Osho: La casa sta bruciando.

La casa sta bruciando ma nessuno se ne accorge.

[…] Ho sentito un aneddoto. Alla riunione di un partito conservatore venne invitato a parlare Lord Mancroft, che si presentò trafelato e all’ultimo momento. Raggiunta la tribuna, con voce alquanto scossa disse al pubblico: “Scusatemi se accorcerò un po’ il mio discorso, ma il fatto è che la mia casa sta bruciando!”.

Ed è quello che accade a chiunque. Anche la tua casa sta bruciando, ma non ne sembri minimamente scosso.

Tutti hanno la casa in fiamme, ma nessuno se ne accorge. Non sei consapevole della morte, del fatto che la vita ti sta scivolando dalle mani. A ogni istante stai morendo, stai perdendo un’opportunità irripetibile. Il tempo perduto è perduto per sempre: non puoi fare nulla per riacquistarlo e la tua vita diventa più breve a ogni istante.

Ecco cosa intendo quando dico che anche la tua casa è in fiamme. Ma non sembra che la cosa ti preoccupi, ti inquieti: non ne sei affatto consapevole. La realtà è sotto i tuoi occhi, ma non ci fai caso. E tutti pensano che ci sia abbastanza tempo per fare qualcosa. Non c’è tempo, perché ciò che occorre fare è così tanto che il tempo non basta mai.

Una volta il diavolo rimase per anni in attesa di qualcuno che scendesse all’inferno: sulla Terra tutto funzionava così bene e la gente era tanto buona che nessuno andava all’inferno. Naturalmente, il diavolo si preoccupò. Indisse un concilio di emergenza. I suoi discepoli più importanti si riunirono per discutere la situazione; l’inferno stava attraversando una grande crisi e questo non poteva essere tollerato.

Bisognava fare qualcosa. Per cui il diavolo chiese consigli: “Cosa dovremmo fare?”. Un discepolo suggerì: “Andrò sulla Terra e cercherò di convincere la gente che Dio non esiste, che le religioni sono false e che tutto ciò che dicono la Bibbia, il Corano e i Veda sono sciocchezze”.

Il diavolo rispose: “Non funzionerà, perché è ciò che facciamo da sempre e non abbiamo ottenuto grandi risultati. Con questi insegnamenti puoi convincere solo chi è già convinto. Dunque questa proposta non è di grande aiuto”.

Allora il secondo discepolo, più scaltro del primo, disse: “Andrò sulla Terra e cercherò di convincere la gente che tutto ciò che dicono la Bibbia, il Corano e i Veda è vero. Il paradiso e Dio esistono, ma poiché il diavolo e l’inferno non esistono, non occorre preoccuparsi. Se riusciamo a diminuire la loro paura, non penseranno più alla religione, perché tutte le religioni si basano sulla paura”.

Il diavolo rispose: “La tua proposta è migliore. Potresti riuscire a convincere una minoranza, ma la maggioranza non ti ascolterà. La gente non è tanto spaventata dall’inferno, più che altro è avida del paradiso. Anche se riuscissi a convincerli che l’inferno non esiste, vorranno sempre entrare in paradiso e per questo cercheranno di essere buoni. Quindi, nemmeno questa proposta è molto utile”.

Poi il terzo discepolo, il più scaltro di tutti, disse: “Ho un’idea. Dammi la possibilità di provarla. Andrò sulla Terra e dirò che tutto ciò che affermano le religioni è assolutamente vero. Esistono Dio, il diavolo, il paradiso e l’inferno, ma non c’è fretta”.

E il diavolo disse: “Perfetto! Tu hai il sistema giusto. Va’ pure!”.

E si dice che da allora l’inferno non abbia più conosciuto crisi. Anzi, ha un problema di sovrappopolazione.

Così funziona la nostra mente: pensiamo sempre che non ci sia fretta. Le tecniche di cui stiamo parlando sono inutili se pensi che non c’è fretta. Rinvio dopo rinvio, la morte arriverà per prima; quel giorno non arriverà quando penserai che è giunto íl momento di affrettarsi. Per tutta la vita non abbiamo fatto che rinviare.

Devi deciderti, fare qualcosa. Sei in crisi: la casa è in fiamme. La vita è sempre in fiamme, perché la morte è costantemente dietro l’angolo: in qualsiasi momento potresti non esserci più. E non puoi metterti a discutere con la morte, non puoi fare nulla; quando accade, accade. Il tempo è poco, anche se vivrai settanta o cent’anni, il tempo è molto poco. Ciò che devi fare per trasformarti, per mutare, per diventare un essere nuovo è un lavoro enorme. Non rinviare.

Se non hai la sensazione di trovarti in un’emergenza, in una crisi profonda, non farai nulla. Se la religione non diventa una questione primaria, se non senti che evitando di trasformarti stai sprecando la vita… solo se senti tutto ciò in modo profondo, acuto e onesto, queste tecniche saranno di qualche aiuto. Infatti, la comprensione da sola è inutile, se non fai nulla; in realtà, se non fai nulla, non le hai comprese, perché la comprensione deve trasformarsi in azione. Se non diventa azione, rimane solo un sapere, non è una comprensione.

Cerca di comprendere questa distinzione. Il sapere non è comprensione: non ti costringe ad agire, a cambiare. Non ti obbligherà a fare niente, lo accumulerai nella mente e diventerà informazione. Diventerai più colto, ma con la morte finirà tutto. Continui a raccogliere un’infinità di cose senza farci nulla: diventano semplicemente un peso.

Comprensione vuol dire azione. Quando comprendi una cosa, cominci a lavorarci subito, perché se senti che è giusta, devi fare qualcosa. Altrimenti, tutto resta preso in prestito e la conoscenza presa in prestito non può trasformarsi in comprensione. Puoi dimenticare che è presa in prestito… ti piacerebbe, perché il fatto che sia presa in prestito ferisce l’ego. Per questo lo dimentichi, a poco a poco cominci a sentirla come tua e questo è molto pericoloso.

Ho sentito un aneddoto… I fedeli di una chiesa erano molto preoccupati per il loro parroco. Venne un momento in cui i membri di quella congregazione gli dissero apertamente: “Devi andartene”.

Il prete rispose: “Datemi un’altra possibilità, una sola e, se non avete cambiato opinione, me ne andrò”.

Dunque, la domenica successiva tutta la città si raccolse in chiesa per vedere cosa avrebbe fatto il parroco, ora che aveva un’ultima possibilità. Nessuno avrebbe mai sospettato, mai immaginato che quel giorno il prete avrebbe pronunciato un sermone così bello. Non avevano mai sentito cose simili.

Sorpresi e felici, alla fine del sermone tutti si raccolsero intorno a lui, dicendo: “Non occorre che te ne vada. Non abbiamo mai sentito cose così belle; per favore resta qui. Naturalmente, con uno stipendio migliore”.

Tuttavia un uomo, uno dei fedeli più influenti, chiese: “Dimmi una cosa. Quando hai cominciato il sermone, hai sollevato la mano sinistra mostrando due dita. Quando hai finito il sermone, hai sollevato la mano destra, mostrando ancora due dita. Qual è il significato di questo gesto?”.

Il prete rispose: “È semplicissimo: quelle dita stanno a indicare le virgolette. Quel discorso non era mio: l’ho preso in prestito!”.

Ricorda sempre quelle virgolette. È bello dimenticarle: ti senti meglio, ma tutto ciò che conosci sta tra virgolette, non è farina del tuo sacco. E puoi lasciare cadere quelle virgolette solo quando una cosa diventa la tua esperienza.

Queste tecniche servono a trasformare la conoscenza in esperienza, in comprensione. Ciò che appartiene al Buddha, a Krishna o a Cristo può appartenere a te attraverso queste tecniche, cioè può diventare tuo: nessuna verità è autentica se non diventa tua. Può essere una grande bugia, una bellissima bugia, ma nessuna verità è tale se non diventa la tua esperienza autentica e individuale.

Tre punti. Il primo: ricorda sempre che la tua casa è in fiamme. Secondo: non ascoltare il diavolo, che ti dirà sempre che non c’è fretta. E terzo: ricorda che il sapere non è comprensione. Tutto ciò che sto dicendo adesso per te avrà il valore di un’informazione; è necessaria, ma non sufficiente: è l’inizio del tuo viaggio, non la meta. Fa’ qualcosa affinché quel sapere non resti un’informazione o un ricordo, ma si trasformi nella tua esperienza e nella tua vita.

Ora la prima tecnica:

“Ogni cosa viene percepita attraverso la conoscenza. Il sé splende nello spazio attraverso la conoscenza.”

Percepisci un essere come colui che conosce e il conosciuto.

Ogni volta che conosci qualcosa, ciò avviene attraverso il conoscere. L’oggetto entra nella tua mente attraverso la facoltà del conoscere. Guardi un fiore, sai che è una rosa; qualcosa passa da te alla rosa, viene proiettato su quest’ultima. Un’energia parte da te, arriva alla rosa, prende la sua forma, il suo colore, il suo profumo e torna indietro portando l’informazione che questa è una rosa.

Tutto ciò che sai, qualunque sia l’oggetto, si rivela attraverso la facoltà del conoscere. Il conoscere è una tua facoltà. Il sapere si accumula grazie a questa facoltà. Ma il conoscere rivela due cose: il conosciuto e il conoscitore. Ogni volta che conosci una rosa, se dimentichi colui che conosce, la tua conoscenza si ferma a metà. Mentre conosci una rosa, ci sono tre oggetti: la rosa (il conosciuto), tu (il conoscitore), la relazione tra questi due (il conoscere).

Quindi, la conoscenza può essere divisa in tre parti: il conoscitore, il conosciuto e il conoscere. Il conoscere è come un ponte tra questi due punti, il soggetto e l’oggetto. Di solito, la tua conoscenza rivela solo il conosciuto, mentre colui che conosce rimane celato. La tua conoscenza è unidirezionale: rivela la rosa, non te. Se non comincia a dirigersi verso di te, tale conoscenza ti permetterà di conoscere il mondo, ma non te stesso.

Tutte le tecniche di meditazione servono a scoprire colui che conosce. George Gurdjieff usava una tecnica particolare, simile a questa. La chiamava rimembranza di sé. Diceva che ogni volta che conosci qualcosa, devi sempre ricordare colui che conosce. Non perderlo nell’oggetto; ricorda il soggetto. In questo istante, mi stai ascoltando. Quando mi ascolti, puoi farlo in due modi. Uno: la tua mente può focalizzarsi su di me. In questo caso, dimentichi colui che ascolta. Conosci colui che parla, ma dimentichi chi ascolta.

Secondo Gurdjieff, mentre ascolti devi conoscere non solo chi parla, ma anche chi ascolta. La tua conoscenza deve essere duplice, orientata in due direzioni: il conoscitore e il conosciuto. Non deve fluire in un’unica direzione, verso l’oggetto. Deve scorrere simultaneamente in due direzioni: il conosciuto e il conoscitore. Questa viene chiamata rimembranza di sé.

Quando osservi un fiore, ricorda anche colui che sta osservando. È difficile, perché se cerchi di farlo, se cerchi di essere consapevole di colui che conosce, ti dimenticherai la rosa. Sei così abituato a essere unidirezionale che ci vorrà del tempo. Se diventi consapevole di colui che conosce, dimenticherai il conosciuto. Se diventi consapevole del conosciuto, dimenticherai colui che conosce.

Ma con un po’ di sforzo puoi essere consapevole di entrambi, allo stesso tempo. E quando riesci a essere consapevole di entrambi allo stesso tempo, percepirai ciò che Gurdjieff definisce rimembranza di sé. È una delle tecniche più antiche utilizzate dal Buddha e Gurdjieff l’ha introdotta nel mondo occidentale.

ll Buddha la chiamava samyak smriti, il giusto ricordo. Diceva che la tua mente, se conosce un solo punto, non è in un giusto stato di attenzione. Deve conoscere entrambi. E poi accade un miracolo: se sei consapevole sia del conoscitore che del conosciuto, improvvisamente diventi una terza realtà. Non sei né l’uno né l’altro.

Cercando di essere consapevole del conoscitore e del conosciuto, diventi una terza realtà, un testimone. Nasce immediatamente una terza possibilità: un sé testimone. Infatti, come potresti conoscere entrambi? Se sei il conoscitore, resti fissato su un punto. Nella rimembranza di sé ti sposti dal punto fisso del conoscitore, in quel caso il conoscitore è la tua mente, il conosciuto è il mondo e tu diventi un terzo punto: la consapevolezza, un sé testimone.

Questo terzo punto non può essere trasceso e ciò che non può essere trasceso è l’Assoluto. Ciò che può essere trasceso non ha valore, perché non è la tua natura: puoi trascenderlo.

Cercherò di spiegartelo con un esempio. Di notte dormi e sogni. Quando ti svegli al mattino, del sogno non c’è più traccia. Nello stato di veglia non esistono sogni; entri in un mondo diverso: cammini per le strade, lavori in fabbrica o in ufficio. Poí torni a casa e di nuovo ti addormenti, a quel punto il mondo che conoscevi da sveglio scompare.

Non ricordi più chi sei, non sai se sei nero o bianco, povero o ricco, saggio o stupido. Ignori tutto. Non sai se giovane o vecchio, uomo o donna. Tutto ciò che è collegato alla consapevolezza della veglia scompare, entri nel mondo dei sogni. Ti dimentichi il mondo della veglia, non esiste più. Al mattino, il mondo dei sogni scompare di nuovo, ritorni nel mondo della veglia.

Qual è il mondo reale?

Mentre sogni, il mondo reale, quello che conoscevi da sveglio, non esiste più, quindi non puoi fare paragoni. E mentre sei sveglio, il mondo dei sogni non esiste più. Qual è dunque il mondo reale? Perché definisci “irreale” il mondo dei sogni? Con quale criterio?

Se rispondi: “Perché scompare quando mi sveglio”, non può essere il criterio, perché il mondo della veglia scompare quando ti addormenti. E, in realtà, se questa fosse la regola, il mondo dei sogni potrebbe essere più autentico, perché mentre da sveglio puoi ricordare i sogni, quando dormi non sei in grado di ricordare la consapevolezza della veglia e il suo mondo. Quale mondo, dunque, è più reale e autentico?

Il mondo dei sogni elimina completamente quello che chiami il mondo reale, mentre quest’ultimo non è in grado di fare altrettanto con il mondo dei sogni: apparentemente il mondo dei sogni è più consistente e reale. Qual è, allora, il criterio? Come giudicare? Come fare paragoni?

Secondo il Tantra entrambi i mondi sono irreali. Dunque, cos’è reale? Il Tantra sostiene che è autentico chi conosce sia il mondo dei sogni che quello di veglia, perché egli non viene mai trasceso o cancellato. Che stia sognando o che sia sveglio, resta presente.

Secondo il Tantra è reale chi conosce i sogni, ma sa quando sono finiti e conosce il mondo della veglia, ma sa quando questo è scomparso. Egli resta sempre presente e ciò che non può essere cancellato da alcuna esperienza è reale. Quello che non può essere trasceso, oltre il quale non puoi spingerti, è íl tuo sé: se potessi andare oltre, non sarebbe il tuo sé.

La tecnica che Gurdjieff chiamava “rimembranza di sé”, quella che il Buddha definiva “giusto ricordo” e questo sutra tantrico conducono tutti allo stesso punto. Portano a una realtà dentro di te, che non è né il conosciuto né il conoscitore, ma è un sé testimone che conosce entrambi.

Questo sé testimone è l’Assoluto, oltre il quale non puoi andare, perché ora tutto ciò che farai sarà una testimonianza. Non puoi spingerti oltre il testimone. Per cui, il testimone è il substrato fondamentale, il terreno basilare della consapevolezza. Questo sutra te lo rivelerà.

“Ogni cosa viene percepita attraverso la conoscenza. Il sé splende nello spazio attraverso la conoscenza.”

Percepisci un essere come colui che conosce e il conosciuto.

Se riesci a percepire in te stesso un punto che è sia il conoscitore sia il conosciuto, hai trasceso l’oggetto e il soggetto, la materia e la mente, l’esteriore e l’interiore. Sei arrivato a un punto in cui il conoscitore e il conosciuto sono una cosa sola: non esiste divisione.

Se c’è la mente, resterà la divisione. Solo in presenza del sé testimone, la divisione scompare. Con esso non puoi dire chi è il conosciuto e chi il conoscitore: il testimone è entrambi. Ma ciò deve basarsi sull’esperienza, altrimenti diventa una discussione filosofica. Prova, fa’ degli esperimenti.

Siediti vicino a una rosa e osservala. La prima cosa da fare è essere profondamente attenti, dare alla rosa un’attenzione totale, in modo che tutto il mondo scompaia e resti solo la rosa. La tua consapevolezza è totalmente presente all’essere della rosa. Se l’attenzione è totale, il mondo scompare, perché più l’attenzione si concentra sulla rosa, più tutto il resto scivola via. Il mondo scompare, resta solo la rosa. La rosa diventa il mondo.

Questo è il primo passo: concentrarsi sulla rosa. Se non riesci a concentrarti su di essa, sarà difficile passare al conoscitore, perché la tua mente sarà sempre distratta. Per cui la concentrazione diventa il primo passo verso la meditazione. Solo la rosa rimane, tutto il mondo è scomparso; adesso puoi andare dentro di te, la rosa è diventata il punto di partenza. Ora guarda la rosa e comincia a diventare consapevole di te stesso, di colui che conosce.

All’inizio non ce la farai. Quando ti sposterai verso il conoscitore, perderai consapevolezza della rosa; si allontanerà, diventando nebulosa e distante. Allora tornerai alla rosa, ma dimenticherai il sé. Questo giocare a nascondino andrà avanti per un po’, ma, se persisti, prima o poi arriverà un momento in cui ti troverai improvvisamente nel mezzo. Saranno presenti colui che conosce — la mente — e la rosa e tu sarai esattamente nel mezzo, intento a osservarli entrambi. Quel punto mediano, quel punto di equilibrio, è il testimone.

Una volta che lo conosci, sei diventato entrambi. Allora la rosa e la mente — il conosciuto e il conoscitore — saranno semplicemente due ali. L’oggetto e il soggetto sono due ali e tu sei in mezzo a esse. Sono tue estensioni. Sia il mondo sia il divino sono tue estensioni. Sei arrivato al centro dell’essere e questo centro non è altro che un
testimone.

Tratto da: “I segreti della gioia”, di Osho.

Fonte: http://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=19911

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