Se guardiamo il dito, non vediamo la luna.

Se guardiamo il dito, non vediamo la luna.

Conosci il detto secondo il quale, se con un dito indichi ad un cane la luna, il cane guarderà il tuo dito, non guarderà la luna. Ecco, la maggior parte di noi esseri umani si comporta esattamente come il cane della storia… continua a guardare il dito e non ciò che il dito sta indicando: la luna, appunto.

Da quanto appena detto, ecco la ragione del titolo del post: se guardiamo il dito, non vediamo la luna.

Ma dove sarebbe il dito in questione? Di chi è? Che cosa indica? E la luna?

Il dito sono le parole pronunciate o scritte da tutti i saggi, di tutte le epoche, vissuti su questa terra… che puntano, sempre e comunque, verso la luna… ossia, la Verità.

Le parole e i gesti sono mutati a seconda dell’epoca, della cultura, del livello di conoscenze e di consapevolezza conseguiti dalla “platea” a cui erano rivolte, per poter essere meglio comprese, ma la sostanza non è mai cambiata, né potrà cambiare in un eventuale futuro, poiché la Verità è e sempre sarà immutabile, incorruttibile e al di là del tempo.

Purtroppo, noi umani continuiamo imperterriti ad ostinarci nell’utilizzare “strumenti” che distorcono la visione, non rendendoci minimamente conto che, così facendo, ci precludiamo la possibilità di scoprire il tesoro più prezioso in assoluto. In parole povere, ci ostiniamo pervicacemente a cercare di oggettivare Ciò che non può e che mai potrà esserlo… semplicemente, perché la Verità non è un oggetto.

Fondiamo ogni esperienza, ogni conoscenza, ogni speculazione sulla nostra mente e sui nostri limitati sensi fisici, cioè sul “dito”, ignorando completamente ciò che sta indicando. Di conseguenza, ciò che per noi non è oggettivabile non esiste, non si vede, non si tocca, non si annusa né, tanto meno, si può gustare. E queste considerazioni non sono certo la Verità, ma semplicemente un fatto.

Vesti stracciate, capo cosparso di cenere, preghiere e suppliche non servono a nulla… se si continua a guardare il dito. La mente, la vera padrona della realtà dell’essere umano inconsapevole di sé, non permetterà mai a nessuno dei suoi schiavi di liberarsi dall’inganno e l’inganno altro non è se non la convinzione di essere “qualcuno” che, un giorno, potrà conoscere la Verità.

Chiunque affermi di conoscere la Verità mente, consapevolmente o meno non importa, poiché nessuno potrà mai affermare di essere in possesso della Verità. La Verità E’, ma mai e poi mai la si può possedere. Ecco, dunque, il significato di quanto affermato dai “maestri” … “Puoi solo Essere Verità, ma non possederla”.

Il Buddha affermava che la vita è sofferenza, ma che, per nostra fortuna, nulla è permanente, quindi nemmeno la sofferenza. L’atteggiamento più saggio per un essere umano, di conseguenza, sarebbe quello di rintracciare, attraverso un’appassionata ricerca, l’origine di tale sofferenza ed il meccanismo attraverso il quale essa si alimenta e si mantiene presente.

E qui, casca l’ennesimo asino. Il dito del Buddha punta verso una direzione ben precisa, ma noi, invece, continuiamo a guardare il dito. Infatti, pare proprio che non ci stanchiamo mai di combattere crociate contro la sofferenza, di tentare di modificare le situazioni che giudichiamo inaccettabili, di desiderare qualcosa di diverso da quello che c’è, di ritenere colpevoli delle varie sventure questo o quest’altro. Risultato? La vita continua ad essere sofferenza. Guardiamoci intorno e vediamo se non è così.

Jiddu Krishnamurti ha ripetuto fino allo sfinimento di osservare, senza giudicare, come sorge, come si alimenta, cosa comporta e cos’è la sofferenza… ma anche in questo caso, tali parole sono cadute nel vento… almeno per i più.

La tecnologia a portata di click ci ha probabilmente reso molto pigri e insofferenti nei confronti di ciò che non dà un risultato immediato, mentre per una seria indagine occorrono una straordinaria energia, una tremenda passione, nessuna aspettativa ed una calma inalterabile. Ma le cose stavano esattamente così anche quando la tecnologia non era così “fast&smart”.

No, non cerchiamo scuse, per favore. E anche se tutti i “maestri” Advaita hanno indicato nell’ignoranza la causa di ogni sofferenza, nemmeno questa può essere presa come una scusante. La sofferenza nel mondo c’è, è palpabile e onnipresente e se ognuno di noi non ne rintraccia l’origine, continuerà ancora per lungo tempo… nonostante il tempo sia una mera percezione.

Innumerevoli volte ci è stato suggerito di rivolgere l’attenzione verso noi stessi, per conoscere cosa siamo veramente… ovvero, siamo un mucchietto di carne ed ossa con una mente pensante infilata dentro o siamo altro? Siamo qualcuno o siamo qualcosa? E dove o da chi troveremo risposta?

Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei… già sentito dire, vero? Anche questa famosa frase è un dito puntato… sta a noi cogliere la direzione che indica. Ma non riusciremo mai nell’intento finché chiederemo risposte ad altri, o fino a che ci ostineremo a sperare di trovare un oggetto chiamato me stesso… per il semplice fatto che ciò che siamo non è oggettivabile… esattamente come non lo è la Verità e questo dovrebbe farci riflettere.

Possiamo quindi abbandonare con tranquillità ogni definizione, nostra od altrui, riguardo ciò che siamo veramente, esattamente come possiamo farlo nei confronti della Verità. Ogni definizione è, di fatto, un falso ideologico, una truffa, poiché ci può dare l’illusione di conoscere, mentre, al contrario, la nostra ignoranza resta abissale.

E chi lo sa… magari potremmo anche scorgere la luna brillare nel cielo stellato di una notte d’estate.

Con affetto,

Sid… Love*

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