Una conoscenza relativa.

Terra x Blog + Nero 2015

La conoscenza è relativa.

Il Buddhismo da sempre ha sottolineato il concetto di impermanenza, insegnandoci che tutto cambia ed è mutevole, e che possiamo solo trovare verità o conoscenze provvisorie. Anche il Tao afferma che il divenire è la legge di tutte le cose.

Ci troviamo immersi in una cultura che ha foggiato per noi regole e norme, e che ci fa reagire secondo schemi obbligati e convenzionali di comportamento e di pensiero. Quando invece un paradigma cambia, si assiste ad un forte scossone culturale e possiamo arrivare ad un punto in cui le cose che credevamo vere cessano di essere tali, ovvero l’assoluto diventa relativo. A questo punto perdiamo le nostre sicurezze acquisite, ma non si tratta di un punto finale, bensì di un inizio.

Il Buddhismo insegna proprio la relatività del reale e del conoscere, sostenendo che:

– è possibile avere domande senza alcuna risposta.
– è meglio riconoscere di non sapere, piuttosto che credere di sapere.
– la natura è paradossale, e dunque non entra tutta nella nostra logica.
– nulla è certo.
– se qualcosa sembra certo oggi, può non esserlo domani.
– nulla dura per sempre uguale a se stesso.
– tutto cambia e si trasforma.
– in etica come nella scienza tutto è mutevole.

Possiamo, in sostanza, appoggiarci solo a verità e conoscenze parziali e provvisorie.

Imprinting:

Noi nasciamo e cresciamo nell’ambito di una certa particolare cultura, la quale costituisce il condizionamento primario che ci avvolge, l’imprinting di base che ognuno si porta addosso. L’imprinting di un ragazzino pakistano cresciuto in una scuola coranica, è diverso da quello di un ragazzino americano, o di un ragazzino rohm, o induista. L’ambiente ci conforma, impressiona il nostro cervello fin dalla prima infanzia, creando sinapsi fisse e circuiti prefigurati, che segneranno il nostro modo di pensare e di agire nel futuro. L’imprinting culturale condiziona il nostro bagaglio di informazioni o credenze, il nostro pensiero, il modo con cui usiamo la mente e addirittura il modo con cui usiamo i nostri sensi, persino la vista: infatti vediamo solo ciò che vogliamo vedere o che ci hanno insegnato a vedere. Siamo culturalmente ipnotizzati o fortemente condizionati fin dalla nascita.

Ogni civiltà ha le sue caratteristiche e i suoi modi di condizionare. In genere, crediamo che ciò che ci hanno insegnato come vero, sia vero in modo assoluto. Einstein diceva che combattere contro i pregiudizi o le idee radicate è la cosa più difficile da attuare. Ma a volte fa bene smontare le certezze e dire: non esiste il tempo, lo spazio, la materia e la causa. Non esistono come oggettività, ma sono forme culturali condizionanti.

A tutti, ad esempio, sembra assolutamente vero che il tempo vada solo in avanti e non indietro, e che proceda linearmente come un vettore orientato. Ugualmente crediamo che esista uno spazio in cui sono situate le cose materiali, o che gli eventi abbiano sempre delle cause. Ci sembra anche assolutamente vero che gli oggetti siano materiali, solidi e concreti. Ma sono credenze illusorie, che derivano sempre da ciò che ci è stato insegnato, da come abbiamo imparato a percepire e pensare. E’ solo la nostra mente a trasformare in enti assoluti quelle che sono solo convenzioni culturali.

Il Buddhismo insegna la relatività della realtà e della conoscenza, ci dice che la natura può essere paradossale, e che non può essere spiegata con la sola logica o col materialismo, che nulla è certo, e che se qualcosa sembra certo oggi, può non esserlo domani, e ancora, che nulla resta uguale a se stesso, nemmeno noi. In sostanza, ci insegna che tutto cambia ed è mutevole, e che possiamo solo trovare verità o conoscenze provvisorie. Il Buddismo ci insegna che il mondo è apparenza e che la materia è illusione.

Ma non solo tutto è relativo e può cambiare, possiamo addirittura percepire realtà diverse, aprendo ulteriori canali percettivi. Anche una persona razionale e logica, a seguito di un trauma (ma anche senza), può aprire nuovi canali mentali e percepire altre realtà, travalicare il tempo e lo spazio, conoscere istantaneamente ciò che accade in altri tempi e luoghi. Può scoprire che il tempo può scorrere all’indietro, e che si può avere memoria del futuro, che la lontananza non esiste o la causa non sempre ha un effetto o lo precede, che vi sono effetti senza causa, e che la lettura del mondo può avvenire per finalità, rovesciando ogni determinismo.

Per quanto strano possa sembrare, la mente di un sensitivo non si muove dentro i paradigmi della mente ordinaria. Egli si connette a elementi inspiegabili, secondo la fisica newtoniana, ma possibili secondo la fisica quantistica. Abbiamo una certa difficoltà a capire ciò che i nostri condizionamenti determinano in noi, e ad accettarlo, non ci sembra possibile che il mondo sia conoscibile in modi diversi, ma anche questo è solo un pregiudizio, un atto dogmatico. Ci può essere un fanatismo della ragione, come ce ne sono della fede, del pregiudizio o della convenzione. Essere abituati a qualcosa, vuol dire essere portati a credere fermamente in quella cosa. I pregiudizi ci dominano, sono forme difensive a cui restiamo aggrappati per timore della dissociazione e del caos cognitivo. E tuttavia è possibile sfuggire al dogmatismo e alla prigionia culturale attraverso la saggezza, aprendoci ad altre vie. Si tratta di un’avventura dello spirito.

La conoscenza è dunque relativa a quanto ci hanno insegnato, al nostro particolare modo di essere, al nostro percorso lungo la scala della consapevolezza, e ai canali che in noi si sono aperti o sono rimasti condizionati. Pensare di essere un modello assoluto e pretendere che tutti debbano essere o pensare come noi è solo provincialismo cognitivo. Accettare tutte le differenze possibili e tutte le vie/scelte diverse dalle nostre, è un modo per uscire dal nostro limitato e limitante angolo culturale, per spaziare liberi.

Einstein, il tempo e lo spazio:

Einstein ha posto la teoria della relatività, come Newton, guardando il cielo, ma la relatività può riguardare tanto i cieli, quanto l’essere in generale. Einstein studiava l’infinitamente grande, le galassie, i buchi neri… Dopo di lui la meccanica quantistica studiò l’infinitamente piccolo, l’atomo, gli elettroni, le particelle subatomiche. Einstein surclassò Newton uscendo dall’universo tridimensionale dei corpi solidi (lunghezza, larghezza e altezza) e introducendo la variabile tempo. Egli diceva che un evento ha senso e lo si può studiare, solo entro un sistema di riferimento, in cui spazio e tempo sono tutt’altro che assoluti. Parlava di geometrie spazio-temporali a 4 dimensioni. Era la prima volta che questo veniva fatto e permise di scoprire eventi piuttosto strani.

Einstein trovò la costante fissa dell’universo, il suo limite invalicabile, ossia la velocità della luce: 300.000 km al secondo, e scoprì che avvicinandosi a quel limite accadevano cose bizzarre. In un esempio famoso disse: “Immaginate due gemelli, dei quali uno resta sulla Terra, mentre l’altro parte con un’astronave diretta nello spazio, a una velocità prossima a quella della luce. Accade quindi che quando il gemello astronauta torna sulla Terra, è più giovane di quello che vi è rimasto, perché uscendo dalla geometria spazio-temporale terrestre, il suo tempo è cambiato, è scorso più lentamente”. Quindi il tempo non è un assoluto, ma una variabile che dipende dalla velocità.

Analogamente, se si potesse lanciare una matita nello spazio a velocità prossima a quella della luce, quella matita diventerebbe più corta, cioè la sua lunghezza cambierebbe. Quindi anche lo spazio non è un assoluto, ma anch’esso una variabile che dipende dalla velocità. Così una particella elementare che si sposta a una velocità prossima a quella della luce, vede il tempo dilatarsi e lo spazio contrarsi. Le particelle lanciate dai reattori nucleari, come il CERN di Ginevra, hanno vita più lunga di quelle a riposo.

Così Einstein fece crollare il determinismo newtoniano che voleva spazio e tempo come assoluti. Ma se persino spazio e tempo sono variabili dipendenti, figuriamoci come lo sono le condizioni mentali, le credenze, i valori… “Strane cose” avvengono, infatti, rallentando le lunghezze d’onda cerebrali o vivacizzandole, modificando i circuiti cerebrali e le percezioni conseguenti. Poiché siamo come un insieme di circuiti elettrici, possiamo ipotizzare che, variando la velocità delle emissioni elettriche del cervello, sia possibile precipitare in visioni della realtà totalmente alternative, dove possibilità e conoscenza si configurano diversamente.

E’ come se la realtà ordinaria fosse relativa a una certa geometria spazio-temporale, percepibile da una certa velocità delle onde mentali, ma da cui possiamo uscire imprimendo alla mente una velocità diversa. Quindi, variando la velocità delle onde cerebrali, si aprono altre geometrie spazio temporali, dove eventi che nel mondo ordinario sarebbero insensati e paradossali, diventano perfettamente possibili e coerenti. Curiosamente, la mente “paranormale” entra in un universo che ha molte affinità con le scoperte della fisica quantistica riguardanti le microparticelle.

Tutto questo è sconcertante e traumatico. E’ come passare dalla percezione del rosso a quella degli infrarossi, dal violetto agli ultravioletti. E quello che incontriamo oltrepassando questi limiti è un’altra realtà. Quando i fisici quantistici ‘videro’ una realtà diversa da come se la immaginavano, il cambiamento fu tale che alcuni di loro tentarono di suicidarsi. E questo perché l’uomo basa la propria vita su due certezze: il suo corpo e la sua mente, o meglio sull’immagine che ha del suo corpo e sui contenuti che è abituato ad avere nella sua mente. Egli dipende dunque da un estremo attaccamento abitudinario a un certo tipo di percezione materiale, e a un certo tipo di funzionamento ideativo.

Questa abitudine è rassicurante e abbandonarla è sconvolgente. Minaccia le certezze primarie. Nella staticità e nell’abitudine c’è gran parte della sensazione di sicurezza dell’uomo. Nessuno accetta facilmente le variazioni di stato, né materiali né cognitive e molti aggrediscono chi apre nuove possibilità, considerandolo un eversore.

Resistenza delle certezze dogmatiche:

Così ai primi del ’900, quelli che intesero la scienza in modo nuovo furono considerati eretici, come sempre avviene per i precursori. Quando la fisica quantistica nacque, Einstein stesso la avversò, e passò il resto della sua vita a tentare di dimostrare come essa fosse in errore. Nemmeno uno scienziato geniale come Einstein, riusciva a sopportare che il suo mondo di certezze logiche fosse sovvertito. L’ordine dell’universo e la sua misurabilità e prevedibilità, erano dei dogmi che la fisica quantistica distruggeva, mostrando eventi paradossali, o non determinabili, non misurabili, imprevedibili, caotici. Di qui la sua famosa affermazione: “Dio non gioca a dadi”: in sostanza Einstein non sopportava che si introducessero affermazioni probabilistiche o addirittura il caos.

Il dogma è ciò che ci hanno insegnato e che crediamo come assoluto. I dogmi si fissano nella religione come nella scienza, nell’economia o in qualsiasi altro aspetto della vita umana, quando essa non è evolutiva, ma si subordina a sistemi di potere. E’ la mutevolezza, la variabilità e l’imprevedibilità del mondo stesso, a spingerci a ricercare rassicuranti certezze in un mondo percettivo o mentale. Ma a questo principio statico e conservativo della natura se ne contrappone un altro, paradossale, che sfida invece proprio le certezze, per cercare, attraverso l’avventura della conoscenza, la sua evoluzione.

I dogmi si fissano nella mente quando questa è incapace di evolvere, e quindi si attacca alle proprie credenze e conoscenze come a un sostegno. Ma la realtà è qualcosa di troppo superiore perché l’uomo possa contenerla o raffigurarla, sia che si tratti di realtà terrena o divina. C’è un fideismo della scienza come della religione, in cui la ricerca si trasforma in potere. Il potere è conservativo, la ricerca evolutiva. Da sempre la storia umana è la storia di questo conflitto.

Tanto nella scienza, quanto nella religione, possiamo avere l’intuizione di una relatività interpretativa, di una insufficienza esplicativa. Ciò consiglierebbe maggiore prudenza nei nostri giudizi, se l’uomo non fosse anche un dominatore che usa tutto quello che ha per prevaricare gli altri. E’ questo elemento di potere che interferisce sempre col sapere. E la scienza e la religione sono campi di potere esattamente come la guerra, il mercato o la finanza, che poi sono tre facce di uno stesso impulso dominante.

Vediamo bene come nel tempo anche le risposte scientifiche siano state considerate dogmi inviolabili come quelli religiosi. Per questo Galilei venne condannato al silenzio. Questa è una storiellina, tratta dal libro di Anthony De Mello: “Shock di un minuto”, che parla di religione, ma che possiamo allargare alla scienza:

“Un credo religioso non è un’affermazione della realtà, ma un indizio, una traccia di qualcosa che resta un mistero inafferrabile per il pensiero umano. In breve, un credo religioso è solo un dito che indica la luna. Alcune persone religiose non vanno mai oltre lo studio del dito (conoscenza superficiale o formalistica). Altre sono impegnate a succhiarlo (se ne alimentano). Altre ancora usano quel dito per cavarsi gli occhi. Questi sono i bigotti resi ciechi dalla religione (qui abbiamo il pregiudizio, l’autoasserzione che nega il diverso e sfocia nel dispotismo). Sono rari davvero i religiosi sufficientemente distaccati dal dito, in modo da vedere ciò che esso indica… Questi sono quelli che, essendo andati oltre la fede, sono considerati blasfemi”.

Per un certo periodo i nuovi fisici furono considerati blasfemi. Un credo scientifico può infatti essere violento come un credo religioso, e usare le stesse categorie valutative che si usano per il divino. Noi non accettiamo volentieri i mutamenti del corpo e delle idee, eppure la conservazione è un’assurdità, e per evolvere dobbiamo liberarcene. Il primo impegno in qualsiasi forma di ricerca è l’apertura mentale, è la curiosità che dona il coraggio di abbandonare la zattera delle nostre convinzioni abitudinarie, per procedere “in mare aperto” con mezzi più potenti.

Se a causa della nostra insicurezza e miopia, non riusciremo a comprendere il concetto della relatività del tutto, continueremo a vivere in una realtà dogmatica che crederemo assoluta, accettando che si consideri eretica ogni forma di variazione e dissenso.

Fonte del Post: http://www.fisicaquantistica.it/fisica-quantistica/la-conoscenza-relativa

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