Presenti al Presente.

Terra x blog

La continua ed ininterrotta consapevolezza della presenza interiore, la luce interna della coscienza, è la meditazione e devozione suprema. Maharamayana

In molti, in troppi, considerano la meditazione come l’esecuzione “forzata” di un determinato esercizio, fino a raggiungere un particolare stato di coscienza. Ma tutto ciò è degno, al massimo, di qualche bravo fachiro. Se un individuo si esercitasse nella pratica fisica di uno sport, diciamo settimana dopo settimana, tutti i giorni senza tregua, che risultato otterrebbe? Quello di sfiancarsi e poi debilitarsi.

Rivolgere l’attenzione al proprio corpo (respiro) un’ora al giorno è più che sufficiente purché si consideri come un allenamento senza fini immediati. Questo training rigenera. I motivi sono tanti, ma in questo articolo evidenzieremo soprattutto i benefici della presenza di spirito …

Presenti al presente.

La meditazione non è una tecnica. Le tecniche servono solo a trastullarsi sino a quando non avremo realizzato – esperito esistenzialmente e non solo intellettualmente – che nulla riuscirà mai ad aiutarci se non la nostra capacità di rilassarci e renderci disponibili.
Vorrei sottolineare l’aspetto gioioso, brioso, spensierato, festoso, con cui ci si dovrebbe avvicinare al pianeta meditazione. La meditazione andrebbe considerata come una pausa di relax e non un affare che implica seriosità (la serietà serve sempre).

Lo scopo della meditazione non è fermare il pensiero, bensì di astenersi, temporaneamente, dall’immaginare. Naturalmente ciò non vale quando occorre progettare, ideare, creare, elaborare, concepire, ecc. Quando non sei impegnato in tali attività dovresti, soltanto, evitare di verbalizzare. Cioè evita di attribuire agli eventuali oggetti che osservi ed in cui t’imbatti il loro nome. Ad esempio, stamane quando hai intravisto il cielo che da grigio diveniva via via più azzurro (azzurro si fa per dire), hai semplicemente osservato le circostanze senza dire: ecco il cielo, ecco il grigio plumbeo, ecco il grigio tenue, …. , ecco l’azzurro, ecco mi sto sentendo così o cosà, ecc.
Hai osservato, hai sentito di essere, percepito l’essenza, ecc.

Astenersi dall’immaginare andrebbe inteso in questo senso: quando si agisce ci si limita a rimanere con le cose così come sono, senza identificarsi eccessivamente o proiettare significati che non hanno; quando non si agisce bisognerebbe esser presenti a se stessi in modo da non lasciarsi sedurre dal costruire futili castelli in aria (tranne, come abbiamo già detto, il caso in cui si stia progettando qualcosa di concreto), ma riposare “senza scegliere”.

Approcci meditativi.

Apparentemente esisterebbero due approcci meditativi.

Il primo, cominciare con un’osservazione distaccata di tutto ciò che si presenta, esattamente così com’è. Si parte, ad esempio dal respiro, ma pure da qualunque altro fenomeno; lo si osserva, ma se per caso l’attenzione si rivolge ad altro allora nulla d’irrimediabile, non appena ci s’avvede della disattenzione si ritorna all’oggetto d’indagine iniziale. Ho parlato del respiro, ma il criterio vale altrettanto con altri metodi.

Il secondo, diventare tutt’uno con la cosa osservata, l’oggetto, l’evento, sino al punto in cui non subentri, e senza che sia stato per nulla richiamato preventivamente in gioco, lo spettatore per eccellenza, il sé testimone. Questo è, ad esempio, il caso delle meditazioni dinamiche in cui il relax sopravviene solo dopo che si sia raggiunto un certo impegno applicativo. Più in generale, il rilassamento si verifica come coronamento del proprio sforzo di vigilanza. In altre parole non ci si può rilassare davvero se prima non ci si sia relativamente applicati. Il relax comporta un riavvicinamento spontaneo, e non forzato, a se stessi.

In un modo o nell’altro, sia che preghi, o siedi (zazen) senza far nulla, cioè fluendo con l’esistenza e osservando con distacco senza praticare apparentemente alcun metodo, sia che ti adoperi perché intuisci che v’è un quid da conoscere ed esplorare, il risultato sarà sempre identico. Accadrà senza che tu l’abbia voluto, soprattutto quando avrai smesso di desiderarlo. Non puoi partire con la pretesa di farlo tuo, di afferrarlo, altrimenti lo mancheresti. Ti astieni da un metodo, ma in effetti stai praticando il non-metodo. Ti applichi, ma ti sovvieni che finché ci sarai tu a sforzarti l’esistenza si dimostrerà riluttante. Che fare?

Nulla, ciò che conta è essere presenti a se stessi nel momento in cui compi una determinata azione, essere qui e ora, ma con distacco, senza cercare di assimilare mnemonicamente il sia pur incantevole flusso delle circostanze …

L’esercizio è l’osservazione, che potremmo rivolgere alla postura o al respiro, come a tutto ciò che subentra, anche temporaneamente nel campo di coscienza. Un’osservazione sincera conduce immancabilmente a creare una distanza tra l’osservatore e la cosa osservata. Tuttavia se persisti tale distanza si annulla. Verrà il momento in cui non ci sarà differenza tra colui che osserva e un’eventuale oggetto. Un altro punto importante è non fissarti rigidamente su di un solo oggetto, ma lasciare che la mente sia spontanea. Nessuna costrizione, un po’ più di fiducia ed il meglio prevarrà comunque. E se la mente intende svolazzare di continuo, ben venga. Prima o poi si stancherà e convergerà su qualcosa, oppure persino direttamente su se stessa.

Il mio modo di osservare non è una tecnica, mi sembra quasi un’arte. La mia qualità di osservazione non è più come agli esordi. Personalmente ne ho ricavato innanzitutto una certa calma, … E’ il massimo cui aspiravo. Quando sento parlare di risveglio e illuminazione sono perplesso e li intendo in senso lato, cioè come descrizioni simboliche di sensazioni poco esprimibili, affatto rappresentabili, …

Riflessioni:

La meditazione, intesa come metodo, non è una panacea universale adatta a qualunque tipo d’individuo. Io l’ho trovata soddisfacente perché mi ha permesso di raggiungere un buon equilibrio senza sforzi e autoimposizioni eccessive. Ho cercato il discernimento prestando maggiore attenzione e tentando di diventare, nei limiti del possibile, più consapevole. Ho provato a capire … Ma dapprincipio non è stato affatto bello. Infatti mi sono reso conto ben presto della terribile ipocrisia imperante, dei condizionamenti continui per rimaner sottomessi agli innumerevoli interessi precostituiti.

La meditazione mi sembra una possibile risposta globale alla pseudo-spiritualità plurisecolare e violenta che ha imperversato per millenni. I frutti che ho riscontrato nel mio intimo sono stati, innanzitutto, pacificazione interiore, rispetto e compassione per gli esseri viventi, maggiore tolleranza, amorevolezza, propositi costruttivi e tendenza all’operosità concreta.

Quindi, se da una parte ho smesso di credere alle favole, dall’altra ho scoperto che la vita stessa è una favola ben degna d’esser vissuta al meglio delle proprie possibilità. Ho scoperto che il vero valore sono le risorse interiori e non le prediche melliflue di chi, in effetti, ti vuol possedere per abbindolarti dichiarando, invece, di volerti salvare. Ho scoperto che non abbiamo nessun peccato originale, ma che l’origine di tutti i peccati consiste nella menzogna.

Epilogo.

Comincia a rammentare che non sei tu a dover meditare, ma dovresti attendere che la meditazione accada. In genere facciamo il possibile per predisporci affinché un certo evento si verifichi, ma il seguito dovrà venir da sé. Se avrai la giusta pazienza …. quindi non è questione di tecnica, ma di saper attendere con diligenza qualcosa che potrebbe non succedere mai … è un rischio, potresti perdere il tuo tempo, gettarlo alle ortiche … non sarebbe meglio una salutare passeggiata tra il fatidico smog di qualche insalubre italico contrado?

nick.salius

Fonte del Post: http://www.meditare.it/meditazione/presenti_al_presente.htm

WooshDe7Torna Su