Nisargadatta Maharaj: Qual è lo scopo della meditazione?

Qual è lo scopo della meditazione?

I.: Interrogante
M.: Maharaj

I.: Tutti i maestri consigliano di meditare. Qual è lo scopo della meditazione?
M.: Conosciamo il mondo esterno di sensazioni e azioni, ma il nostro mondo interiore, di pensieri e sentimenti, ci è poco noto. Il primo scopo della meditazione è acquistare consapevolezza e familiarità con la nostra vita interiore. Lo scopo ultimo è raggiungere la fonte della vita e della coscienza.

La capacità di meditare influenza profondamente il carattere. Siamo schiavi di ciò che non conosciamo e padroneggiamo ciò che è noto. Di qualsiasi vizio o debolezza annidati in noi, veniamo a capo solo conoscendoli, mettendo a nudo le cause e gli effetti.

Quando l’inconscio è portato al livello di coscienza, si dissolve e la sua estinzione libera energia; la mente si sente all’altezza della situazione e diviene quieta.

I.: A che serve una mente quieta?
M.: Con la mente quieta, emergiamo a noi stessi come puri testimoni. Ci distacchiamo dall’esperienza e dallo sperimentatore e ce ne stiamo in disparte, nella pura consapevolezza, che è a metà strada e al di là di ambedue.

La personalità, che ci fa immaginare di essere “questo” o “quello”, continua a funzionare, ma come parte del mondo oggettivo. Ciò che si sospende è l’identificazione col testimone.

I.: Dunque, la nostra vita si svolge su molti livelli e per ognuno spendiamo energia. La natura del Sé è compiacersi di tutto e far fluire le energie all’esterno. Lo scopo della meditazione non è quello di arginare le energie ai livelli più alti, o di spingerle indietro e in su, per dare consistenza e vigore anche ai livelli più alti?
M.: Non è tanto una questione di livelli, ma di qualità (guna). La meditazione è un’attività “sattvica” e mira alla completa eliminazione della torbidezza (tamas) e della passionalità (rajas). La pura armonia del sattva è perfetta libertà dall’accidia e dal tormento.

I.: Come rafforzare e purificare il sattva?
M.: Il sattva è sempre puro e forte, come il sole che può sembrare oscurato da nuvole e nebbia, ma solo dal punto di vista del percettore. Òccupati delle cause dell’oscurità, non del sole.

I.: A che serve il sattva?
M.: A che servono verità, bontà, armonia, bellezza? Non hanno scopi fuori di sé. Si mostrano spontaneamente quando le cose sono lasciate a se stesse, senza il desiderio di evitarle, rincorrerle o concettualizzarle, ma sono semplicemente vissute in piena consapevolezza, che è sattva di per sé. Non si serve di cose e persone, ma le colma.

I.: Visto che non posso migliorare il sattva, come devo condurmi con il tamas e il rajas?
M.: Scruta il modo in cui influenzano i tuoi pensieri, parole e azioni e vedrai che la loro presa su di te, gradualmente, si allenterà e potrà affiorare la tersa luce del sattva. Non è un’impresa difficile, né richiede gran tempo. La serietà è l’unica condizione per il successo.

Tratto da: “Io Sono Quello”, di Nisargadatta Maharaj

Con affetto, Sid… Love*

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