Roy Eugene Davis: Dimorare nel silenzio.

Dimorare nel tempio del silenzio.

Nel silenzio profondo, la piena realtà della tua essenza … è evidente in modo spontaneo. Quando sei stabilizzato nella consapevolezza del Sé, puoi rimanere in quello stato, mentre ti relazioni in modo appropriato a persone, eventi e circostanze.

Fino a quando la mente non è calma, le onde continue dei pensieri possono interferire con l’aspirazione ad essere auto-realizzati. Per questa ragione, negli yoga sutra di Patanjali (1:2-3), prima di spiegare stili di vita e metodi di meditazione, si descrive lo scopo della pratica dello yoga.

Gli aspiranti dovrebbero sapere che lo scopo della giusta pratica spirituale consiste nell’avere la propria consapevolezza ristabilita nella sua completezza pura e originale. Si utilizzano le pratiche yogiche raccomandate per rimuovere gli ostacoli che annebbiano la percezione delle realtà superiori, in modo che possa manifestarsi lo yoga completo (samadhi, ossia unificazione di attenzione e consapevolezza con la propria essenza dell’essere).

Gli sforzi estremi di realizzare il Sé sono futili. Ciò di cui si ha bisogno è il completo distacco dell’attenzione da condizioni esterne, condizionamenti mentali e stati emotivi, fino a quando non prevale il puro silenzio.

Rimuovere attenzione e consapevolezza dalle circostanze ambientali non è una pratica normale per le persone che hanno acquisito l’abitudine di contare solo su input sensoriali costanti e che si identificano con stati mentali ed emotivi per avere un senso (errato) della realtà. Per loro, immaginare le realtà superiori è difficile; trascendere gli stati condizionati di mente e coscienza, per risvegliarsi alla realizzazione del Sé e di Dio, può sembrare impossibile.

Alcuni anni fa uno dei nostri membri programmò un ritiro privato di dieci giorni nel quartier generale del CSA. Quando parlai con lui, due giorni dopo il suo arrivo, mi disse che sarebbe ripartito il giorno seguente, perché non era avvezzo a stare in un ambiente tranquillo. Mi disse che amava ascoltare la radio mentre guidava e teneva sempre acceso il televisore in casa, perché l’input sensoriale costante lo faceva sentire a proprio agio. Mi disse che, quando meditava, non si sforzava di avere percezioni supercoscienti, poiché onde di pensieri e sensazioni piacevoli erano, per lui, più soddisfacenti.

Pochi mesi dopo ebbe un infarto e lasciò il suo corpo, senza aver mai sperimentato il valore spirituale delle occasioni frequenti di silenzio completo.

La rimozione periodica di attenzione e consapevolezza da influenze esterne, pensieri ed emozioni dona una buona opportunità per essere più coscienti della nostra essenza dell’essere e della relazione che abbiamo con l’infinito.

Quando non siamo stabilizzati nella conoscenza del Sé, siamo propensi ad identificarci con stati soggettivi e condizioni oggettive, poiché desideriamo avere una connessione con qualcosa. Il nostro bisogno innato è di avere una relazione cosciente con l’infinito.

Quando non nutriamo questo bisogno, né gli permettiamo di essere influente, oppure la nostra attenzione è diretta costantemente all’esterno, siamo propensi ad essere soddisfatti dalle circostanze ordinarie, che ci danno un senso di stabilità, sicurezza o conforto.

Anche quando le circostanze mondane sembrano accettabili, durante i momenti passeggeri di onesta riflessione, sappiamo che dovremo, alla fine, rinunciare alle nostre dipendenze verso l’esterno e sforzarci intensivamente di essere realizzati nel Sé e in Dio.

Roy Eugene Davis

Fonte: https://www.meditare.net/wp/yoga/dimorare-nel-tempio-del-silenzio-roy-eugene-davis/

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