Pietro Archiati: La vita dopo la morte.

La vita dopo la morte.

Eccovi un estratto del primo capitolo del libro del 2009 di Pietro Archiati “La vita dopo la morte” che è tratto dal convegno dall’omonimo titolo tenutosi a Roma nel maggio 2003 e che si trova su YouTube.

“La morte scuote la mente perché pone il pensiero di fronte all’assurdo, al non-senso più assoluto: se non è insensata la morte, che cosa è senza senso?

Scuote il cuore perché ci riempie di dolore, di sofferenza e di paura. E scuote la vita, il comportamento, i valori.

Non è forse un’assurdità per la mente, per il pensiero, nascere con l’intento di morire?

Si nasce per morire, morire è inevitabile. Tant’è vero che qualcuno è portato a dire: «Allora sarebbe meglio non nascere», e qualcun altro dice: «No, si nasce per vivere. Poi, purtroppo, c’è questo fattore, questo danno collaterale che è la morte, però si nasce per vivere!».

Ma come la mettiamo con chi muore subito, appena nato, o nei primissimi anni della sua esistenza? Non possiamo dire che sia nato per vivere, non ne ha avuto la possibilità.

Ogni nascita sfocia inevitabilmente nella morte, quindi è indubbio che la morte sia assolutamente immessa nel progetto di vita.

La morte scuote la mente perché è l’enigma più grande che ci sia. È la sfida somma, la provocazione più forte al pensiero umano. Trovare il senso, di fronte all’evidenza del suo non-senso, è forse uno dei cammini di pensiero più belli e più grandi che ci siano, proprio perché è arduo.

Abbiamo detto che la morte scuote la mente, ma scuote anche il cuore: basta vedere la somma di dolore e di sofferenza che ognuno di noi vive quando una persona cara muore! Ma, soprattutto, il senso di questa sofferenza, di questo dolore è la privazione: la persona cara che è morta mi manca.

Ma che significa: mi manca? Significa che questa persona è sparita? Che non c’è più?

Quando dico che soffro perché mi manca, significa che mi sento un essere umano del mondo d’oggi, abituato a vivere, a sentire come reale soltanto ciò che vede e sente materialmente. Non sento più la sua voce, non sento più il suo conforto, non sento più i suoi pensieri, non mi parla più, non mi accompagna più, non posso più consumare un pasto con lei.

La morte scuote il cuore, ci porta via persone care, infatti diciamo: «Ho perso la tal persona».

Vivere la morte in questo modo – è un fatto che la maggior parte degli esseri umani oggi la viva così – è una fonte di grande dolore perché nel mio vissuto, quello che riesco a cogliere di questa persona è che non c’è più: vivo nel vuoto.

Certo, ci sono i ricordi, però i ricordi possono addirittura rincarare la dose della sofferenza perché sottolineano, a volte con maggiore crudeltà, che sono costretto a vivere di ricordi. Ai ricordi, il defunto non è più in grado di aggiungere il presente: non mi parla più, non mi dice più nulla di nuovo.

Vivere di ricordi significa vivere del passato. Una persona morta non mi dice più nulla di nuovo.

La terza dimensione della morte è che scuote la vita. Scuote il comportamento, nel senso che di fronte alla morte uno si chiede: «Ma allora, qual è il valore di ciò che faccio? Quasi mi cadono le braccia! Che senso ha il darmi da fare se domani, o addirittura oggi stesso, la morte afferrerà me? Che senso hanno le conquiste, gli ideali, i valori per cui vivo? Qual è il senso della mia vita, nella sua totalità, se poi termina così?»

Vi dicevo che la prospettiva di questo convegno, per quanto mi riguarda, è di presentare la morte come la realtà più positiva che ci sia, nel senso che ogni momento, ogni forma di morte trova il suo senso se viene trasformata in un ricominciare a vivere in modo nuovo.

Però, trasformare ogni morte quotidiana – e anche la morte alla fine della vita – in un rivivere e vederla come una grande fortuna, perché chi muore rivive e vive molto più pienamente in mondi spirituali, è una prospettiva che non ci viene spontaneamente, per fortuna!

La realtà positiva della morte non può che essere una conquista della libertà. In altre parole, il conquistarsi nella mente, nel cuore e nella vita la positività di ogni morire riguarda la libertà di ognuno. Nessuno ce lo impone, però lo possiamo fare, è un’offerta data alla nostra libertà.

Vedremo che forse non c’è nessuna realtà di fronte a cui gli esseri umani sono così liberi come lo sono di fronte alla morte. Tutte le altre realtà della vita non ci possono lasciare del tutto liberi, perché dobbiamo fare i conti con tanti altri fattori, con tanti altri esseri umani.

Ma nessuno può gestire il nostro modo di porci di fronte alla morte, di interpretarla e di viverla. Di fronte al mistero della morte ognuno di noi è confrontato con la propria libertà.”

Fonte: https://claudiochiaramonte.wordpress.com/2017/07/27/la-vita-dopo-la-morte/

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