Gangaji: Guarire la ferita primitiva.

Guarire la ferita primitiva.

Quando desideri la libertà, nella tua ricerca devi essere pronto ad affrontare ciò da cui stai scappando.

In generale, la maggior parte delle persone fugge da un certo tipo di dolore, di solito un dolore infantile, derivante dai bisogni che non sono stati soddisfatti durante l’infanzia. Il dolore può avere componenti sia fisiche che psicologiche. Potrebbe avere una storia allegata, o potrebbe essere solo un campo energetico.

Le ferite multiple fanno parte di ogni vita, anche di quelle più privilegiate. A meno che tu non abbia successo nel dissociarti, l’intera ferita umana è, in qualche modo, presente in te.

Alcune persone riescono a creare un tessuto cicatriziale sopra la loro psiche, sopra le loro ferite emotive e fisiche, giusto per andare avanti con la vita quotidiana. Ma sospetto che nessuno abbia un completo successo e questo fallimento è una buona cosa, perché allora la ferita richiama l’attenzione su se stessa, come una grana che non ti farà sentire a tuo agio fino a che non ti occuperai effettivamente di essa.

Certo, cerchiamo in più modi, sia spirituali che mondani, di far sparire quel dolore di base. La spinta della maggior parte dell’attività della mente è quella di sfuggire a questo dolore essenziale e primitivo e a tutte le conseguenze di quella ferita.

Forse, ad un certo punto, ci rivolgiamo anche alla vita spirituale, con la speranza che un particolare insegnamento o l’illuminazione ci toglierà le nostre ferite.

Cerchiamo di fare ciò che dice l’insegnamento o l’insegnante e lo facciamo ripetutamente, nella speranza che la sofferenza sparisca. Sorprendentemente, un vero maestro e un vero insegnamento ti getteranno, con la più grande compassione e la più profonda spietatezza, direttamente al centro della ferita stessa.

La ferita più profonda e più essenziale non ha nemmeno un nome. Puoi chiamarla “la condizione umana”, o “esistenza condizionata” o “il fatto della sofferenza” e c’è un’enorme spinta a sfuggirla, anche se, in realtà, è proprio quella spinta che ti porta, alla fine, a raggiungere la ferita.

La maturità sopraggiunge dopo aver provato le numerose vie di fuga, solo per scoprire che la stessa ferita ti sta ancora aspettando.

Ti invito, solo per questo momento, a smettere di cercare sollievo dalla sofferenza. Prenditi qualche minuto per l’autoindagine diretta. Per guardarti onestamente dentro e indagare da cosa stai scappando, quale ferita speri di guarire per ottenere la libertà.

Lascia che l’indagine sveli i meccanismi e le strategie precise della fuga. Consenti alle risposte di venire fuori sinceramente, onestamente, inedite.

Poniti questa domanda: Da cosa sto cercando di scappare?

Non è necessario modificare o correggere ciò che viene rivelato da questo investigare. Basta riconoscere i modelli di fuga. Sperimenta sia la dinamica dell’impulso alla fuga, sia la possibilità di non seguire quell’impulso, di sopportare l’impulso, senza una storia, senza una strategia e senza un esito preferito.

Basta essere qui, senza fare niente. Permetti alla mente di arrendersi alla certezza di non avere scappatoie.

Allora, dì la verità… in questo momento: C’è ancora la speranza di una fuga? Una ricerca di una via di fuga? Una negazione dell’inevitabilità di questo momento? Se è così… lascia perdere tutto.

Abbandona ogni sforzo per fuggire e riconosci quello che ti trattiene veramente. Arrenditi e vieni a riposare nella pace del tuo essere.

Tratto e adattato da: “The Diamond in Your Pocket”, di Gangaji

Fonte: https://gangaji.org/blog

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