Che cos’è la coscienza?

Che cos’è la coscienza? Guardare la morte con occhi nuovi.

Nel linguaggio comune, coscienza è sinonimo di consapevolezza e indica tutto ciò di cui abbiamo cognizione. Tuttavia, da un punto di vista psicologico, si può essere consapevoli consciamente, ma anche inconsciamente. E questo rende la coscienza molto più ampia di quanto non si creda.

Per definizione, l’inconscio è la sede delle cose di cui siamo inconsapevoli, il contenitore dove sono raccolte le memorie della nostra vita, della nostra famiglia, della nostra specie, della nostra… Totalità.
L’inconscio, l’infinito e la coscienza hanno in comune la mancanza di confini, cioè appartengono a un diverso modo di guardare la vita: non più soggetto ai parametri dello spazio e del tempo ma… pervasivo.

Esiste qualcosa che osserva il mondo dal primo all’ultimo minuto. Come individui, possiamo essere a conoscenza di questa percezione oppure ignorarla. Tuttavia, la sua presenza silenziosa e profonda ci accompagna sempre.

La coscienza è una percezione intima e neutrale, fatta di totalità e soggettività insieme. E non dipende dal cervello. Il cervello è lo strumento che la coscienza utilizza per codificare i vissuti emotivi e muoversi nella realtà materiale.

Ecco. Lo so. Questa affermazione fa saltare subito la mosca al naso. Ma qualcuno deve pur dirlo. E non può che essere uno psicologo. Cioè uno studioso che si occupa della coscienza. Tutto il giorno. Tutti i giorni. (Tranne quando è in ferie.)

Agli scienziati newtoniani la sudditanza del cervello alla coscienza non piace. Preferiscono rapportarsi a un’oggettività ben distinta dalla soggettività di chi guarda. Tuttavia, la fisica moderna ha dimostrato che senza un osservatore la realtà che noi conosciamo non potrebbe esistere.

Infatti, le coordinate con cui interpretiamo i fenomeni dipendono dal punto di vista attraverso il quale strutturiamo la nostra osservazione. Chi osserva dà forma a ciò che avviene. Difficile da digerire, dopo anni di fisica newtoniana studiata alle elementari, alle medie e anche alle superiori.

Già. Perché a scuola non si insegna mica la fisica dei quanti! Non è nemmeno prevista nei programmi ministeriali.

Gli psicologi, però, con la coscienza devono fare i conti e, proprio come i fisici quantistici, sono costretti a considerare l’importanza del punto di vista.

Il cambiamento epistemologico di questo nuovo millennio poggia sull’acquisizione che la coscienza è un principio infinito, onnicomprensivo, privo di materialità e perciò non soggetto ai codici spazio temporali che definiscono il mondo fisico.

Ogni psicoterapeuta lo verifica quando cura usando le parole e aiutando i pazienti a modellare la propria vita grazie a una diversa lettura degli avvenimenti. Sono proprio gli psicologi i divulgatori di una visione più ampia della coscienza. I primi a sostenere il peso di questa nuova epistemologia.

Durante le sedute di psicoterapia, infatti, l’osservatore/paziente agisce sulla realtà materiale orientando il cervello a scorgere comprensioni nuove e più funzionali, mentre esplora la dimensione infinita della coscienza.

Per aiutare i pazienti a far emergere le proprie risorse, gli psicoterapeuti li conducono a superare i limiti del cervello, avventurandosi costantemente tra le profondità della psiche e muovendosi nella dimensione impalpabile e incommensurabile della coscienza.

Questo lavoro permette di sperimentare la pregnanza della dimensione immateriale, fino a modificare la propria vita. Non è un procedimento concreto. Durante la psicoterapia si parla… e basta. Ma il potere della coscienza diventa evidente nei comportamenti di chi, al termine di quel lavoro, si sente meglio.

La coscienza non è materiale e non è fisica. È una dimensione che comprende la fisicità, ma utilizza i parametri della Totalità. Tutto è uno. Come sopra così sotto. Sono affermazioni dell’ermetismo che ne propongono una buona sintesi.

Quando si affronta il problema della morte, non si può che accogliere questa nuova epistemologia restituendo alla coscienza la sua priorità. Infatti, solo riconoscendone la pervasività diventa possibile aprirsi alle realtà interiori e comprendere il valore della soggettività.

Tutti quanti sperimentiamo la preminenza della coscienza quando ci innamoriamo. In quei momenti l’osservatore, la soggettività e il punto di vista diventano strumenti imprescindibili per validare la realtà. Nessuno può provare scientificamente l’amore al di fuori di chi lo vive. Tuttavia, l’amore esiste.
(E, di sicuro, anche gli scienziati newtoniani ogni tanto si innamorano.)

L’amore ci aiuta a comprendere il valore di quella percezione onnipresente e personale che permea ogni cosa. In quella presenza infinita e soggettiva possiamo abbracciare anche chi non possiede più un corpo e ritrovare la continuità dei legami, ben oltre i limiti della fisica imparata a scuola.

Nella coscienza ogni inizio e ogni fine perdono quella demarcazione che li rende antagonisti e incompatibili, per congiungersi in una circolarità capace di accostarsi alla morte con occhi nuovi, rivelando il potere che sta dietro alle cose, il Tutto da cui prende forma la realtà.

Carla Sale Musio

Fonte: https://www.carlasalemusio.it/2019/03/06/che-cose-la-coscienza-guardare-la-morte-con-occhi-nuovi/

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