E. S. Michael: Memoria condizionata.

Terra x Blog + Nero 2015

La memoria: un condizionamento maggiore.

Edouard Salim Michael

La memoria nell’essere umano è senza dubbio – oltre la sua coscienza e la sua capacità di riflessione – uno degli aspetti più sbalorditivi e più complessi della sua natura, che resta ordinariamente impossibile da spiegare. L’incredibile quantità di ricordi che può immagazzinare dall’istante della sua nascita fino all’ora della sua morte è proprio stupefacente.

Fintanto che resta nell’ignoranza dell’Infinito che è in lui, non cercando nell’esistenza che ciò che è abituato a conoscere, la memoria si rivela essere per lui una nemica in luogo di un aiuto. Essa diventa causa del suo incatenamento ad una forma di esistenza che, in ragione dell’incostanza e della precarietà della sua natura, non può che procurargli tormenti incessanti, compensati di tanto in tanto da qualche momento di piacere sensoriale, al quale egli non cessa di attaccarsi.

E’ difficile per chi non ha ancora cercato di ritrovarsi, realizzare che a causa di quello che ha fatto di se stesso – che risulta dal genere di pensieri che egli ha, dal suo stato abituale di assenza da se stesso, passivamente lasciato radicarsi in lui, dal modo in cui ha passato l’esistenza e da quelli che erano i suoi principali interessi nella vita – non può che fatalmente ritrovarsi in un futuro indeterminato come è quello della sua vita attuale, con poco o nessun cambiamento.

Gli esseri umani passano generalmente la loro esistenza in una sorta di passività interiore di cui sono incapaci di misurare l’effetto sull’ avvenire e, di conseguenza, non hanno alcuna scelta sul loro destino né su quello che faranno nella vita. I loro atti e i loro comportamenti sono generati dalla forza dell’abitudine. Anche il più piccolo pensiero che attraversa il loro spirito, il minimo gesto che fanno, il minimo atto che compiono o la minima parola che pronunciano non sono che delle reazioni in risposta a degli stimoli esterni, che fanno sorgere in loro la pulsione di ripetere ciò che si è già prodotto prima, e che si trova sotterrato nella memoria del loro inconscio.

Quando l’aspirante avrà cominciato a volgere il suo sguardo verso se stesso, per scoprire l’inconosciuto con il quale ha vissuto fino a quel momento, vedrà che tutto è mescolato in lui e ingarbugliato dai ricordi del passato. E’ la sua memoria che lo utilizza e non lui che utilizza la sua memoria. Gli innumerevoli ricordi di avvenimenti felici o infelici, di desideri soddisfatti o insoddisfatti etc., che catturano senza sosta la sua attenzione, costituiscono un peso di cui egli deve trovare il modo di liberarsi; questi riaffiorano spesso in un modo così inatteso e pure, gli sembra, di più quando prova a meditare che nel corso delle attività quotidiane – una constatazione inesatta, dovuta al fatto che, durante la giornata, il suo interesse è troppo assorbito dalle occupazioni pressanti della vita esistenziale e dalle impressioni che lo invadono costantemente dall’esterno per permettergli di notare cosa accade realmente nel suo spirito.

E’ proprio questa sfilata di immagini, di pensieri e di parole ripetitive generate dalla sua memoria che, soprattutto all’inizio del suo impegno nella pratica della meditazione, rendono i suoi tentativi per concentrarsi difficili.

Il tipo di memoria che si possiede solitamente – e che è senza alcun rapporto con la misteriosa memoria silenziosa legata ad una evoluzione verso un altro piano di essere e di coscienza, e che si sveglia così inspiegabilmente ad un dato momento nella vita di un ricercatore – rappresenta un vero fardello. Sono effettivamente i ricordi di situazioni vissute un tempo che non permettono all’essere umano di vivere il presente, al fine di essere capace di apprendere in modo nuovo ciò che si presenta e di agire conformemente a quello che percepisce nell’istante – cioè di agire senza essere ciecamente influenzato dalle sue esperienze del passato e dalle tendenze che quelle hanno generato in lui.

Egli non può portare in sé pesi più pesanti di quelli della sua memoria, dei suoi desideri e della sua immaginazione; ed è proprio la memoria in lui che, senza che egli ne abbia di solito coscienza, nutre continuamente i suoi desideri come anche le immagini che a sua insaputa egli intrattiene senza sosta in relazione ad essi. Questi tre nemici che si possono piuttosto qualificare entità, nell’essere umano, gli impediscono di potere allontanarsi sufficientemente dal suo stato di essere abitudinario per entrare in contatto con delle dimensioni non tangibili, al di là del tempo e dello spazio, attraverso le quali avrà la possibilità di presentire l’Eternità che porta in lui e che, finché continuerà a vivere alla superficie del suo essere, gli resta inaccessibile.

E’ soprattutto la memoria degli episodi dolorosi attraverso i quali è passato che costituisce il principale fardello che pesa su di lui, spesso anche durante tutta la vita, impedendogli di sentire – se non pienamente almeno fino ad un certo grado – la sua esistenza nel presente.

Quanto al fenomeno del desiderio, non può esistere nell’essere umano senza la memoria – la memoria di qualche cosa vista che si desidera possedere, di una situazione vissuta che si cerca di ritrovare, di un’esperienza conosciuta che si vuole riprovare. Inoltre, immagini e desideri non possono essere dissociati; vanno di pari passo, ognuno alimentando e dando forza all’altro, fino a quando la pressione del desiderio così nutrito ed abbellito di fantasmi (spesso senza rapporto con la realtà) diventa irresistibile e questo desiderio, che reclama con insistenza la sua soddisfazione, si traduce finalmente in un atto, qualunque siano le conseguenze, sia per se stesso sia per gli altri.

Solo quando l’aspirante giungerà a comprendere con più acutezza la necessità di lottare per diventare il più possibile presente e cosciente di se stesso, non solo durante le pratiche di meditazione, ma anche nel corso delle sue attività giornaliere, allora potrà proteggersi da certe impressioni indesiderabili che lo assalgono dall’esterno, come anche da tutte le immagini che occupano inutilmente il suo spirito, ed allora nutrirà piuttosto il solo ed unico desiderio che conta, quello di liberarsi di ogni ostacolo che gli sbarra la strada verso la Sorgente Originaria.

Quando, durante il lavoro che fa su se stesso, giunge in certi giorni ad essere profondamente presente a se stesso, comincia così a vivere. E, quando perde questo stato di presenza che non gli è abituale, cessa di esistere; si trova, a sua insaputa, aspirato verso la superficie di se stesso, mentre rievoca costantemente situazioni passate o anticipa le diverse condizioni che potrà incontrare nell’avvenire. Studiando con assiduità, il ricercatore realizzerà la maniera in cui la memoria gli impedisce di essere nuovo e aperto alla realtà del momento, non solo durante le sue attività esterne, ma anche, e soprattutto, nel corso delle sue pratiche spirituali.

Gli echi che qualcuno ha assorbito nel corso della sua esistenza e le occasioni in cui è riuscito a fare qualcosa che gli ha dato soddisfazione sono tutti, a sua insaputa, impressi in maniera indelebile nella sua memoria. Così, tutto ciò che si trova infilato nelle pieghe profonde della sua memoria ha, a sua insaputa, già deciso il modo in cui lui sarà e agirà nel futuro, i tipi di interessi verso i quali continuerà ad essere attirato, come il destino che lo attende.

E’ così che quando decide di lanciarsi in una nuova impresa che, forse, somiglia a qualcosa che ha provato a realizzare in passato e che non è ma riuscita, per non commettere gli stessi errori, si sforza di avvicinarsi al nuovo progetto in modo arbitrariamente differente, senza prendere in considerazione il fatto che, a causa dell’incessante movimento del tempo, che porta con sé nella sua scia cambiamenti imprevedibili, le condizioni nelle quali è posto attualmente sono inevitabilmente diverse da quelle che ha conosciuto nel passato e che, forse, quello che cerca ad ogni costo di evitare dovrebbe essere ciò che dovrebbe fare per la riuscita del suo disegno. Così, per la sua incapacità di vedere con sufficiente distacco quello che il presente gli offre – cosa che gli avrebbe permesso di guardare le cose in modo nuovo – lascia scappare un’opportunità che gli avrebbe forse portato il successo desiderato.

D’altronde, se ciò che ha di nuovo intrapreso si è rivelato fruttuoso, egli si applica allora a ripetere lo stesso andamento, dimenticando che, siccome tutto nell’esistenza manifesta cambia da un istante all’altro, niente può mai restare identico; e questa volta, il suo piano prende un cattivo verso. Accecato dalla sua contrarietà, non comprende la ragione di questo rovescio.

L’aspirante commetterà un errore credendo che, dato che i suoi interessi sono rivolti ad una ricerca spirituale, quello che si è qui esposto non si applica anche a lui. Infatti, se il ricordo di un fallimento che ha subito durante la veglia gli riaffiora durante le sue pratiche spirituali, associato al sentimento di disagio che questo insuccesso ha suscitato in lui, affronterà, a sua insaputa, le pratiche di meditazione e i diversi esercizi di concentrazione che deve fare nella vita attiva in uno stato di cosciente o incosciente preoccupazione, che rende questo lavoro su se stesso più difficile.

Al contrario, se, avendo conosciuto un momento di elevazione durante la sua meditazione, cerca con avidità di risperimentare questo stato, per il fatto che le condizioni esterne ed anche se stesso saranno cambiati, fallirà il suo tentativo. In più, il fatto stesso di attaccarsi a quello che aveva gustato il giorno prima e di volerlo ritrovare – desiderio che senza che lui lo realizzi proviene dal suo “me profano” – sarà inevitabilmente un ostacolo e anche gli impedirà di provare in seguito esperienze più importanti, che sono necessarie per avvicinalo allo scopo verso cui tende.

L’errore che commettono generalmente i ricercatori sta nel credere che, dato che hanno, un giorno, toccato uno stato di più grande elevazione spirituale durante la meditazione, sanno ormai quale strada ve li conduce; pensano che sia per loro sufficiente riprodurre lo stesso procedimento e che questo sarà loro dato. Ora, quando l’indomani proveranno a mettere in pratica lo stesso approccio, sono sorpresi e sconcertati nel vedere che questo stato che aveva loro illuminato la veglia, sfugge loro. Non vedono che, in un lavoro così sottile e fuori dall’ordinario, devono dimenticare ogni risultato ed ogni fallimento per i quali sono passati in un certo momento, e perseguire la loro pratica spirituale essendo nuovi, come se non conoscessero niente.

Ma, per essere nuovi, bisogna essere disponibili interiormente, e, per essere disponibili interiormente, bisogna che l’aspirante rinunci a tutti i desideri ed a tutti i pensieri futili che occupano comunemente il suo spirito. E, per disfarsi di tutto quello che è indesiderabile in lui, che attira e trattiene la sua attenzione, bisogna che sia presente e cosciente a se stesso in modo completamente diverso da quello che gli è abituale.

Se egli non giunge ad essere sufficientemente presente e disponibile interiormente per potere guardare la sua vita in modo nuovo, lascerà sfuggire le ricchezze che l’esistenza fenomenica può portargli – ricchezze che sono necessarie per la sua evoluzione ad un altro piano dell’essere, che resta sfortunatamente fuori della portata ed incomprensibile ai comuni mortali.

Edouard Salim Michael

Traduzione a cura di Maria Marinaro.

Fonte del Post: http://www.revue3emillenaire.com/it/?p=2687

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