Sofferenza, compagna di viaggio.

Terra x Blog + Nero 2015

Una compagna per tutti i momenti.

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Perché siamo così attaccati alla nostra sofferenza? Perché diventa la nostra compagna di viaggio in questa seppur breve vita? Tutti scrivono, leggono, ricercano (a parole) la felicità e la gioia, ma perché allora le prime pagine dei giornali parlano solo di sofferenza?

Perché gli editori sanno bene che mettendo più foto, più sangue, più morti, più tragedia, si vende di più (e sul web si è più cliccati). Da sempre la sofferenza degli altri fa vendere di più. Quale macabro meccanismo agisce allora nell’uomo se è convinto di ambire alla felicità, ma ricerca solo notizie che parlano di sofferenza?

Una risposta la troviamo in Gurdjieff: “L’unica cosa da cui l’uomo non vuole separarsi è la sua sofferenza”, intendendo la sofferenza meccanica che include tutte le emozioni negative, ossia la disperazione, il timore nervoso, l’immaginazione distruttiva, l’invidia, la depressione, l’ansia, eccetera… sono tutti stati negativi del centro emozionale. Viviamo nella paura, la paura di vivere, però non cerchiamo di conoscere realmente ciò che ci spaventa, perché abbiamo ancor prima la paura di ciò che potremmo scoprire.

Scappiamo. E quale migliore fuga da noi stessi se non quella di rifugiarci nelle sofferenze altrui? Ci accontentiamo di un barlume di magra e amara felicità momentanea nel pensare “anche questa volta non è toccata a me!”. Ma la vita può essere una roulette russa? Morte tua vita mia?

La sofferenza meccanica, costruita nostro malgadro in anni di faticoso lavoro, ci aiuta a sentirci speciali. Ne parliamo in tutte le occasioni, la sfoggiamo al minimo acciacco; ci lamentiamo per il capo ufficio, per il nostro compagno/a che non ci capisce, per l’aumento delle tasse, per il lavoro che abbiamo o quello che non abbiamo. Tutto ciò ci fa sentire per un attimo vivi, speciali e dà un senso a quel malessere che sentiamo nel più profondo di noi stessi e che ci portiamo dentro da quando siamo nati.

Gurdjieff parlava di cercare una sofferenza “cosciente”, cosa che risulta difficile da capire. Perché dovrei cercare la sofferenza coscientemente? Di quale sorta di masochismo si tratta?

La sofferenza cosciente è quella che emerge dal toccare con mano quanto sia meccanico il modo in cui viviamo, in balia di emozioni e pensieri che neanche ci appartengono. Ci muoviamo come dei burattini in un palcoscenico, pensando di essere noi a muovere i fili. Solo la sofferenza cosciente, nata dall’osservazione di questi fili, ci può mettere nelle condizioni di liberarcene.

È di questa sofferenza che parlava Gesù nel Sermone della montagna: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” (Mt 5,4; Lc 6,21). Gli afflitti sono coloro che hanno realizzato la loro situazione e vogliono cambiarla, non coloro che cercano la sofferenza per sentirsi i prescelti dal Signore.

In quest’ottica, un primo grado di sofferenza, quella che contraddistingue malattie, insofferenze o sensi di colpa, perde un po’ del suo potere, grazie all’acquisizione di nuovi significati che la vedono come portatrice di nuovi messaggi, per nulla banali o scontati.

Il secondo grado di sofferenza cosciente è quella che vive l’uomo in esilio, lontano dalla sua terra e che sente in cuor suo che qualcosa gli manca. Per nascondere questo sentimento (culturalmente inaccettabile perché privo di concretezza) l’uomo rincorre gioie effimere in modo quasi compulsivo: denaro, lusso, divertimenti, belle macchine, belle donne, una bella famiglia, un cane, un hobby… insomma tutto ciò che attutisce quel senso di vuoto, che fortunatamente ogni tanto torna comunque a bussare.

Rimanere di fronte a questa sofferenza coscientemente ci spinge a cercare qualcosa al di là della sofferenza, per cui vale la pena vivere. Accediamo così ad uno stato di speranza verso quel lato vasto e misterioso della vita che ci fa mettere gioiosamente in marcia.

Tutto allora acquisisce un sapore nuovo, un significato diverso, anche la sofferenza, perché smette di essere la conseguenza di una battaglia per la sopravvivenza, per diventare una delicata tensione verso la ricerca della gioia di vivere, piuttosto che della paura di morire.

Fonte del Post: https://associazioneperankh.com/2016/04/09/una-compagna-per-tutti-i-momenti/#more-2164

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