Tutto deve cambiare? Nulla deve cambiare?

Tutto deve cambiare? Nulla deve cambiare?

La vita è una schifezza. Oggi piove, è proprio una giornata di merda. Odio dovermi alzare la mattina per andare a lavorare. Non è giusto che le cose vadano così. In questo mondo non esiste giustizia alcuna. L’umanità non merita nulla. Nessuno mi capisce. Non c’è nulla che funzioni. Così non va bene, dovrebbe essere cosà. Bisognerebbe cambiare tutto, perché così non si può più andare avanti…

E poi? E poi non cambia nulla, ammesso che qualcosa o qualcuno debba effettivamente cambiare.

Frasi comuni, ripetute fino allo sfinimento, in Europa, nelle Americhe, in Africa, in Asia… ovunque… o quasi, indipendentemente dalla cultura, dalle tradizioni, dalla religione, dallo stato sociale; segno evidente che, effettivamente, qualcosa pare non funzionare nella mente degli esseri umani… probabilmente fin dagli inizi dell’umanità, non certo prerogativa esclusiva di questa epoca.

Chi è esente da questo “modello” di affermazioni… scagli la prima pietra. Capita o è capitato a chiunque, forse.

Parrebbe quindi un “fenomeno” collettivo, un atteggiamento diffuso ad ogni individuo, indipendentemente dall’ambiente, dall’epoca, dal contesto, dalle condizioni socio-economico-culturali, dal credo religioso/ateo/agnostico… uno dei fenomeni che più di tutti, per quanto paradossale possa apparire, ci accomuna, in quanto esseri umani.

Sembra che nella lamentela e nel giudizio l’umanità abbia trovato l’Unità, l’essere Uno. Tutti, o quasi, giudichiamo; tutti, o quasi, ci lamentiamo; tutti, o quasi, auspichiamo un cambiamento; tutti o quasi, attendiamo qualcuno o qualcosa che porti alla luce questo cambiamento… e, nell’attesa, tutti, o quasi, rimaniamo identici riguardo la perniciosa attitudine al giudizio ed alla lamentela. Fantastico!

E, da questo atteggiamento, ecco nascere i desideri, le speranze, i sogni, le illusioni, le delusioni, i conflitti, le vittorie, le sconfitte, le prevaricazioni, che non fanno altro che alimentare altro giudizio, altre lamentele e così di seguito, all’infinito. E, intanto, si affoga nella sofferenza, nello sconforto, nell’ansia, nello stress, nell’inimicizia, nell’egoismo e quant’altro di genere simile. Spettacolare!

E, guarda caso, tutta questa supposta ingiustizia e nefandezza… dove la vediamo? Nel mondo, cioè nell’ “altro” rispetto a me. Tanto per cambiare, siamo già arrivati alla posizione psicologica e spirituale conosciuta come “io, da una parte e tutto ciò che non è me dall’altra”. Ottimo!

Io sono io, tu sei tu, loro sono loro e noi siamo noi. Io sono qui, dentro questo corpo e l’universo intero è fuori di me. Un minuscolo, fragile e impotente individuo che si è venuto a trovare solo, o quasi, in balia di forze esterne, infinitamente più grandi di lui, che sembrano fregarsene altamente dei suoi innumerevoli problemi.

Che so… dei, divinità varie, architetti cosmici, alieni… dio stesso, che in comune pare abbiano il disprezzo o un disinteresse totale per questo povero, miserabile individuo, così tanto bisognoso di aiuto… come un bambino appena nato, che ha l’assoluta necessità di qualcuno che lo aiuti a sopravvivere. E, chi lo sa, magari potrebbe anche essere così… Sì? No?

Alcuni affermano che si tratti di un cammino evolutivo inevitabile… dall’indefinito primordiale, al soggettivamente definito, per giungere poi, consapevolmente, all’Unità di tutto Ciò che E’. Potrebbe anche essere, ma io non lo so, perché non conosco la verità. Conosco però, o meglio… riconosco però la menzogna, la falsità.

E’ indubbio e incontestabile che, al fine di emettere un giudizio su qualcosa o qualcuno, prima di poterlo fare, devo aver creato una differenza, una divisione, tra colui che giudica e ciò che viene giudicato. E’ un fatto, non è una teoria.

Se affermo che qualcosa deve o dovrebbe cambiare, a monte di questo desiderio o bisogno o imperativo categorico o ciò che ti pare, deve esserci stata una separazione, una distinzione psicologica e spirituale, altrimenti mi sarebbe impossibile anche solo concepire l’idea del cambiamento, di un qui e un lì, di un meglio e un peggio. Anche questo è un fatto, non certo una teoria.

Sto forse affermando che non si deve giudicare? Sto forse dicendo che non si deve o che si deve cambiare?

Nulla di tutto ciò. Sto semplicemente tentando di argomentare su cosa si basi psicologicamente e spiritualmente il giudizio, che è l’atteggiamento a cui, successivamente, segue l’idea del “si deve” o “non si deve” cambiare qualcosa o qualcuno. Sto elencando fatti concreti, verificabili da chiunque; dogmi qui non ce ne sono, né interessano.

Se sono consapevole di cosa si trovi a monte di una qualsiasi idea di cambiamento – o di mantenimento dello status quo – forse, nella mia psiche accadrà qualcosa, come anche no; non esiste certezza alcuna. Ma posso comunque rendermi effettivamente conto che mi trovo al cospetto di un processo di divisione, che la mia psiche ha determinato e determina e in cui “io” sguazzo.

E cosa comporta la divisione? In primo luogo: Paura.

Se, facendo un esempio, mi sento separato dalla vita, trascorrerò i miei giorni cercando di affrancarmi dai “tiri mancini” che la vita potrebbe farmi, in qualsiasi momento. Dovrò pertanto preoccuparmi di reperire tutto ciò che mi può essere necessario per sopravvivere e, contemporaneamente, in me nascerà il timore di non riuscirci; poi, in caso di successo, dovrò organizzarmi per difenderlo da chi, come me, si preoccupa della sua sopravvivenza e a cui potrebbe nascere l’idea malsana di venire da me per fregarmi ogni cosa… ti torna? Se vuoi, puoi proseguire tu con l’esempio.

Quindi: paura, ansia, sospetto, inimicizia, egoismo e, dulcis in fundo… conflitto… infatti, è solo una questione di “tempo” … prima di giungere al “maestoso” concetto di: Mors tua, vita mea. Che magnificenza!

Ma come! Siamo partiti dal cambiamento di un minuscolo aspetto della quotidianità e ci ritroviamo al conflitto e alla guerra? Certo che sì… è proprio da qui che si parte, dalla separazione e dal giudizio, un’autostrada per la distruzione, la sofferenza e l’uccisione. Accidenti! L’avresti mai detto?

La menzogna è la divisione, la separazione… la Verità è la Vita, che è sinonimo di Integrità, cioè Integro.

Non cerchiamo, però, di spiegare la Vita, non tentiamo di scovare parole, concetti, canoni morali ed idee per inquadrarla secondo la nostra cultura, tradizione, religione, convincimenti… restiamocene in Silenzio e Viviamo ciò che ci troviamo a vivere… senza giudizio, senza lamentela.

Se poi si preferisce lamentarsi, giudicare e arrabattarsi in mille modi per ottenere questo, piuttosto che quello… bene uguale… si vede che la menzogna esercita una grandissima attrattiva su chi se ne nutre. Ad ognuno il suo.

L’esterno serve per comprendere l’interno. Conoscere l’interno lo trasforma. Trasformato l’interno, l’esterno non può che corrispondere, trasformandosi a sua volta e senza alcuno sforzo “personale”. Il paradosso è che diventa auto-evidente che non c’è nessun interno, come non c’è nessun esterno, ma c’è solo Vita.

Detto tutto ciò… cosa pensi che dovrebbe cambiare nella tua vita o nel mondo? Lascio a te la facoltà di risposta.

Con affetto, Sid… Love*

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