Wei Wu Wei: Chi sono.

Chi sono.

Tratto da: “Il Decimo Uomo” – parti scelte.

IN MEMORIAM

Non sono soggetto allo spazio, quindi non conosco ‘dove’, non sono soggetto al tempo, quindo non conosco ‘quando’, quello che è lo spazio-tempo io sono e nulla di finito mi appartiene.

Essendo da nessuna parte, sono in ogni ‘dove’, essendo dappertutto non sono in nessun ‘dove’, perché non sono alcun ‘dove’ né nessun ‘dove’.

Né dentro né fuori alcuna cosa o nessuna cosa, né sopra né sotto, né dopo né prima, da nessun lato di qualche o di nessuna cosa.

Non appartengo a ciò che è percepibile o conoscibile, perché percepire e conoscere è quello che sono, non sono al di là di qui o là, dentro o fuori, perché anch’essi sono quello che io sono.

Non sono esteso nello spazio, non sono sviluppato nella durata; tutte queste sono mie manifestazioni, tutte queste sono immagini concettuali di quello che sono, perché è la ma assenza, la mia assenza assoluta, che rende i concetti concepibili.

Sono onnipresente sia come assenza che come presenza, perché, come Io, non sono né presente né assente.

Non posso mai essere conosciuto come un oggetto della mente, perché sono quello che conosce e anche la ‘mente’ è un mio oggetto.

TROVANDO IL RICERCATORE

Quando la Luce cerca l’Oscurità, l’unica cosa che si trova è la comprensione che ciò che è stato ‘trovato’ è l’assenza di quello che stava cercando. Tutto quello che un Ricercatore può trovare è la sua stessa assenza, perché questo che sta cercando è tutto quello che può essere trovato.

Chiedersi ‘chi sono io?’, dunque, è la Luce che cerca l’Oscurità di un ‘me’ e trova che non c’è nessun ‘Chi?’ ma solo l’assenza della presenza di questo-che-sta-chiedendo.

Nota: Perché la Luce cerca l’Oscurità? Perché non c’è nient’altro nel Cosmo che non abbia trovato.

Non avendo trovato nessun sé che non sia l’altro, il ricercatore deve trovare che non c’è altro che non sia sé, così che in assenza sia dell’altro che del sé possa essere conosciuta la pace perfetta della presenza della assoluta assenza.

PEZZI SCONCERTANTI E DOLOROSI

Chi?
Non posso dirlo,
Non posso conoscerlo,
Non posso esserlo.
Perché io sono quello,
E tutto quello che è, è Io sono.

  • La Luce non trova l’Oscurità di un ‘me’ perché l’Oscurità di un ‘me’ non è mai stata altro che l’assenza della Luce.
  • Ci sentiamo miserabili a meno che il sole non brilli, ma se il sole stesse brillando dentro non dovremmo nemmeno notare se il debole sole fenomenico brilla o meno.
  • C’è bisogno di un’estrema umiltà per capire e un assoluto silenzio della mente. Si potrebbe persino dire che l’umiltà assoluta E’ il comprendere. Perché? Che cosa significa ‘umiltà’ se non l’assenza della coscienza di sé?
  • ‘Non hai nessun bisogno di cercare la liberazione perché non sei prigioniero’ (Hui Hai che parla) (Hui Hai è un maestro cinese a cui talvolta fa riferimento Wei Wu Wei)
  • Rivolgi la luce su te stesso e, credimi, non troverai nulla.
  • La paura, il desiderio, l’affettività, sono manifestazioni della pseudo-entità che costituiscono la pseudo-prigionia.
  • E’ l’entità, piuttosto che le sue manifestazioni, che deve essere eliminata.
  • ‘Io’ è una parte, ma Io sono intero.
  • Per quanto veloce puoi correrle dietro non la catturerai mai; per quanto veloce ne scappi via non la perderai mai.
  • Non c’è nessun ‘Io’ perché non c’è nient’altro-che-Io.
  • Lascia gli oggetti a se stessi, se ce ne sono, e riconosci l’assenza del loro soggetto come un oggetto.
  • Il vuoto deve essere anche vuoto di vuotezza.
  • Non posso diventare quello che sono. – Un occhio vede ma non guarda – Io guardo.
  • Un’altra attività buffa è tentare di liberarsi o scappare da un ‘sé’. Come può un’ombra eliminare se stessa? L’ombra scomparirà nel momento che la sua sostanza non viene più vista come tale, perché allora non ci sarà nulla che possa creare un’ombra.
  • La ‘vuotezza della mente’ è quello che rimane quando la mente è svuotata della mente.

IL GROSSO SCHERZO

Finché c’è un ‘tu’ che fa o non fa qualunque cosa, pensare o non pensare, ‘meditare’ o ‘non-meditare’, tu non sei più vicino a casa del giorno in cui sei nato. Per quanti anni tu abbia cercato e qualunque cosa tu abbia capito o non-capito, tu non hai ancora cominciato, se c’è un ‘tu’ che è ancora in sella. Finché tu fai qualunque cosa partendo da un ‘te’, tu sei imprigionato’.

ESISTE L’EGO? (da “Perché Lazzaro ha riso?”)

UNO: Buon giorno.Come stai?
L’ALTRO: Io sono. E tu?

UNO: Di pessimo umore.
L’ALTRO: Chi è di pessimo umore?

UNO: Chi? Io lo sono, naturalmente.
L’ALTRO: Impossibile. Di che cosa stai parlando?

UNO: Del mio ego.
L’ALTRO: Il tuo cosa?

UNO: Il mio ego.
L’ALTRO: Che cos’è?

UNO: L’ego, e-g-o, quella cosa confusa che ci tiene tutti imprigionati, l’identificazione n° 1, la causa di tutti i problemi.
L’ALTRO: Non conosco una cosa simile. Esiste davvero? E se sì, dove? Non ho mai visto nulla del genere. Tu soffri di allucinazioni. Non dovresti lasciarti prendere dall’immaginazione.

UNO: Un momento, tutti abbiamo un ego. Può essere un’illusione e cose del genere, infatti lo sappiamo che è così, ma, vivendo come viviamo, ci turbiamo e ci offendiamo per questo e per quello, e che cos’è che sente queste cose, se non il nostro ego?
L’ALTRO: Sei legato saldamente al tuo linguaggio dualistico, come un gattino a un gomitolo di lana.

UNO: Beh, allora scioglimi, da buon amico.
L’ALTRO: Sarebbe un processo laborioso, tagliamo la lana. L’ego è un concetto, come ben sai, una nozione, al più un’ipotesi di lavoro, una supposizione, un simbolo algebrico come pi-greco, qualcosa di ipotizzato, che può servire da base per spiegare l’inspiegabile.

UNO: Completamente irreale e cose del genere. Sì, sì, lo sappiamo bene!
L’ALTRO: Lo sai bene e tuttavia continui a comportarti esattamente come se ancora credessi che fosse la realtà. Continui ad attribuire le reazioni a un qualcosa che dici di sapere che è immaginario. E continui ad indignarti con gli altri per essere soggetto a qualcosa che sai che è immaginario. In breve, sai che è soltanto una nozione, un concetto e tuttavia continui a pensare che sia reale.

UNO: Ma se sono di cattivo umore, e lo sono, che cos’è che mi dice questo se non il mio ego, che è ancora lì, malgrado io sappia che non esiste?
L’ALTRO: Affronta i fatti, affronta i fatti! Se non è lì, come può essere di cattivo umore? O offeso? O qualunque cosa?

UNO Ma io sono di cattivo umore e furioso.
L’ALTRO: Nonsenso. Tu non sei nulla. E’ solo una commedia quella che stai facendo. Stai recitando una parte e attribuisci le tue reazioni ad un ego immaginario. Il cattivo umore o qualunque altra reazione emotiva è solo un po’ di colore che si aggiunge all’affettività. Tu stai soffiando delle bolle e dando loro un nome e degli attributi. Quando scoppiano le conoscerai per quello che sono, solo deviazioni passeggere della realtà della tua mente.

UNO: Anche se so che l’ego non è realtà, mi comporto ancora come se lo fosse. Lo ipotizzo ancora, ci penso ancora, gli attribuisco ancora le mie reazioni. Sì, sì, io sono. Ma non lo siamo tutti? Che cosa vuol dire?
L’ALTRO: Il numero che hai pensato per primo, lo zero. La comprensione intellettuale senza assimilazione è come una cornice senza il quadro.

UNO: Come ci inserisco un quadro?
L’ALTRO: Ho detto il quadro. La tela è ora coperta dalle tue immaginazioni emotive, molto colorate. La perfezione viene ottenuta, come disse St. Exupery, non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da scartare.

UNO: Dovremmo forse sopprimere le nostre reazioni emotive?
L’ALTRO: Se tu lo potessi produrrebbe solo l’effetto noto come trauma psichico.

UNO: E allora?
L’ALTRO: Stiamo discutendo ora la confusione elementare tra il vuoto mentale e il vuoto che è pienezza. L’attenzione corretta, l’affettività soprasensuale, non vengono colorate dalle reazioni emotive. Quello è il quadro che non è un quadro, dentro a una cornice che non è più una cornice.

UNO: Può una persona ordinaria fare questo?
L’ALTRO: Perchè no? Non c’è niente da fare. E’ già lì, sempre, il solo aspetto permanente e immutabile di quello che sei.

UNO: Ma come ci si arriva?
L’ALTRO: Dici che sei di cattivo umore. Come dice Ramana Maharshi, chiediti chi è di cattivo umore? E che cos’è in ogni caso il cattivo umore? Vedrai subito che non c’è nulla da nessuna parte che possa essere di cattivo umore, né una cosa come il cattivo umore. Bolle che si danno dei nomi l’un l’altra! Rompile. Bang, sono svanite! Che cosa rimane?

UNO: La corretta attenzione, l’affettività sopra-sensuale, pura come luce, trasparente come luce, solo – – consapevolezza!
L’ALTRO Finalmente hai capito! Cominciamo da capo, partiamo da zero: Buon giorno, come stai?

UNO: Io sono. E tu?
L’ALTRO: Più che mai di pessimo umore!

Fonte: http://laclassedelrisveglio.blogspot.com/2011/01/chi-sono-wei-wu-wei.html

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