Spiritualità è guardare in se stessi.

Spiritualità è… guardare in se stessi.

“C’è una differenza tra sapere della via e camminare sulla via”. “La spiritualità parla dall’anima, la religione dalla mente”.

Quando non è una parola abusata e derisa, oppure una moda, la spiritualità si confonde ancora con “religione”. Purtroppo. Succede anche che la si creda un approdo occasionale, anziché un viaggio che accompagna tutta la vita.

Dunque cosa è la spiritualità? E’ guardare in se stessi e cercare il senso della propria esistenza e dell’esistenza in genere. E’ non rincorrere i soli desideri della personalità, della utilità personale, tutti fattori circoscritti a questa dimensione materiale e transitoria.

E’ trascendere la frammentazione e l’asettica casualità con cui l’io mondano bolla in fretta gli accadimenti. E’ rendersi conto che la coscienza che tutto pervade, non è locale, non è dentro un pezzo fisico del proprio corpo, ne é confinata al piccolo io personale.

Spiritualità non è nemmeno un intrattenimento sociale o spettacolare, né qualcosa che ci fa diventare qualcun altro, piuttosto qualcosa che dobbiamo agire, la ragione per cui abbiamo una vita.

Lucicchii e notorietà non fanno la spiritualità. Anche diventare dei medium o cominciare a “canalizzare per altri”… non significa in sè spiritualità. Non per me almeno. Lo è invece soffermarsi dentro se stessi, rientrare dal rumore del mondo, dalla esteriorità, indagare sul senso, sui perché di cio’ che è, uscire dai confini ristretti ed egoistici del piccolo io e della limitatezza dei 5 sensi.

Una volta capito che non si tratta di socialità, di personalità, di materialità, di dogma, di opportunità e convenienza, di controllo sugli altri, di notorietà… possiamo cominciare a partire. Perché la spiritualità è un viaggio nel quale possiamo sperimentare (“prendere”) vari mezzi -metodi, che non devono essere mai il fine.

Il silenzio e la meditazione sono elementi importanti; la mente nel silenzio si espande, quando cessano i suoi rumori. In realtà non c’è isolamento nel silenzio, in questo silenzio, ma connessione ed espansione.

La perfezione tecnica, l’appartenenza ad una scuola con riferimento ad un guru, non sono una garanzia in sè, anzi, a volte un rischio. Almeno in questo presente.

Un ego spirituale ” inflazionato”, non è una rarità, soprattutto in quegli ambiti “al di sopra di ogni sospetto” e in questi decenni di trionfo newage.

La dipendenza (dal guru/maestro/medium), non è una qualità intrinseca della spiritualità, certo puo’ intrufolarsi nel percorso, percio’ servirà riconoscerla, conquistare chiarezza e andare oltre.

Ego inflazionati, edonismi, virtuosismi in posture di pratiche corporee, possesso di oggetti ritualistici, icone di guru viventi o trapassati, sincretismi di cattolicesimo e suoi santi mischiati a filosofie orientali, newagismi e “riti magici”… non costruiscono per me un sano percorso spirituale, di “significato”, piuttosto possono indicare una via caotica, in cui la direzione si perde e si sprofonda nelle nebbie del piccolo io, quelle del: “basta che mi faccia star bene e mi piaccia“, ” se mi piace e mi fa star bene, allora è vero e buono e giusto” …

Vero: su questo pianeta e in questa dimensione stiamo facendo esperienza, siamo a scuola, ma non ci aiuta confondere il senso delle cose, mistificare, incollare tutto con immatura emozionalità.

Spiritualità e maturità per me stanno insieme e sono una conquista, non un dato scontato, solo perchè si recita un mantra o una preghiera. L’età personale non è la garanzia che la maturità sia presente. Spiritualità e maturità, non arrivano “da sole”. La maturità ritengo sia una conquista obbligatoria per una autentica spiritualità, vuol dire che infantilismi ed emozioni fanciulle (anche e soprattutto in età matura!) devono crescere, farsi “adulte”, se vogliamo “essere” nella spiritualità e non solo parlarne.

I vari traumi della vita possono essere un ostacolo a questa maturità sulla via spirituale e non rendono facile questo guardare in non stessi (da non confondersi con l’analizzare e lo psicanalizzare noi stessi), quindi seppur con compassione e comprensione verso di noi (la “colpa e il peccato” lasciamoli ai dogmi religiosi) serve darsi da fare, per riconoscerli, guarirli e poter entrare in noi stessi. Occorre uscire da pregiudizi e pigrizie, ma anche comprendere il ruolo del tempo, anzi del “ciclo”. Soluzioni “chiavi in mano”, percio’, lasciamole al concessionario d’auto.

I trattamenti di riequilibrio energetico con al qxci-scio che eseguo sono ottima esperienza , oltre che per riequilibrare, anche per entrare in dialogo-rapporto con la parte piu’ inconscia di noi stessi, poiché indicano informazioni non mediate dalla razionalità e logica, piuttosto provenienti “dall’inconscio” della persona.

Un altro metodo utile e di grande sintesi, che puo’ essere la partenza del viaggio di scoperta di se stessi (e mai intendo questo in termini egoici e/o narcisistici), oppure una ispirazione o una verifica durante il viaggio stesso … è la consulenza che propongo con la Psicologia Astrologica Huber, che conobbi ormai decenni fa nella Svizzera tedesca, vicino a Zurigo, dai suoi fondatori, i coniugi Huber. Da loro feci il training per apprendere questo loro linguaggio.La loro sede didattica nei pressi di Zurigo, allora si chiamava Astrologisch- Psychlogisches Institut ed ora (morti entrambi) non esiste piu’.

Questo metodo astro-psicologio, un metodo e non IL metodo, consente di cogliere come molta sintesi e colpo d’occhio delle tematiche principali della propria vita; sopratutto è possibile avere indicazione, attraverso questo linguaggio simbolico, della direzione da seguire nella presente incarnazione, per favorire e promuovere la propria crescita interiore e il contatto con la propria “essenza”.

Un’ultima nota per distinguere religione e spiritualità: spesso nella persona religiosa, c’è la cosiddetta “fede in un dogma”; raramente si traduce anche in maturità dei propri livelli emozionale e mentale (e fisico), spesso anzi mostra palesemente una scissione tra un “ideale-dogma trascendente “e la vita qui“, qui la materia, là – da qualche parte- lo spirito; tale materia ha “il permesso” di eventualmente degenerare in noi, perchè siamo “peccatori” e poi “là”, qualcuno ci perdona o ci assolve. Abbiamo una assenza di pensiero critico (il dogma non si discute e ci mette al sicuro) ma un ancoraggio nella percezione sensoriale dei 5 sensi (che decodificano solo una minima parte di tutto l’esistente)

Nella persona autenticamente sulla via spirituale (che non è sinonimo di perfezione e infallibilità) c’è il senso della responsabilità personale e del proprio rapporto con l’Uno /Ente /Dio /Universo /Tutto /Creatore… come volete definirlo, senza intermediazione di esseri terreni che autorizzano, perdonano, intercedono, scomunicano, controllano etc etc.

Per dirla con Morfeo… “c’è una differenza tra sapere della via e camminare sulla via”…

Cristina Bassi

Fonte del Post: http://www.thelivingspirits.net/quantuum-healing/spiritualita-e-guardare-in-se-stessi.html

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