seriali, attraverso i quali il corpo di dolore si nutre in una spirale sado-maso senza fine di carnefice-vittima-carnefice … Se lo considerate un’entità invisibile a sè stante vi avvicinate molto alla verità. Si tratta del corpo di dolore emozionale.

Il corpo di dolore vuole sopravvivere, al pari di ogni altra entità esistente e può sopravvivere soltanto se vi induce a identificarvi inconsapevolmente con esso. Allora può impadronirsi di voi, diventare voi e vivere attraverso voi. Deve alimentarsi tramite voi. Si nutrirà di ogni esperienza che entri in risonanza con il suo stesso tipo di energia, ogni cosa che crei ulteriore dolore sotto qualunque forma: collera, capacità distruttiva, odio, afflizione, dramma emozionale, violenza, perfino malattia. Il dolore può alimentarsi soltanto di dolore e una volta che il corpo di dolore si è impadronito di voi, necessitate di altro dolore, e diventate vittime, o persecutori.

State in guardia per scoprire eventuali segni di infelicità in voi, sotto qualunque forma: può essere il corpo di dolore che si risveglia. Può assumere la forma di irritazione, impazienza, malinconia, desiderio di offendere, collera, furore, depressione, necessità di avere qualche dramma nei rapporti personali e così via.

Il dolore accumulato nel corpo è un campo di energia negativa che occupa il corpo e la mente.

Un corpo di dolore in presenza di un altro corpo di dolore si attiva molto più facilmente e gli effetti non tardano a farsi sentire, perché entrambi hanno bisogno di “carica” di energia e si può facilmente arguire cosa accade quando un tipo Aggressore incontra un tipo Vittima, o quando un tipo Terrorista incontra un altro tipo Terrorista… ci scappa facilmente il morto. Si tratta di una lotta all’ultimo sangue, perchè la necessità di energia è troppo forte .

Quando un corpo di dolore è a caccia di energia può, per la Legge Universale di Attrazione, attirare nella sua orbita magnetica un altro corpo di dolore, a caccia anche lui. E’ quello che solitamente accade in occasione di incidenti stradali, che aprono la stura della violenza verbale e fisica tra i conducenti coinvolti. Il loro scontro/incontro è una “necessità” dei loro corpi di dolore, che sono affiorati per ghermire la preda.

Cosa abbiamo dunque a che fare con questi “Alieni”, come possiamo sbarazzarcene? Cosa fare quando questa sofferenza affiora? Come si può deporre questo peso senza farsi, o fare del male ad altri? Ebbene questo è il momento della meditazione. Questa sofferenza viene da lontano, da cinque ferite esistenziali che possono indicarsi come segue : RIFIUTO; ABBANDONO; UMILIAZIONE; TRADIMENTO; INGIUSTIZIA. Queste cinque piaghe esistenziali, di cui ogni vita fa sicuramente esperienza, sono il bosone di Higgs, la molecola aggregante della materia, in questo caso del corpo di dolore.

Meditare, quindi, per liberare (Moksa) questa sofferenza, osservarne la pesantezza fisica, la densità; infatti i corpi di dolore non hanno tutti la stessa pesantezza e densità. Il corpo di dolore, per esempio, di un tossicodipendente, o di un alcolista, di un depresso, o di un malato di cancro è molto più “denso” e percettibile di un corpo di dolore affetto da una patologia più leggera. Si badi bene che esiste un corpo di dolore riguardante anche una famiglia, una nazione, una intera etnia e quando il corpo di dolore, per esempio, di uno stato viene in collisione con quello di un altro stato, può facilmente scoppiare un conflitto bellico.

La pratica (meditare) è la stessa anche quando ciò che si è risvegliato è il corpo di dolore del nostro sesso, la sofferenza collettiva del maschile o quella del femminile, oppure quella del nostro paese. Anche in questo caso è sufficiente non lasciarsi tirare dentro, non identificarsi, non abbandonarsi all’incoscienza. È possibile che la sensazione del dolore sia intensa, è possibile che le lacrime scorrano; ciò che ti libera è il guardarla e l’accoglierla da uno stato di Presenza.

Quando nella meditazione si fa strada la “PRESENZA”, il corpo di dolore inizia a dissolversi e a lasciare spazio alla PRESENZA, ovvero all’ESSERE e l’IO SONO inizia a sostituirsi alla personalità del falso sé o piccolo-ego/faraone (ne ho parlato in numerosi blog) o “io malato”, depositario del corpo di dolore. E’ l’inizio della guarigione fisica, psichica, spirituale.

Da questo punto di vista, i racconti dei Vangeli possono essere considerati una galleria paradigmatica di corpi di dolore che si avvicinano al Vero Sé, Cristo, IO SONO e guariscono. Solo per citarne alcuni: l’ADULTERA; la SAMARITANA; l’EMORROISSA; il PARALITICO; il LEBBROSO; l’INDEMONIATO DI GERASA; il CIECO BARTIMEO; il SERVO DEL CENTURIONE; LAZZARO; IL FIGLIO DELLA VEDOVA DI NAIN, eccetera.

Come il corpo di dolore “tocca” il Vero Sé, l’Essere, la PRESENZA, si dissolve; la sua malattia scompare, il suo campo energetico viene occupato dalla PRESENZA, che lo sradica dal “passato”, lo porta nel presente e lo fa guardare con fiducia al futuro. “SE SOLTANTO RIESCO A TOCCARE IL LEMBO DEL SUO MANTELLO GUARIRO’ “: sono le parole della donna / Emorroissa da dodici anni sofferente per continue perdite di sangue. E così fu; appena il suo corpo di dolore pieno di “tamas” (accidia, inerzia spirituale), di “rajas” (passionalità sensuale) toccò il “corpo di luce” (sattvico) del Vero Sé- Cristo, guarì all’istante.

Il primo libro della Bibbia, meglio noto come GENESI, ci racconta il distacco di un intero popolo, quello ebraico, dal proprio Faraone / Corpo di dolore. Stanco di quella situazione di schiavitù, si getta alle spalle i suoi aguzzini – i politici, il faraone con i suoi ministri corrotti e despoti, i sacerdoti di una religione asservita al potere politico, ministri non di Dio ma dei suoi succedanei, gli idoli. Un corpo di dolore molto denso – ci sono voluti quaranta anni di doloroso deserto per liberarsene – ma finalmente quel popolo raggiunse il corpo di luce nella “terra promessa “, “dove scorre latte e miele”. Il suo nome diventò “ISRAELE”, composto dalle parole ISH RESH EL, cioè: ISH – uomo/donna,  RESH – scorrere, EL – Dio. Cioè: l’UOMO in cui SCORRE DIO ! Sì, Dio dimora nel corpo di luce (Merkabà … vedi mio blog su questo argomento) e sostituisce il nostro corpo di dolore. Questa è la MOKSA, LIBERAZIONE DAL CORPO DI DOLORE !

Il corpo di dolore viene definitivamente abbandonato sulla croce! Il corpo di dolore/ faraone lo sa bene e perciò la teme, è la sua nemica, la sua cura definitiva; di altre cure non ce ne sono, sono solo dipendenze illusorie!

Per questo motivo i Santi (Rishi) la amano, mentre i corpi di dolore la evitano!

Om Shanti

Yogacharya Eknathananda

Fonte del Post: http://lacavernadidonfalcuccio.blogspot.it/2014/01/moksa-liberarsi-dellalieno-del-corpo-di.html

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