Nisargadatta Maharaj: Non – Dualità.

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Non-dualità.

Il canto di Nisargadatta Maharaj dell’al di là dell’Io sono.

Una delle domande poste a Nisargadatta Maharaj era la seguente: << Lei mi ha detto che posso considerarmi sotto tre aspetti: personale (Vyakti), il sopra-personale, (Vyakta) e l’impersonale (Avyakta). L’Avyakta è l’universale e realmente puro “Io”; il Vyakta è il riflesso nella coscienza come “Io sono”; il Vyakti è la totalità dei processi fisici e vitali. Negli stretti confini del momento presente, il sopra-personale è cosciente della persona nello spazio-tempo; non solo di una persona, ma della lunga serie di persone legate dal filo del karma. Essenzialmente è il testimone ed anche il residuo delle esperienze accumulate, la sede della memoria, il nesso che collega. E’ il carattere dell’uomo che la vita costruisce e a cui dà forma di nascita in nascita. L’universale è oltre il nome e la forma, oltre la coscienza e il carattere, essere puro e non consapevole di se stesso. >>
A queste parole Nisargadatta rispondeva che era così solo a livello mentale, ma che al di là del livello mentale non una sola parola era valida.

Mentre leggi i passi che seguono, potrai sentire una leggera spinta verso l’impersonale e universale. Saprai che è così, quando le parole davanti a te spariranno.

Selezioni da “Io sono Quello” di Nisargadatta Maharaj:

<< Tu non sei questo, non c’è niente di te in questo, eccetto il puntino di “Io sono”…”Io sono questo, io sono quello” è il sogno, mentre l’Io sono puro ha il marchio della realtà su di esso. Hai assaporato tante cose …tutte si sono azzerate. Solo il senso dell’”Io sono” ha continuato invariato. Rimani con ciò che è immutabile tra le cose mutevoli, finché sarai capace di andar oltre. Quando “l’Io sono me stesso” se ne va, arriva “l’Io sono tutto”. Quando “l’Io sono tutto” se ne va, arriva “l’Io sono”. Allorché anche “l’Io sono” se ne va, solo la Realtà resta. >>

<< Quando sai quello che non sei, conosci il tuo Sé. La via di ritorno al tuo Sé è negazione e rifiuto. Una sola cosa è certa: il reale non è immaginario, non è un prodotto della mente. Anche il senso dell’Io sono è intermittente, benché sia un’utile indicazione; mostra dove cercare, ma non che cosa cercare. Dai solo una buona occhiata ad esso. Una volta convinto che non puoi affermare nulla di certo tranne l’Io sono e che tutto quello che puoi indicare non è il tuo Sé, il bisogno dell’ “Io sono” è finito, non sarai più dedito a verbalizzare. Devi solo liberarti dalla tendenza a definirti. Tutte le definizioni si riferiscono al tuo corpo ed alle sue espressioni. Una volta che quest’ossessione del corpo se ne è andata, ritornerai spontaneamente e senza sforzo al tuo stato naturale… Lo scopriamo se siamo seri, cercando, investigando, ponendoci domande giorno dopo giorno, ora dopo ora, dedicando la propria vita a questa scoperta. >>

<< La coscienza o mente universale, in cui appare la coscienza, è chiamata l’etere della coscienza. L’universo è formato da oggetti di coscienza. Ciò che è oltre e che sostiene entrambi, è lo stato supremo, di totale silenzio e quiete. Chiunque si rechi li, sparisce. E’ irraggiungibile dalle parole o dalla mente. Puoi chiamarlo Dio, Parabrahman o Suprema Realtà, ma sono solo nomi dati dalla mente. E’ lo stato senza nome, senza contenuto, senza sforzo e spontaneo, oltre l’essere ed il non-essere. La perfezione è uno stato della mente quando è pura. Io sono oltre la mente, qualunque sia il suo stato, puro o impuro. La consapevolezza è la mia natura; alla fine sono oltre l’essere ed il non-essere. L’idea “Io sono solo il testimone” purificherà il corpo e la mente e aprirà l’occhio della saggezza. Allora l’uomo andrà oltre l’illusione ed il suo cuore sarà libero dai desideri. Come il ghiaccio diventa acqua e l’acqua vapore ed il vapore si dissolve nell’aria e sparisce nello spazio, così il corpo si dissolve nella pura consapevolezza e poi in puro essere, oltre l’esistenza e la non-esistenza. >>

<< Una cosa è certa: tutto quello che si muove e vive è nella coscienza. Io sono nella coscienza ed oltre ad essa. Sono in essa come testimone. Sono oltre come Essere. Essere umano non è l’ultimo stato; vi è qualcosa al di là, più meraviglioso; né essere né non-essere, né vivo, né non vivo. Uno stato di pura consapevolezza, oltre i limiti di spazio-tempo. Una volta abbandonata l’illusione del corpo-mente, si perde il terrore della morte e diventa parte della vita. >>

<< Il testimone registra solo gli eventi. Quando manca la mente anche il senso dell’”Io sono” si dissolve. Non c’è “Io sono” senza la mente. >>

<< Vivi, senti, pensi. Osservando la tua vita, i tuoi sentimenti e pensieri, ti liberi da loro e vai oltre. La personalità si dissolve e rimane solo il testimone. Poi vai oltre il testimone. Non chiedermi come succede. Cerca solo in te stesso. >>

<< Tutto quello che posso dire sinceramente è: “Io sono”. Tutto il resto è un’inferenza. Ma l’inferenza è diventata un’abitudine. Distruggi tutte le abitudini di pensare e di vedere. Il senso dell’ “Io sono” è la manifestazione di una causa più profonda, che puoi chiamare Dio, il sé, la Realtà o qualunque altro nome. L’ “Io sono” è nel mondo, ma è la chiave che può aprire la porta che dirige fuori dal mondo. La luna che danza sull’acqua è vista nell’acqua, ma è generata dalla luna nel cielo e non dall’acqua. >>

<< Finché ci immaginiamo di essere personalità separate, una distinta dall’altra, non possiamo afferrare la realtà, che è essenzialmente impersonale. Per primo dobbiamo conoscerci come testimoni soltanto, centri di osservazione senza dimensioni e senza tempo, poi realizzare l’immenso oceano di pura consapevolezza, che è mente e materia e al di là di entrambe. Hai mai provato la vacuità che tutto abbraccia in cui nuota l’universo, come una nuvola nel cielo azzurro?
Questo “Io sono” è un annuncio: non è reale. Proviene da qualcos’altro. Quello che è il reale, non te lo dico, perché le parole lo negano. Qualunque cosa ti dica non è la verità, poiché proviene da quell’ “Io sono”. Il fatto è che non posso descriverti la realtà, non posso spiegarla, poiché è al di là di ogni espressione. Se prosegui la via spirituale, della conoscenza di sé, tutti i tuoi desideri, tutti i tuoi attaccamenti, si staccheranno da sé, purché continui ad investigare su quello con cui stai cercando di capire il sé. Allora che cosa succede? Il tuo “senso di essere” è lo stato di “essere”. Tu vuoi “essere” e sei attaccato a questo stato. Ti piace “essere”. Come ho detto ora …i tuoi desideri si staccano, cadono. E qual’è il desiderio fondamentale? Essere. Quando rimani in questo senso di essere per qualche tempo, anche quel desiderio si staccherà da solo. Questo è molto importante. Quando questo desiderio di esistere se ne va, allora sei nell’Assoluto – lo stato essenziale per eccellenza. Quando sei nella coscienza, capisci la natura della coscienza e cominci ad indietreggiare. Il tuo progresso continua. La coscienza si estingue lentamente; comincia a sparire intenzionalmente. Ma nulla affligge o commuove Te, perché questo è l’Assoluto. Così come quando si spegne la fiamma, il fumo sparisce e solo il cielo rimane. Scegli una frase e rimani con essa: è sufficiente a riportarti alla Sorgente. >>

Da alcune frasi di “L’eterna saggezza, di Sri Nisargadatta Maharaj”, di Robert Powell.

<< La maturità spirituale sta nell’essere pronti a lasciar andare ogni cosa. Questa rinuncia è il primo passo. Ma la vera rinuncia consiste nel rendersi conto che non c’è niente a cui rinunciare, perché nulla ti appartiene. E’come il sonno profondo: non rinunci al letto quando ti addormenti, lo dimentichi soltanto. Quando conosci la mente e i suoi poteri miracolosi e rimuovi quello che l’ha avvelenata – ossia che sei una persona separata e isolata – lasci che essa si dedichi in tutta tranquillità alle faccende quotidiane.

Quando non chiedi niente né al mondo, né a Dio, quando non vuoi nulla, non cerchi nulla, non attendi nulla, allora lo Stato Supremo verrà da te inaspettatamente, senza che tu l’abbia invitato!

Il desiderio di verità è il migliore fra tutti, ma è pur sempre un desiderio. Tutti i desideri devono essere abbandonati perché la Realtà affiori. Ricordati che tu sei. Ecco il tuo capitale con cui puoi lavorare. Fallo circolare e ne trarrai notevole profitto. Quando incontri il dolore, la sofferenza, stai lì, non andartene. Non precipitarti ad agire. Non sono né il sapere, né l’azione che possono veramente aiutare. Stai insieme al dolore e metti a nudo le sue radici. Il vero aiuto è aiutare a capire.

Il mondo e la mente sono stati dell’essere. Il Supremo non è uno stato. Pervade tutti gli stati, ma non è una condizione di qualcos’altro.

Solo quando sarai libero dal mondo potrai fare qualcosa per aiutarlo. Il mondo è appeso al filo della coscienza: se non c’è la coscienza non c’è nemmeno il mondo.

L’unica prova che Dio esiste sei tu. Non può essere diversamente, perché per porre qualsiasi domanda su Dio, tu, prima, devi esserci.

Nessun sforzo di logica o di immaginazione potrà farti cambiare l’ “Io sono” in “Io non sono”. Proprio negando il tuo essere, lo affermi. Quando ti rendi conto che il mondo è una tua proiezione, sei libero dal mondo.

L’uomo realizzato sa quello che gli altri conoscono per sentito dire, ma non hanno mai sperimentato direttamente. Intellettualmente sembrano convinti, ma nei fatti non possono fare a meno di mostrare la loro schiavitù…

In realtà non c’è nessun corpo, né un mondo che lo contiene; esiste solo una condizione mentale, uno stato simile al sogno, facile da abbandonare quando si mette in discussione la sua realtà.

Ogni cosa esiste nella mente; anche il corpo è l’insieme di un’infinità di percezioni sensoriali che si integrano nella mente, e ogni percezione è uno stato mentale… Sia la mente che il corpo sono stati intermittenti. Il sommarsi di questi momenti di percezione crea l’illusione dell’esistenza.

La mente non può sapere quello che c’è aldilà della mente, ma quello che sta aldilà della mente conosce la mente.

La fine del dolore non è nel piacere. Quando ti rendi conto di essere al di là del piacere e del dolore, in disparte ed inattaccabile, allora smetti di inseguire la felicità e se ne va anche il dolore che ne consegue. Perché il dolore anela al piacere e il piacere finisce inesorabilmente nel dolore. La sofferenza è interamente dovuta al fatto che ci attacchiamo a qualcosa, oppure facciamo resistenza a qualcos’altro; è segno che non abbiamo voglia di muoverci, di fluire con la vita. >>

Nisargadatta Maharaj

Fonte del Post: http://www.isabelladisoragna.eu/site/articolo.php?news=19&lang=italiano&menu=2

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