Philip Renard: “Io” è una porta. 2 di 4.

“Io” è una porta. Parte 2 di 4.

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Essendo la Coscienza connessa alla materia non-sensibile, la scintilla che proviene in apparenza dalla Coscienza commette l’errore e si attacca immediatamente al legame con il non-sensibile. Questo è chiamato attaccamento. Mettendo una grande attenzione alla realtà di questo legame, appare la sua inesistenza. Di conseguenza l’ “io” esiste, perché non è investigato.

Si tratta di un modo d’insistere. Una insistenza sulla fine di qualcosa – per questo si utilizzano termini come “distruggere” – attraverso la visione della sua inesistenza.

Si trova anche un altro aspetto, per me ancor più importante. La terminologia secondo cui qualcosa deve prima estinguersi può essere interpretata come un avvenimento nel tempo, una sequenza. Il messaggio sembra: “prima questo, e solo dopo la libertà”. E’ chiaro, per me, che Ramana quindi insista con forza sull’eterno presente, l’aspetto di luminosità intrinseco all’ “Io”, che è già ora presente e disponibile in me.

Nonostante il nodo creato dalla Coscienza con il suo oggetto, il corpo fisico, la Coscienza è sempre restata pura, non mescolata con niente. Siamo sollecitati a riconoscere e a comprendere che l’io è sempre stato il “prodotto” della Coscienza come tale.

“L’ego funziona come il nodo tra il Sé che è la Coscienza pura (Chit) e il corpo fisico inerte e non-sensibile (jada). L’ego è quindi chiamato il chit-jada granthi. Nella vostra investigazione della Sorgente di aham-vritti, prendete l’aspetto essenziale Chit dell’ego; per questo motivo, la ricerca deve condurre alla realizzazione della Coscienza pura del Sé”.

L’aham-vritti di cui si tratta qui (il pensiero io) è anche chiamato aham idam da Ramana: la combinazione dell’ “Io” (aham) con un oggetto, un pensiero su qualcosa, su “questo” (idam). Aham-idam è perciò costituito di pura Coscienza, o puro “Io” e di tutto quello di cui la Coscienza è cosciente di, per così dire, tutto quello che è un oggetto di “Io”. La maggior parte del tempo, questo oggetto (idam) è sostituito da un altro, ogni millesimo di secondo.

Nel pensiero-io si produce così un continuo cambiamento di “questo”, attraverso il quale l’ “Io” s’identifica con numerosi oggetti (io sono questo, aham-idam) mentre opera una separazione (io e questo, cioè anche aham-idam). Nella combinazione aham-idam, idam si riferisce sempre ad una molteplicità, un’alternanza continua. Ma l’aham resta identico a se stesso, unico. Questo è importante.

Quello che chiamiamo oggetto (materiale, o percepibile dai sensi o psichico, un pensiero) risulta sempre dalle esistenze simultanea del soggetto e dell’oggetto, aham e idam (Io e questo). Sperimento ora la presenza di questo oggetto particolare, poi sperimento la presenza di un nuovo oggetto, poi sperimento la presenza di un altro ecc.

In altre parole, ogni volta che immaginiamo che ci siano solo oggetti sottoposti alla nostra attenzione, c’è anche simultaneamente Io, in quanto soggetto. Ma notiamo che non è in quanto Io, perché questa forma personale è un oggetto, con una esistenza solo temporanea, ma che facciamo riferimento al soggetto (Io) senza il quale nessun oggetto è possibile. Allora, molto semplicemente, non accade nulla.

Il consiglio di Ramana è questo: state con il soggetto sempre presente. E anche se più volte siete attirati verso degli oggetti, non è grave. Dal momento in cui conoscete questa tendenza, riconoscete subito il soggetto (l’aspetto luminoso) sempre presente nell’oggetto. E’ sempre lì. Non è mai assente.

Il consiglio è di stare con aham, Io, che diventa sempre più puro e sempre meno distratto da credenze come “io sono questo” “faccio bene”, “non valgo nulla”, ecc. Seguendo queste indicazioni, riconoscete la presenza del puro Io, sempre soggetto, intrinsecamente luminoso, che spande la sua luce su tutti gli oggetti.

La sua luce? Si, la sua, perché più cercate la sorgente dell’ Io, più potete vedere che l’io è totalmente Io, totalmente non-oggetto, splendente, un continuo “Io, Io, Io, Io”. Da adesso, Io è presente ed è radioso in permanenza. Si, è ancora intriso con ogni sorta di “questo” o “quello”, ma ciò non cambia né il suo splendore né la sua luminosità. Ma gli oggetti sono riconosciuti come tali, e si riassorbono nell’Io puro.

L’effetto della domanda “Chi sono io” è che tutti gli oggetti spariscono e resta solo il vuoto, una essenza di tutti gli oggetti. E’ “Io” nella pura essenza del termine. Stando lì, vi siete fusi in quello che Ramana chiamava Aham sphurana, la prima vibrazione-Io, la sorgente di tutta la manifestazione.

Egli utilizzava spesso l’espressione Aham sphurana come un’indicazione per “Io, Io (Aham Aham), l’emanazione più fondamentale di “Io”. Sphurana è qualcosa come il primo splendore, la vibrazione dell’origine ancora totalmente pura. Aham sphurana è presente in modo continuo, sempre nuovo e fresco ed è esattamente ciò che io sono sempre. In realtà Io non è mai stato divorato o non si è mai impregnato di nulla.

Questa insistenza è cruciale. Se no il malinteso, che si trova nella credenza dell’esistenza di un io realmente cattivo, che deve essere distrutto e di un io nuovo che apparirà, non può che approfondirsi. In realtà non ci sono due io; nessun io ha bisogno di essere sostituito da un io pulito e puro.

L’Io è sempre lo stesso, sempre intrinsecamente luminoso e presente. Il termine “distrutto” usato da Ramana si riferisce al pensiero-io (aham-vritti), l’incatenarsi dell’Io con un oggetto (aham-idam), la tendenza dell’Io a presentarsi come oggetto.

In una conferenza, descrivendo la fine dell’incatenamento dell’Io con un oggetto, Ramana utilizza la terminologia “l’Io resta puro”, cioè resta Io nello stato puro, primordiale. Non dice: “vien fuori un altro Io”. Qualcosa è stato sempre là e questo resta nella sua forma pura: Io – Io.

Un’ altra volta dice: “L’Io lancia l’illusione dell’io e tuttavia rimane Io”. Questo è il paradosso della Realizzazione del Sé. Il realizzato non vede nessuna contraddizione in questo. E poi dice: “Solo la distruzione dell’io (il pensiero-io) è liberazione. Ma non può essere raggiunta che conservando sempre l’attenzione sull’Io- Io. C’è un solo Io sempre; ma ciò che appare di tanto in tanto è il falso pensiero-io; mentre l’Io intuitivo abita il Sè luminoso, anche prima che si manifesti”.

Quando accettiamo il consiglio di mantenere la nostra totale attenzione sul soggetto puro, la pura coscienza esclude tutti gli oggetti. Ma può sorgere la domanda: questa insistenza sul puro Io non è un po’ strana in un approccio non-duale?

Il punto di partenza di due realtà (la Coscienza e la materia inerte) sembra già dualista. E il consiglio di focalizzare l’attenzione su una sola di queste due realtà, la Coscienza pura o il puro Io, può legittimamente qualificare questa via come duale. Come un tale approccio dualista può condurre alla non-dualità?

Ramana direbbe che, finché sentite l’obbiettivo separato dal soggetto, rimanete con un punto di vista dualista, quindi dovete solo insistere sull’aspetto della coscienza. “Si deve dapprima discriminare la coscienza (chit) dal non sensibile (jada) e essere solo coscienza. Più tardi lasciatela realizzare che il non-sensibile non è fuori dalla coscienza”.

E : “Conoscete prima il soggetto, poi le domande sull’oggetto. Il soggetto comprende anche l’oggetto. Questo aspetto particolare è un punto di ogni comprensione. Vedete voi stessi in primo luogo, poi vedete gli oggetti”.

“Io e gli oggetti appaiono insieme ora. Ma gli oggetti sono contenuti nell’Io, gli oggetti devono dissolversi e diventare uno con l’Io. L’Io che resta è il vero Io” Questo Io sempre presente e vero è quello che resta quando la mescolanza di “io sono questo” o “me, questo” è purificata da tutti “questi” attraverso la domanda “Chi sono io?”. L’Io – Io non può divenire manifesto (sphurana) che con la caduta del velo formato da tutti “questi”. La forma fondamentale di manifestazione, sphurana, non è una manifestazione nel senso abituale del termine. Non si può cambiare in un oggetto. Potete solo fondervi con il riconoscimento: Io, Io, continuo, inalterabile, senza forma, senza contenuto, né suono, né colore”.

Ecco ciò che dovete fare: stare in questo luogo, stateci e riposatevi dentro. Tutto ciò che è possibile al di là, l’Assoluto, il Risveglio, o qualsiasi nome usiate, è dell’ordine della Grazia. State in quel luogo “Io – Io”. Qui la vostra ricerca finisce.

Dunque, in risposta alla domanda “perché gli insegnanti dell’Advaita usano il termine io come qualcosa di vero? Si può rispondere che è a causa della grande vicinanza con l’Io; è la cosa più vicina che ci sia. Tutti lo riconoscono come “se-stesso”.

Ecco tutto ciò che c’è sul tema della Realizzazione del Sé e ognuno di noi deve vedere da sé che l’Io è la presenza che è sempre qui; è la Realtà. Non è mai altrove. Non avete bisogno di cercarla, non avete bisogno di andare altrove per sperimentare l’Io. Dovunque andiate, ci siete già. L’Io è una porta, ed è sempre aperta.

Philip Renard

Fine seconda parte.

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Tratto da: 3ème Millénarie n. 72 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini.

Fonte: http://www.sviluppocoscienza.it/Philip%20Renard2.htm

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