Riflessioni: Un “Gioco” virtuale?

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Un “gioco” Virtuale?

Supponiamo che possa esistere una super-tecnologia virtuale, grazie alla quale sia possibile interagire con un intero e complesso mondo, all’interno del quale si indossa – letteralmente – come se fosse un abito, un “Avatar”, cioè un personaggio fittizio che si muove all’interno di questo mondo generato digitalmente… come in un ardito mix tra i film Matrix e Avatar.

Per utilizzare questa incredibile tecnologia, non è che ci si siede semplicemente davanti ad un monitor per giocare ad un videogioco, seppur sofisticatissimo, come attualmente molti sono abituati a fare; si indossa invece un casco integrale completamente chiuso alla visione oculare naturale – cioè non si vede altro che il buio pesto – e una tuta cibernetica, realizzata con una particolare fibra in cui sono affogati sensori, rilevatori e transponder di ogni tipo, connessa all’unità di gioco attraverso un sistema wireless e interattiva con il sistema nervoso centrale del giocatore. L’effetto che questo equipaggiamento genera è quello di cancellare completamente ogni percezione naturale rispetto al corpo e all’ambiente “originale” e di catapultare il giocatore in un ambiente completamente differente… facendogli percepire una dimensione fisico-materiale assolutamente diversa. In pratica, la percezione del corpo e dell’ambiente circostante viene cancellata totalmente dalla coscienza del giocatore e sostituita con una altrettanto realistica, ma assolutamente artificiale.

La peculiarità di questa “simulazione” è che appare indubitabilmente reale a qualunque giocatore si cimenti con essa. Appare a tal punto reale che, nonostante i pre-avvisi a non dimenticare che si tratta solo di una rappresentazione virtuale, il giocatore, una volta iniziato a giocare, si perde inevitabilmente in essa, ritenendo che tutto ciò che sperimenta abbia le caratteristiche inconfutabili della realtà e che tutto ciò che accade riguardi espressamente il giocatore stesso e non già l’Avatar scelto per giocare. In altre parole, il giocatore, da un certo punto in poi, dimenticatosi completamente di chi sia e di cosa stia facendo, crede ed è convinto di essere l’Avatar e che lo scenario elettronico che gli viene tras-messo davanti agli occhi sia la realtà quotidiana in cui vive. In pratica subisce uno “spostamento” di personalità e di cognizione.

L’Avatar è provvisto di un apparato sensoriale limitato, eppure sofisticatissimo, che trasmette attraverso dei sensori bi–direzionali le informazioni raccolte dall’ambiente di gioco al giocatore, che in gergo viene definito “il Vivente”, proprio per distinguerlo dalla proiezione artificiale dell’Avatar. Il Vivente, “impacchettato” da casco e tuta cibernetica, può percepire ciò che è e ciò che lo circonda esclusivamente attraverso il sistema sensoriale dell’Avatar; è fondamentalmente questa la ragione per cui si innesca l’identificazione con esso, insieme alla “perdita” della consapevolezza di ciò che è Vero. Ogni sensazione, ogni parola, ogni emozione, ogni azione, desiderio, volontà e quant’altro generati dall’Avatar vengono trasmessi al giocatore, che solitamente non comprende ciò, ma, al contrario, si convince di sperimentare personalmente ogni aspetto di quella che percepisce come un’esperienza reale. E’ di uso comune affibbiare un nome di fantasia all’Avatar, al fine di distinguerlo dagli altri Avatar in gioco.

Il gioco, proprio per le sue caratteristiche così realistiche, prevede un “sistema” di sicurezza, chiamato “Morte”, che ad un certo punto innesca la “terminazione” del gioco stesso; questo avviene in caso di irrimediabile e permanente identificazione del giocatore con l’Avatar, onde evitare il conseguente impazzimento dovuto alla perdita di contatto del giocatore con se stesso, con la propria reale Essenza e con la realtà di ciò che è Vero.

E’ un gioco veramente intrigante, a tratti affascinante, denso di accadimenti, di personaggi, di ambientazioni, di emozioni, di sensazioni e sentimenti, ma pericolosissimo sul piano psichico, proprio per le sue caratteristiche di simulazione totale della realtà. I giocatori si sfidano in una rete o arena globale ed il successo nel gioco viene raggiunto esclusivamente dal giocatore che diventa consapevole di stare giocando, anziché di continuare a credere di assistere al dispiegamento della realtà.

Pochissimi giocatori riescono a portare a termine il gioco con successo; in questo caso si parla di giocatori Illuminati, o Ascesi, o Realizzati, o Liberati in Vita, a seconda della terminologia tradizionale, cioè della loro Homeplay di origine, codificata con nomi di fantasia quali Terra, Marte, Luna e tanti altri ancora. Generalmente, la percezione della realtà del gioco è tale, che la stragrande maggioranza dei giocatori giunge inesorabilmente a sperimentare la fine del gioco in seguito alla “morte”… per fortuna loro, aggiungerei, vista la completa identificazione con l’Avatar che hanno “subito” durante il dispiegarsi dei vari livelli di gioco. Se l’Avatar non venisse “terminato”, infatti, il Vivente sarebbe irrimediabilmente perduto, in seguito al verificarsi di quella che viene definita “Sindrome della Morte seconda”… cioè la perdita irreversibile della consapevolezza di sé… cioè senza più alcuna possibilità di ritorno.

In pratica, dopo essersi iscritto ad una Homeplay ed avere scelto l’Avatar che più gli piace, il giocatore ha la possibilità di scegliere tra numerosissime ambientazioni, condizioni, periodi storici, obiettivi e strumenti “personali”, rendendo il gioco assolutamente unico, nonostante possano interagire con esso altri giocatori, mediante i loro rispettivi Avatar. Nessun giocatore è informato su chi siano o quanti siano gli altri giocatori, né su quali siano gli Avatar ad essi collegati. In ogni campo di gioco, chiamato “Universo”, nessuno può partecipare con più di un Avatar. Non esistono regole di gioco scritte, non ci sono informazioni ufficiali, così che ogni giocatore necessita di scoprirle da sé, durante il gioco stesso, ma a rischio e pericolo del suo Avatar. L’unica avvertenza disponibile, prima di iniziare il gioco, è quella che, come detto prima, riguarda il pericolo di identificazione con l’Avatar da parte del giocatore, il quale viene pure informato del meccanismo di “uscita sicura” dal gioco, mediante la funzione “morte”.

Quello che comunemente accade è che, durante il gioco, il giocatore si immedesima sempre più con il proprio Avatar, fino a dimenticare completamente le poche istruzioni pre-gioco ricevute, compresa quella riguardante il meccanismo di uscita sicura; avviene così che l’Avatar percepisca la morte come qualcosa che lo riguarda personalmente, come un evento reale, tremendo e assolutamente nefasto, con tutto ciò che ne può conseguire sul piano psicologico.

Una volta in gioco, la maggior parte dei giocatori, completamente identificati con l’Avatar e dimentichi di sé, percepisce l’esperienza come una prigione o un incubo dal quale è impossibile uscire, se non mediante la morte, che appunto, lungi dall’essere ricordata come un meccanismo a propria disposizione e difesa, viene vissuta come una tragedia inevitabile. Tutti gli Avatar che popolano il gioco non sono riconosciuti come tali, bensì come “persone”, cioè individui reali, separati e in competizione tra loro. Questo perché, in qualsiasi ambientazione ed in qualsiasi tempo si sia scelto di giocare, ogni aspetto della realtà ed ogni risorsa appaiono limitati, in quello che viene definito il “Paradigma di scarsità”, che condiziona conseguentemente ogni interazione tra gli Avatar e tra questi e l’ambiente circostante. Parliamo, per intenderci, di scarsità di tempo, di spazio, di risorse, di libertà, di possibilità, di comprensione, di benessere, che, neanche a dirlo, generano uno stato di perenne stress psichico nel giocatore.

Ben presto, a gioco iniziato, il giocatore comincia quindi a sperimentare uno stato di separazione, di solitudine, di competizione, di mancanza, di insoddisfazione, di ingiustizia, di paura e di conflitto che lo portano quasi sempre a vedersi come una vittima, in lotta e in contrasto con un sistema “carnefice”, responsabile in tutto e per tutto di ogni sua disgrazia, in cui ogni altro Avatar viene visto come sospetto o nemico e col quale è necessario competere, secondo la Legge di Gioco: “Mors tua, Vita mea… e che ognuno pensi a se stesso”.

Questo stato, in gergo chiamato “Sofferenza” o anche “Infelicità”, non è casuale, bensì viene innescato da un particolare software che corre invisibilmente, al di sotto del piano di gioco; in definitiva, non è che una “difficoltà” intrinseca al gioco, voluta dai programmatori, per testare le reali capacità discriminative dei giocatori. Il nome del software è “Mente” e la sua peculiare caratteristica è quella di mentire, sempre e comunque, ingannando il giocatore che in esso vede, invece, una vera e autorevole guida per spostarsi vantaggiosamente all’interno dei piani di gioco. Quando il software avvia la sua subroutine, chiamata “Pensiero”, al giocatore vengono suggeriti comportamenti, azioni, valutazioni, giudizi, desideri che parrebbero guidarlo verso porti sicuri e conquiste auspicabili, ma, in realtà, avviene che il giocatore, credendo di essere lui stesso il controllore o l’artefice di quei pensieri, non li mette giammai in discussione, finendo per andare fuori target, cioè proprio nell’occhio del ciclone della sofferenza che voleva evitare.

Quello che forse non ti ricordi è che, in un dato momento nel tempo, ti sei seduto sul divano, hai indossato un particolarissimo casco tecnologico sulla testa, ti sei rivestito con una tuta cibernetica, hai collegato i sensori alla consolle di gioco, hai preso il controller in mano e hai dato l’avvio al gioco…

A quel punto, sul visore del casco, si è aperta una schermata iniziale che recitava: Benvenuto nel gioco di abilità: “La tua Vita”… dopo di che non hai potuto che proseguire a giocare, dimenticandoti di te, di ciò che realmente Sei… e così sarà, fino a che la morte dell’Avatar o la realizzazione del Vivente non avverranno, ammesso che possano avvenire.

Quindi, adesso, non mi resta che augurarti un sentito “In bocca al lupo” per il proseguimento del gioco… e che tu possa ricordare chi sei, prima che l’Avatar muoia; aaahhh, scusa… non te lo avevo detto? Se non vinci il gioco, dopo la morte dell’Avatar, in automatico, il gioco riprenderà… e tornerai al punto in cui avevi cominciato, ma con ogni pregressa memoria di gioco cancellata… e così, di volta in volta… senza mai avere fine. Non c’è che dire… una bella fregatura, vero?

A questo punto del gioco… non è che hai già qualche indizio significativo sul Vivente?

Come sempre, a questa domanda puoi rispondere solamente tu.

Con affetto, Sid… Love*

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