Thich Nhat Hanh: Cenni sull’interdipendenza.

L’interdipendenza illustrata con l’esempio della rete di Indra.

«La rete di Indra è una sorta di vasto intreccio cosmico che ha gemme preziose in ogni punto di incrocio dei suoi fili: le gemme collegate fra loro a comporre questa rete sono milioni, ognuna di esse minutamente sfaccettata. Quando si guarda una singola faccetta di una gemma vi si possono vedere riflesse tutte le altre.

Nel mondo dell’Avatamsaka Sutra, nella rete di Indra, l’uno è presente nel tutto e il tutto è presente nell’uno. I pensatori buddhisti si appropriarono di questa immagine meravigliosa per illustrare il principio dell’interdipendenza e dell’interpenetrazione.

Nel nostro ordinario mondo della discriminazione, una teiera è considerata come un oggetto singolo e indipendente; ma se la osserviamo oltre il suo semplice aspetto, vediamo che raduna in sé molti fenomeni – la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria, lo spazio e il tempo – e ci rendiamo conto che, di fatto, l’intero universo ha concorso a costituire quella teiera. È la natura interdipendente della teiera.

Un fiore è fatto di elementi di non-fiore come le nuvole, il terreno e la luce del sole, senza nuvole né terra non potrebbe esserci alcun fiore. Ecco l’inter-essere: l’uno è il risultato del tutto. Ciò che rende possibile il tutto è l’uno.

Di ogni formazione possiamo vedere la natura dell’inter-essere e dell’interpenetrazione. Interpenetrazione (o interdipendenza) significa che il tutto è nell’uno. Il fiore non può esistere da solo, deve inter-essere con ogni altra cosa. Tutti i fenomeni sono così. Il Buddha ha detto: «Questo è perché quello è».

È un insegnamento semplice, ma profondo: significa che ogni cosa è correlata a ogni altra. La luce del sole penetra nella vegetazione, la vegetazione penetra negli animali, noi ci interpenetriamo gli uni con gli altri. Nell’uno possiamo vedere il tutto, nel tutto l’uno; nell’uno tocchiamo il tutto, nel tutto tocchiamo l’uno. Ecco l’insegnamento dell’Avatamsaka Sutra, il più profondo di tutto il buddhismo sull’interconnessione.

Il fisico nucleare inglese David Bohm ha proposto i termini «ordine esplicato» e «ordine implicato» per indicare ciò che gli insegnamenti buddhisti chiamano realtà relativa e realtà assoluta.

Nell’ordine esplicato ogni cosa esiste al di fuori di tutte le altre: l’elefante esiste al di fuori della rosa, il tavolo esiste al di fuori del bosco, tu esisti al di fuori di me, eccetera. L’ordine esplicato è quello che vediamo quando non osserviamo le cose molto a fondo.

Ma, come ha scoperto Bohm, osservando più a fondo la natura di ogni cosiddetta particella elementare vediamo che quella singola particella è fatta di tutte le altre. I concetti che usiamo nella nostra vita quotidiana non si possono più applicare nel campo dell’infinitamente piccolo: in una particella puoi identificare l’esistenza di tutte le altre. Osservare in profondità la natura di una particella ci rivela l’ordine implicato, nel quale ogni cosa è contenuta in ogni altra. Questo è l’insegnamento dell’Avatamsaka Sutra.

L’ordine implicato corrisponde alla dimensione assoluta, l’ordine esplicato è equivalente alla dimensione storica. Nella dimensione storica ci sono concetti come nascita e morte, inizio e fine, questo e quello, essere e non essere; nella dimensione assoluta, invece, non c’è né nascita né morte, ne inizio né fine, né essere né non essere. La dimensione assoluta non può essere descritta con parole e concetti che, per loro natura, servono a tagliare la realtà in pezzetti separati.

Certo, per comunicare con gli altri, per studiare il buddhismo, dobbiamo usare parole, idee e concetti; comunque, alla fine, perché sia possibile la vera comprensione tutti questi concetti vanno rimossi. Parole come «io stesso» e «altro», «collettivo» e «individuale» non sono che i gradini di una scala: dobbiamo salire al gradino successivo e non lasciarci intrappolare da queste idee. Finché restiamo prigionieri di concetti, nozioni, idee e parole non possiamo arrivare alla vera comprensione e non raggiungeremo la dimensione assoluta.

Un insegnamento sull’interdipendenza che si trova nell’Avatamsaka Sutra ci mette in grado di girare la chiave che chiude la porta della realtà e sbarazzarci delle nozioni che abbiamo del mondo. I concetti che utilizziamo per dare una cornice alla realtà si dovranno disintegrare.

Sappiamo di avere polmoni per inspirare ed espirare; ma se guardiamo più a fondo possiamo vedere che anche le montagne e i boschi sono i nostri polmoni: anche senza di essi non potremmo respirare.

Abbiamo un cuore ben funzionante e sappiamo che non potremmo sopravvivere se non ci fosse il nostro cuore a pompare; ma se osserviamo più in profondità vediamo che il sole è il nostro secondo cuore: se il sole dovesse smettere di splendere moriremmo immediatamente, proprio come se il cuore, all’interno del nostro corpo, smettesse di funzionare.

Vediamo che il nostro corpo è il corpo del cosmo e che il cosmo è il nostro proprio corpo. Possiamo raggiungere questa visione profonda solo quando sappiamo vedere al di là dei concetti di dentro e fuori, sé e altro.

Osservando con gli occhi dell’Avatamsaka Sutra, vediamo che il cosmo e tutti i fenomeni che vi si producono fanno parte della rete di Indra e ci rendiamo conto che concetti come uno e molti, venire e andare, collettivo e individuale, sopra e sotto, ma anche essere e non essere non si possono applicare alla realtà assoluta.»

Tratto da: “La via della trasformazione“, di Thich Nhat Hanh

Fonte: https://www.meditare.it/wp/risorse/cenni-sull-interdipendenza-thich-nhat-hanh/

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