Non abbiate paura.

Non abbiate Paura.

Spesso, cadiamo nell’errore di credere che le forze oscure si siano accanite contro di noi, o che la Vita si sia dimenticata di noi. Più chiediamo alla Vita di vivere nell’Amore, di realizzare il Sé e maggiore è la potenza con cui l’irrisolto emerge, a tratti in modo terrificante.

E’ qui che alcuni mollano, o rimandano, supplicando per dilazioni. Poiché realizzare il Sé non significa realizzare se stessi, il proprio Ego, il “piccolo me”, che non è altro che un agglomerato di pensieri con il quale ci siamo identificati erroneamente.

Realizzare il Sé significa riconoscere l’Unico Sé che realmente esiste, alla cui presenza l’Ego svanisce e, poco prima di inginocchiarsi, si ribella con forza.

Per accedere a questo processo, occorre vedere in cosa ci siamo identificati e che non ha nulla a che fare con la nostra vera natura.

Quello che, da molti, è percepito come il lato oscuro è, paradossalmente, a nostro Servizio. Anne Givaudan in “Piccolo Manuale per un Grande Passaggio” scrive:

“Oggi abbiamo la possibilità di entrare nell’universo del cuore, ossia il quarto chakra […] lo spazio del cuore, quel grande alchimista, la “porta stretta” che ci costringe a lasciarci alle spalle i vecchi bagagli, ad abbandonare i passati rancori: la famosa “cruna dell’ago” attraverso la quale nulla può passare, a meno che non sia impregnato d’Amore. […]

In questo processo emergeranno tutti i nostri punti deboli, così da non essere solo percepiti, ma anche guariti. La possente energia planetaria locale sarà esigente fino a quando non ci armonizzeremo con la sua nota.”

Queste forze, apparentemente in opposizione, rendono visibile, dunque, la nostra resistenza al cambiamento e a lasciar andare le nostre identificazioni e bramosie; per questo motivo possono essere considerate a nostro Servizio.

Personalmente, come molti di voi, in alcune fasi della mia vita ho sofferto di attacchi di panico. La Paura si è manifestata scuotendo fortemente. A volte torna ancora, come un fuoco dalla pancia che esce dalle narici, fino a togliere il respiro.

Ci sono volte che parla, colpisce la persona che è in noi, perché è su ciò che tratteniamo che questa forza attecchisce. Essa, benedetta, ci costringe a lasciar andare modi di pensare, aspetti della vita e caratteristiche della personalità.

Ogni tanto ritorna, per ricordarci di chi è questo Regno, è di Dio, è della Vita, non è del “piccolo me”, con le sue bramosie e attaccamenti.

La Presenza, l’accoglienza e l’accettazione del momento sono oramai l’ancora di salvezza, lo stato a cui tutti siamo chiamati a tornare. E’ un processo continuo, passatemi il termine, di purificazione, di dis-identificazione; non so se e quando finirà: ad un allievo che chiedeva al maestro Papaji se anche lui dovesse dedicarsi allo stato di Presenza, il maestro rispose “fino al mio ultimo respiro”.

L’incontro (virtuale) con grandi maestri come Sri Ramana Maharshi, Sri Nisargadatta Maharaj, Papaji (Poonja), Moojiji, Osho, l’attualissimo Eckhart Tolle e tanti ma tanti altri – anche comunicatori che fanno da ponte fra spiritualità e scienza come Bruce Lipton, Gregg Braden, Lynn Mc Taggart – mi hanno permesso di trovare le spiegazioni a ciò che sta accadendo a molti di noi.

Cheri Huber in “Non avere paura! Affronta e vinci il nemico che c’è in te” scrive:

“Evitare la paura, resistere alla paura, temere la paura, sono problemi più gravi della paura. […]

La prossima volta che la voce comincia a cercare di convincerti che dovresti lasciare la pace e la serenità del momento presente per vagare con lei nel mondo delle passate e future calamità, potresti semplicemente rispondere con cortesia ‘no, grazie’ ed invitarla a sedersi tranquilla qui con te, nella sicurezza di questo momento”.

Cosa fare, dunque, nei momenti di emergenza emotiva?

Salvo patologie riscontrate da un medico, non occorre fare nulla. Il dover fare qualcosa è una spinta della mente, che va in allerta per salvaguardare la nostra ‘macchina’.

Come dice Sri Mooji “Spesso le persone aprono il paracadute prima ancora di salire sull’aereo”.

Il miglior antidoto è sempre porre attenzione sul respiro e accettare che ci sia un’emozione. Lasciamo stare per un po’ il Contenuto, la nostra storia personale e i film proiettati nella nostra mente e siamo Presenti all’interno del Processo.

Ciò non significa indugiare a concludere situazioni oramai al capolinea o deleterie per il nostro apparato psico-fisico, tuttavia, quando percepiamo il nostro campo interiore libero dalle emozioni, allora le giuste decisioni emergeranno spontanee.

Tempo fa, la mia prima reazione a questi insegnamenti è stata di gettare tutto questo nel cestino, perché, altrimenti, avrebbe significato per me non fare più nulla nella vita, non tutelarmi, non realizzare i miei sogni, etc.

Mi immaginavo imbalsamata a meditare, senza più relazioni e lavoro. In verità, non si tratta affatto di questo, ma per scoprirlo bisogna provare sulla propria pelle, farne esperienza direttamente, spinti da una grande motivazione.

Che ciascuno si nutra di ciò che lo avvicina allo scopo più alto.

Michela Ruffino

Fonte: https://michelaruffino.weebly.com/blog/non-abbiate-paura

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