Nessuno 誰も: Requiem per il passato.

Requiem per il passato.

Benvenuto, altro me stesso che stai leggendo…

In questo post vorrei parlarti di passato… non intendendo il passato della storia dell’umanità, o quello “pratico” di ieri, bensì il passato psicologico, quello che, per intenderci, ci fa dire che un giorno siamo nati e, di conseguenza, che vivremo fino all’ora della nostra morte. In altre parole, il passato grazie al quale possiamo raccontare la cosiddetta “nostra storia personale”.

[***Per inciso: forse, ad alcuni potrebbe sembrare che, affermando “un giorno moriremo”, si stia tirando in ballo il futuro… niente di più lontano dal vero! Siamo comunque nell’ambito di un sapere derivante dal passato che, poi, la mente proietta nel “futuro”.]

“Il futuro è ciò che siamo adesso”. Jiddu Krishnamurti

“Se nel presente viviamo al passato, il nostro futuro sarà il passato”. Nessuno 誰も

Ritengo sia comprensibile per chiunque il fatto, per altro incontrovertibile, che il passato sia il frutto della memoria, in assenza della quale esso non potrebbe certamente esistere… pertanto, stiamo disponendoci ad osservare una funzione della mente.

È evidente come la memoria sia uno strumento prezioso e di grandissima utilità, indispensabile per svolgere una qualsiasi azione, quotidiana e non… come potremmo, altrimenti, esprimerci in una qualsiasi lingua, raggiungere un qualunque luogo, guidare un veicolo, conseguire un titolo di studio o acquisire competenze, chiamare per nome qualcuno, esercitare un’attività lavorativa, sviluppare tecnologie, eccetera? Non sarebbe possibile… e, fin qui, nulla di più scontato e, oserei dire, banale.

Ma non è questo tipo di memoria che mi interessa indagare… e non credo che interessi nemmeno a te, a meno che non sia presente una qualche forma di patologia, nel qual caso, sarebbe opportuno rivolgersi a specialisti in materia.

Il passato che ci dovrebbe interessare, come detto sopra, è quello attraverso il quale siamo soliti definirci, connotarci, raccontarci, sia a noi stessi, sia agli altri; in parole diverse, il passato – e la memoria che lo sostiene – in virtù del quale possiamo dire “io sono fatto così e cosà”.

Grazie al sistema percettivo sensoriale entriamo in contatto – o in relazione, se preferisci – con la “realtà” che ci circonda, mutuandone un’esperienza. Nella maggior parte dei casi, a questa esperienza viene appiccicata un’etichetta soggettiva, frutto di convinzioni, credenze, valutazioni, giudizi, personali ed ambientali.

Fatto questo, l’esperienza – integrata con l’additivo “artificiale” soggettivo e di gruppo – viene stoccata nei nostri files di memoria e lì rimane.

Questo è, in linea di massima, il processo mentale che si svolge nel 99,9% degli esseri umani, in quanto completamente identificati con l’apparato mente-corpo. È da questo processo che si crea quella cosa o entità chiamata passato psicologico.

Lo voglio ripetere: non stiamo parlando di passato “storico” che, al contrario di quello psichico, è costituito di fatti… e non di “condimento” psicologico.

Il passato è la fonte del più morboso attaccamento umano: “io”. Senza il passato, di fatto, nessuno potrebbe definirsi un “io”. E a questo riguardo è un vero peccato che la maggior parte degli esseri umani adulti non si ricordi affatto di quando, nei primissimi anni di vita, non si riconosceva per nulla in questo fatidico “io”. Ma tant’è… eravamo Vita e “io” non esisteva.

Considera che tutto ciò che è riconoscibile non può che essere passato; senza memoria, infatti, non potremmo riconoscere nulla, nemmeno noi stessi… di conseguenza, tutto sarebbe, sempre e comunque, nuovo.

Nuovo? Bello da dire ma, per chi crede di aver bisogno di protezione e sicurezza, il nuovo, cioè l’ignoto, è assolutamente terrificante ed insopportabile.

Le sbarre della nostra prigione psichica sono dunque costituite dal passato. Il passato, in realtà, è già morto e sepolto… ma viene mantenuto in vita, artificialmente, dal pensiero, ovvero dalla memoria… e arriverei persino ad affermare che non solo il passato è morto e sepolto, bensì che il passato è morte… ovviamente psicologica.

Ogni definizione, valutazione e giudizio sono passato, si confrontano con il passato, vivono nel passato e prosperano grazie al passato. Come si potrebbero, infatti, utilizzare “categorie” quali giusto e sbagliato, buono e cattivo, migliore e peggiore senza un raffronto, che può essere trovato esclusivamente attraverso esperienze già trascorse ed etichette già stampate?

Dovrebbe risultare evidente, allora, che senza alcun passato – psicologico – saremmo finalmente liberi… liberi da ogni forma di condizionamento, di credenza e, cosa non da poco, non avremmo nemmeno la possibilità di giudicare.

Ma, a questo punto, sono parecchi gli “asini” che cascano… infatti, chi non conosce profondamente se stesso non ha assolutamente idea di ciò che gli sta più a cuore… antipatico da dire, ma assolutamente corretto e comprovato, sia dalla psicologia, sia dalle neuroscienze.

Per recitare un bel requiem al passato, dunque, sarebbe sufficiente rendersi conto, fin nel profondo di se stessi, di cosa sia, di cosa sia fatto e di cosa comporti il passato e, molto semplicemente, staccare la spina al “polmone d’acciaio” che lo mantiene artificialmente in vita: memoria… pensiero… dialogo interiore.

Ma se il desiderio più profondo e, magari, inconfessabile – persino a noi stessi – è quello della sicurezza, delle certezze, nonché la ricerca del piacere ed il rifiuto delle “seccature” che la vita ci pone dinnanzi… beh… il nuovo, l’ignoto, la libertà resteranno esclusivamente parole vuote… e, pertanto, meglio non leggere più quello che scrivo, dal momento che non smetterò di tentare di raggiungere il Cuore… perché solo Quello potrà dissolvere il passato in noi.

Nel Nome dell’Amore,

Nessuno 誰も

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