Il fine dello Jnani.
Lo Jnani mira alla Conoscenza del Reale-Assoluto e in questo suo obiettivo non può servirsi di strumenti di natura relativa, come la mente empirica analitica (manas), che operano nel relativo, con dati irreali e secondo una modalità condizionata da diversi fattori, o limitati come i sensi, ecc.
Il finito non conduce all’Infinito, il falso non porta al Vero. La Conoscenza-jnana non si persegue con la proiezione mentale, né attraverso la mente analitica, ma con l’intuizione, la comprensione e la consapevolezza.
Jnana è conoscenza sintetica, extraconcettuale, adimensionale e aformale e, se vogliamo svelarla, non dobbiamo credere di poterla definire, concettualizzare e racchiudere in qualche forma – il che equivarrebbe a snaturarla – altrimenti ci sfuggirà di continuo, né possiamo immaginarla in qualche modo particolare: jnana possiamo solo svelarla in noi stessi, in quanto natura dell’essere.
In altre parole, lo jnani non intende “addomesticare” la Realtà, costringendola in concetti, parametri e leggi di corrispondenza – prerogativa dello scienziato che affronta le problematiche legate agli aspetti quantitativi e superficiali della natura-prakrti, conscio o meno dell’impotenza della ragione a comprendere la totalità – ma si propone di attuare un profondo mutamento in sé, un’autentica trasformazione in quanto passaggio al di là del piano formale, sì da poter cogliere direttamente, al di là del sensibile e dell’intelligibile, del formale e dell’informale, l’Essenza di tutte le cose e, quindi, anche di se stesso: cioè di eliminare ogni causa alterante dovuta ai mezzi di conoscenza, alle sovrapposizioni e ai presunti rapporti per cogliere direttamente il Sostrato, ossia conoscere la Realtà nella sua immediatezza-evidenza-assolutezza.
Raphael, Jnanamarga, Periodico Vidya, Roma.