Tony Parsons: Mente, meditazione e meditatore.

Blog Nube Magellano

Mente, meditazione e meditatore.

T.P. = Tony Parsons
I. = Interrogante

T.P.: La mente si attacca all’idea che ciò che sta cercando sia uno stato, qualcosa a cui si possa attenere e attorno al quale si possa costruire un recinto. La meditazione è uno dei modi in cui la mente cerca di stabilire tale stato. La teoria è – piuttosto corretta in apparenza – che se ti siedi e mediti, allora c’è la possibilità di raggiungere uno stato in cui non ci sia più un meditatore. Potresti dire che stai raggiungendo uno stato in cui non c’è più un “me”. La gente si siede, medita formalmente e scopre che c’è uno spazio in cui non c’è un meditatore, dove non c’è più nessuno. Questo stato può durare per ore, minuti, o persino secondi. La difficoltà è che, in seguito, l’apparente meditatore ritorna, si alza, va in cucina a farsi una tazza di tè e sorge la frustrazione perché lo stato in cui era non necessariamente è ancora lì. C’è anche la meditazione in cui si crea uno stato di beatitudine che può essere davvero molto piacevole, ma quando se ne esce per fare qualcosa o si ritorna, allora non è detto che la beatitudine sia ancora lì.

La teoria è che più si può favorire questo stato del meditatore che non c’è o della presenza di beatitudine, allora, forse, più si potrà stare lì in modo permanente e vivere nella beatitudine o nel non esserci. In realtà, però, l’intera faccenda è artificiale, in quanto basata sull’idea che l’illuminazione sia una cosa distinta da ci che è normalmente conosciuto. “C’è uno stato chiamato ‘nessuno’ che è illuminazione. Quindi, se lo posso catturare, posso in qualche modo costruirci un pezzo di recinto attorno e viverci dentro”. La frustrazione della meditazione è che è come cercare di trattenere della sabbia tra le dita: semplicemente scivola via. Questo tipo di tentativo di fissare qualcosa è come provare a scrivere sull’acqua.

Ciò di cui stiamo parlando qui è qualcosa che, in realtà, è già il caso. Ciò di cui stiamo parlando qui è qualcosa che non è mai venuto e non va mai via. E’ presenza, è immobilità… Le parole non la esprimono, ma non è uno stato e non è qualcosa che è qui e poi non è più qui. In realtà è tutto ciò che è. Ciò che si mette di mezzo nel conoscere questo, sei tu, è la mente, è il “me” che vuole trovare questo stato. E nessun cumulo di ore di meditazione, di sacrificio o di purificazione, o niente del genere, permetterà mai a questo di emergere, perché non ha bisogno di emergere. E nessun cumulo di ore di meditazione o di purificazione distruggerà mai l’illusione del “me”, perché l’intero sforzo del provare a distruggere l’illusione del “me” continua a rafforzare l’azione del “me”.

I.: Ciò che accade è che ti avvicini ad assaporare questa cosa, ma il fatto di stare eseguendo una tecnica crea la sottile sensazione che ci sia un qualcosa da raggiungere. Diventa una barriera davvero allettante e, allo stesso tempo, irraggiungibile, perché sai che c’è qualcosa laggiù, ma il fatto che stai eseguendo una tecnica rafforza la sensazione che non sia ciò che sei già.

T.P.: Assolutamente. E il condizionamento nelle nostre vite è tale che questa idea risulta molto attraente. Per diventare un buon tennista devi fare pratica ogni giorno […] Se corri cinque ore al giorno diventerai un ottimo corridore. E’ come per tutto il resto: siamo condizionati a credere che lo sforzo possa portare risultati. […] Nell’ambiente della meditazione, nelle scuole di meditazione e in quella sorta di sistema, invece, si è fortemente spinti verso qualcosa che faccia ottenere il risveglio. Sia chiaro che ciò che qui è suggerito non è di avere o non avere un sistema, ma di vedere se ci sia un qualcuno che possa averlo o no. […]

Tratto dal libro: “The open secret, Tutto ciò che è”, di Tony Parsons.

Confidando di averti fatto cosa gradita, con affetto, Sid… Love*

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