Ramakrishna: “Dio è in ogni uomo”.

“Dio è in ogni uomo”.

Vivekananda – discepolo di Ramakrishna – indicò uno degli atteggiamenti piu’ teneri e maturi che lo spiritualista deve avere verso i suoi simili, in genere: l’accettazione delle diverse imperfezioni soggettive del prossimo.

Come in una foresta che contenga svariate tipologie di arbusti, piante e fiori, ed alcuni di essi si innalzano, creando boccioli dallo screziato colore magnifico e dai profumi intensi; mentre altri si contorcono, in terra, in brulle radici senza slancio, così succede attorno a noi.

In una sua lettera, scritta il 19 dicembre 1895, a Sarah Farmer, Vivekananda affermava:

“L’ idea di cui parlo ci insegna che la legge non è quella di distruggere, ma di guidare più verso l’alto. Ci indica che ci troviamo in un mondo composto da bene e da male; ma, lì ove appare il bene, esiste anche il meglio, ed ancora il meglio. Ci dice che nessuna situazione resta priva di speranza, e perciò accetta ogni forma di valenza mentale, morale, o spirituale – già lì dove essa si trova a vivere; e cerca – senza alcuna parola di biasimo – di suggerire alla situazione esaminata che, sino a quel punto, si è ben comportata, ma che è giunto il momento di fare meglio..”

In queste parole, a ben considerarne il contenuto, appare l’essenza di ogni morale, di ogni religione e di ogni validita’ delle evoluzioni spirituali.

Di primo acchitto, la spinta genetica – dovuta ad un millenario passato reincarnativo – spinge l’uomo ad eliminare dal suo campo diretto ed esistenziale ogni forma espressiva che contrasti con una propria idea di miglioramento. Cio’ avviene per un antico istinto.

L’uomo – anzi, il suo impulso naturale – ritiene giusto ed automatico spinger via e lontano da se’, con ogni mezzo, l’ostacolo all’idea pianificata del benessere che egli ha.

Meglio, e’, quindi – da parte di governi favorevoli al sistema – eliminare la vita umana che ha sbagliato, ed ha ucciso.

Meglio e’, da parte nostra, assumere – anche verso la nostra medesima soggettivita’ – un modo di agire che esprima la totale disapprovazione, attiva ed immediata, verso ogni forma di espressione formale che non incarni l’ideale modello che noi, invece, ne abbiamo.

L’attivita’ costante dello “spiritualista” appare, sovente, quella di curare quotidianamente il suo piccolo e lindo giardino, liberarlo dalle erbacce, agghindarlo, e mostrarne agli altri il delicato contenuto.

Anche la critica a noi stessi e’ sovente portata, verso gli altri, come un vezzo evolutivo, senza tenere conto che l’attardarsi troppo ad esaminare le minuscole piaghe sul nostro organismo interiore puo’, alla fine, evidenziarsi come un determinato e sottile tipo di morbosita’ psicologica.

Eppure, tutti noi abbiamo quasi un disperato bisogno di comprendere le parole di Vivekananda, per ritrovare una qualita’ della vita maggiormente serena e profondamente saggia.

E ‘indubbio che ognuno di noi – a causa di una sicura evoluzione interiore – si trovi nel bel mezzo di tensioni, di modi di vivere contrastanti sia l’etica che la morale comuni, di esperienze esistenziali ben diverse dalla nostra.

E’ come se un fiore candido si ergesse in mezzo ad una brulla pianura, composta da rovi, ben innestati nelle loro radici e con i rami tesi ed intrecciati tra di essi, a formare una distesa molto, molto piu’ ampia dell’ angolo in cui ci troviamo.

Si trattera’ – lo abbiamo sovente ripetuto – di un ambiente sordo ad ogni tipo di sfumatura luminosa che proviene dalla nostra alba interiore; si trattera’ dei nostri stessi congiunti; o, anche, della visione piu’ ampia che ci appare, dal mondo, in genere.

La reazione che la maggioranza degli spiritualisti vede nascere in se’, dal “muro di gomma” (attivo, o passivo) che si erge loro attorno – e, spesso, da coloro che egli maggiormente vorrebbe associare alla propria visione – e’ una reazione di delusione, di sottile malinconia, di ribellione.

“Cos’ e’ che manca, in essi, e che li rende ostili a quanto dico? Non e’ tutto cio’ chiaro e palese? Perche’ siamo andati d’accordo sinora, e, ad un tratto, quanto io sento e percepisco li rende sordi e distanti da me?.”

Vi sono, allora, molte sottili considerazioni da fare, in proposito.

Intanto, e non ultima, va stimata una certa frettolosita’ ad esibire un messaggio – sovente anche per se’ stessi non molto chiaro – verso chi non ha fermentato a fondo quegli orientamenti adatti ad accettarlo.

Anche qui, vale la tradizionale verita’ di coinvolgere gli altri con l’ “esempio muto”.

Ci sono dei casi in cui un tipo di comportamento e’ molto piu’ formativo ed assimilato dall’esterno di quanto non lo possano divenire delle affermazioni verbali che, spesso, non hanno altro valore che di “spiazzare” e rendere perplessi – anche se momentaneamente – coloro che ci ascoltano.

Come ripete Vivekananda, esiste anche il rispetto verso le modalita’ e gli “archi di evoluzione” che non combaciano strettamente con il nostro; ma che fanno, a pieno diritto, parte dell’intero sistema evolutivo.

Nostro dovere etico e’ solo percepire nettamente come ognuno di essi faccia parte di un’onda portante generale, che stia muovendo ogni cosa verso un miglioramento; lento, costante ed ineluttabile.

Non c’e’ bisogno, in conseguenza a cio’ e da parte nostra, di “dire”, di “fare”, di “rivelare”  alcunche’ di definito, in certi momenti dell’esistenza. Ma, solo di “vivere” pienamente le nostre sensazioni, le nostre certezze e la natura del divino che trapela al nostro sguardo interiore.

Il senso di sacralità’, comunque posseduto in ogni essere – che lo si accetti, oppure no – ed anche nel piu’ apparentemente involuto, lo rende del tutto percettivo di ogni nostra radiazione interiore; si’ che egli si convincera’ molto piu’ e molto prima, attraverso il silenzio sonoro della nostra realtà’, di quanto vorremmo invece propinargli verbalmente.

Ed in effetti, forse, non vi rendete conto che piu’ e’ tesa la struttura ambientale, nei riguardi della vostra natura spirituale e piu’ risulta evidente una Volonta’ Divina, che vi ha posto esattamente la’, ove i significati del contrasto rientrano nell’ampio respiro di una Provvidenza Universale.

La fiamma – volontariamente, oppure no – va dove vi e’ maggior combustibile. E lo spirito appare piu’ luminoso dove stridente e’ il contrasto con il suo ambiente.

Tutto questo fa parte del grande disegno di Dio.

“Come lievito che innalza le masse, Io vi ho distribuito nel mondo.”

Ecco, cio’ dovreste comprendere. Ognuno di voi tenga preziosa la chiara luce che ha in se’; l’apprezzi, la dilati; se ne faccia un immenso potere. Il suo silente vibrare, la sua caratteristica qualita’ divina vale per suo proprio conto, piu’ di quanto possiate immaginare.

Quei timori, quelle “trazioni costanti verso il basso”, quella nota depressione, quel costante senso di inferiorita’ che in molti costituiscono la pelle esteriore del loro io piu’ formale e quant’altro possa turbare lo slancio verso la liberta’ del divino, ebbene tutto cio’ “subitelo”, non “accettatelo”.

Si tratta veramente di strutture emozionali e mentali relative e passeggere. Ed esistono i sistemi per dominarle. Subite, quindi, le vostre imperfezioni. Ossia, relegatele in uno stato di una momentanea esistenza; ben sapendo che e’ possibile vincerle.

Solo “accettandole” le rendete forti. E basta capire la differenza di sfumatura tra il concetto di “subire” ed “accettare” per darvi gia’ un forte ed attuale respiro di liberta’ e di speranza per l’avvenire.

Moltissimi spiritualisti se ne stanno abbrancati al loro “guardiano della soglia”, costituito dalla schiuma del mondo di maya, dalla loro personalita’ momentanea. Eppure, viene detto che non appena si rinnega (si “subisce” ) il guardiano, esso comincia a sbadigliare, a sentire in se’ il torpore del sonno e ad iniziare a morire.

Lentamente, attraverso i ritmi planetari, la silente divinita’ ha prodotto quel fermento di crescita che avviluppa ogni cosa: dal rovo al fiore. Nessuno di noi ha il diritto di vedere solo alcuni privilegiati inseriti nel respiro evolutivo universale. E proprio quell’individuo verso il quale qualcuno ha storto il naso, vedendone l’aspetto di oscuro “peccatore”, e’ inconsapevolmente inebriato dalla spinta, attuale ed immanente, verso la perfezione.

Questo il messaggio di Ramakrishna, che diceva: ” Dio e’ in ogni uomo”.

Guido Da Todi

Fonte: http://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=20387

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