Adyashanti: Aforismi e riflessioni.

Aforismi, riflessioni.

Cercate di capire una cosa: la traiettoria della nostra vita spirituale, qualunque sia il nostro cammino, progressivo o diretto, devozionale o no, passa per la resa.

Infine, questo è il nome di tutto il gioco spirituale: resa.

Qualsiasi cosa facciate spiritualmente ci conduce a uno spontaneo stato di resa, un lasciar andare. È qui che tutte le strade convergono, non importa quali siano. Una volta che sapete questo, siete informati che ogni passo lungo la strada è sempre la vostra prossima opportunità di resa.
Adyashanti, La vita dopo il risveglio

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La mente ha paura di lasciar andare le proprie pretese, perché pensa che se molla la presa non otterrà ciò che vuole […]. Smettila di cercare d’essere una persona migliore e sarai una persona migliore. Smettila di cercare di perdonare e il perdono accadrà. Fermati e fa silenzio.

Adyashanti

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Quando il vuoto danza:

Per esser completa, la realizzazione deve coinvolgere tre livelli – testa, cuore e pancia – perché potresti avere una mente molto luminosa e illuminata e conoscerla in modo molto approfondito, senza però che il tuo essere danzi. È quando il cuore comincia ad aprirsi, proprio come la mente, che il tuo essere inizia a danzare. Allora tutto diventa vivo. Poi, quando anche la tua pancia si apre, appare quella profonda, profondissima e insondabile stabilità, nella quale l’apertura, che sei tu, muore per diventare trasparenza. Tu danzi, il vuoto danza.

Da: “La danza del vuoto”, Piena realizzazione del Sé, di Adyashanti

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Onde della Mente:

Le onde della mente
Pretendono così tanto dal Silenzio.
Ma Lei (1) non replica,
non dà risposte, non fa discorsi.
Lei è l’artefice nascosta di ogni pensiero
Di ogni emozione
In ogni momento.

Silenzio.

Lei pronuncia una sola parola.
E questa parola è questa esistenza.
Nessun nome che puoi darLe
La sfiora
La cattura.
Nessuna comprensione
Può abbracciarLa.

La mente si getta tra le braccia del Silenzio
E pretende di essere accolta.
Ma nessuna mente può entrare
Nella Sua radiosa oscurità
Nel Suo puro e sorridente
Nulla.

La mente si lancia
In sacre interrogazioni.
Ma il Silenzio rimane
Imperturbato dinanzi ai capricci:
Chiede solo il niente.

Niente.

Ma tu non glielo darai
Perché è l’ultimo spicciolo
Che hai in tasca
E preferisci darLe
Le tue pretese
Piuttosto che le tue sacre mani vuote.

(1) L’autore ha scelto di rendere il sostantivo silence, silenzio, al femminile.

Adyashanti

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Che cos’è l’illuminazione?

«L’illuminazione è il risveglio dal sogno di essere un io separato dalla realtà universale. Non è un’esperienza o una percezione che accade a una persona per effetto di una pratica spirituale o di una consapevolezza coltivata. Non va e viene, né devi fare alcunché per mantenerla.

Non riguarda l’essere centrati, estatici, sereni o qualsiasi altra esperienza. In realtà, l’illuminazione è una non-esperienza permanente, che non accade a nessuno. Il singolo individuo viene visto attraverso la realtà suprema e universale e allora comprendi che esiste solo essa e che tu sei quella.

La cosa divertente è che sei, e sei sempre stato, ciò che stai cercando. Tutti sono già la natura suprema, la natura del Buddha o la consapevolezza di Cristo, ma la maggior parte di noi non lo sa.»

Adyashanti – che in sanscrito vuol dire “pace primordiale” – intervistato da Stephan Bodian

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Quando sei aperto…

“Non è tanto il pensiero, ma sono i cinque sensi che ti danno l’accesso più veloce a quest’apertura verso la tua vera natura. Ad esempio, se ascolti questo istante per intero, in ogni suo aspetto e non solo i suoni che giungono alle orecchie, se senti tutto l’attimo presente, con tutto te stesso, ti apri ben oltre i confini del tuo piccolo io. Appare una sensazione particolare nel tuo corpo e la senti – si estende, si allarga. Senti la quiete assoluta. Senti gli uccellini. Senti com’è sentire un suono.

I cinque sensi ti danno accesso immediato, al di là della realtà virtuale mentale, a qualcosa che non è cercato dalla mente. È sbalorditivo ciò che accade, quando consenti ai tuoi cinque sensi di spalancarsi. Ti rendi conto che il novantanove per cento del tuo problema è dovuto al fatto di relegare, concentrare tutto in una sola direzione, mentre quando ti apri alla totalità tutto diventa chiarissimo. E se ricominci a soffrire, è perché i tuoi cinque sensi hanno rinunciato a rivolgersi alla totalità per concentrarsi su una cosa sola, che causa sofferenza.

[…] Hai focalizzato tutta la tua attenzione su un frammento dell’esperienza e hai così impedito al Non-nato di prendersi cura di sé. Non appena l’attenzione si espande, si percepisce chiaramente come il Non-nato si prende cura di sé e ogni cosa segue il suo giusto corso […]. In seguito, riesci a spingerti oltre al tuo punto di vista limitato e a vedere che non è esatto affermare che tu percepisci tutte queste esperienze, ma che invece è la totalità che percepisce se stessa” .

“Quando sei aperto, fai la tua esperienza senza filtri […]. Non cerchi di proteggerti […]. Quando doni a te stesso la meravigliosa possibilità di non affannarti a trovar te stesso in qualche concetto o emozione particolare, allora l’apertura si dilata a tal punto che la tua identità si trasforma sempre più in uno spazio aperto, cessando di essere solo un punto di riferimento mentale, sotto forma di convinzione o di sensazione fisica. Il punto principale non è sbarazzarsi dei pensieri o delle emozioni, ma non sentirsi confinati al loro interno. […]

Niente può disturbare l’apertura. Niente può disturbare la nostra vera natura. Restiamo turbati soltanto quando ci chiudiamo, identificandoci con un dato punto di vista, un concetto riguardo a chi siamo o a chi crediamo di essere; allora ci troviamo in conflitto con quello che accade. […] Basta essere, rimanendo in questo luogo privo di parole“.

Da: La danza del vuoto: Piena realizzazione del Sé, di Adyashanti

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Per la maggior parte, l’investigazione di sé si arresta alla realizzazione che “Io sono la coscienza senza forma”. Ma quando parlo di incarnazione riporto l’investigazione di sé nel mondo, il mondo che ancora rimane, sia che lo percepisca come un sogno o no. E’ un indagine di ciò che è il mondo.

La realizzazione “Io sono la coscienza senza forma” è solo l’opposto di “Io sono un qualche individuo”. Anche con quella realizzazione rimarrà ancora l’apparenza di un qualcuno. Così l’incarnazione è semplicemente il riflesso della realizzazione che ogni cosa manifesta è il corpo unico della coscienza unica.

Questo è un ritorno all’interezza, alla completezza che include sia il manifesto che il non-manifesto. E’ percepire che la coscienza senza forma e il mondo delle forme sono entrambi solo due aspetti di un intero misterioso, innominabile.

Adyashanti

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La vita si muove, si propaga per onde, respira dentro e fuori, contraendosi ed espandendosi. La natura è questo, la natura è quello che è. Qualunque cosa sia, è in movimento. Nulla rimane mai lo stesso molto a lungo.

La mente vuole che tutto si fermi, così da poter trovare il suo appiglio, trovare la sua posizione, così da poter capire come controllare la vita. Con il perseguimento di cose materiali, di conoscenze, idee, credenze, opinioni, stati emotivi, stati spirituali e rapporti, la mente cerca di trovare una posizione sicura da cui operare.

La mente cerca di imbalsamare la vita e farla smettere di muoversi e cambiare. Quando questo non funziona, la mente cerca il senza cambiamento, l’eterno, qualcosa che non si muova. Ma la mente del pensiero è essa stessa un’espressione del movimento della vita e quindi è in sé sempre in movimento.

Quando c’è un pensiero, quel pensiero sta sempre muovendosi e cambiando. In realtà non c’è una cosa come il pensiero. C’è solo il pensare, così il pensiero che si muove sempre (come pensare) non può comprendere l’immutabile.

Quando il pensiero entra nell’immutabile, diventa silenzioso. Quando il pensiero diventa silenzioso il pensatore, il “me” psicologico, il sé immagine, scompare. Improvvisamente se n’è andato. Tu, come idea, sei scomparso. Rimane la coscienza, da sola. Non c’è nessuno che sia cosciente. La coscienza stessa è se stessa. Non sei più il pensiero, né il pensatore, né qualcuno che è consapevole. Rimane solo la coscienza in sé. Allora, dentro la coscienza si muove il pensiero. Dentro all’immutabile avviene il cambiamento.

Ora la coscienza esprime se stessa. La coscienza si sta sempre esprimendo: come vita, come cambiamento, come pensiero, sentimenti, corpi, umani, piante, alberi, macchine, etc… La coscienza cede a se stessa, alla sua inerente creatività, alla sua espressione nella forma, per fare esperienza di sé. L’immutabile sta cambiando. L’eterno sta vivendo e morendo. Il senza forma è forma. La forma è senza forma. Questo non è quello che la mente avrebbe mai immaginato.

Adyashanti

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Nessuno da proteggere:

“Mente aperta, cuore aperto. Renditi conto del fatto che non vi è nessuno da proteggere. Non c’è alcun bisogno di barriere emotive, né del senso di separazione e isolamento che deriva da queste barriere.

L’unico motivo che ti ha spinto a credere di aver bisogno di protezione è frutto di un innocente malinteso. È accaduto perché, insieme al concetto di un te separato, da bambino, hai anche ricevuto una scatola degli attrezzi per costruire le mura a protezione di questo concetto. In seguito, hai imparato ad ampliare il contenuto della scatola, all’occorrenza.

Quando ti è sembrato utile aggiungere una bella dose di rabbia, l’hai messa dentro; forse hai anche aggiunto risentimento, vergogna, riprovazione o vittimismo. Poco importa che l’immagine alla quale ti aggrappi sia quella della persona brava o inadeguata, la scatola degli attrezzi dell’identità serve a proteggerla.

È del tutto innocente. Accade a tua insaputa. Continua ad accadere finché non ti rendi conto che il tuo aggrapparti a un «io», a un’immagine di te stesso nella mente e nel corpo, è inseparabile dalla tua convinzione di aver bisogno di protezione. L’uno non può essere senza l’altra. […]

Quando si rinuncia alla protezione, la verità affiora ed elimina l’immagine di sé. L’immagine di sé è fornita con un muro di difesa; senza il muro, il ricordo della tua vera natura può emergere velocemente e rimuovere l’immagine, buona o cattiva che sia.

Non esiste nessuna immagine di sé senza muro, nessuna immagine di sé che non comporti sofferenza. Inoltre, non hai soltanto le tue mura, ma anche quelle che proietti sugli altri, le immagini che hai degli altri e che ti impediscono di vedere la loro vera natura. […]

Più capisci di essere l’apertura, più il tuo corpo fisico […] diventa un’estensione dell’apertura stessa. Il movimento della tua mano, o del tuo piede, diventa un’espressione dell’apertura; hai la sensazione che il contatto con gli oggetti sia un prolungamento dell’apertura. […]

Un altro aspetto dell’apertura è l’intimità. L’accesso più rapido alla Verità, e anche alla bellezza, avviene quando provi un senso di profonda intimità con l’esperienza nella sua interezza, interiormente ed esteriormente […], la consapevolezza non è relegata tra i confini del tuo corpo emotivo o fisico, non si limita a ciò che accade a livello percettivo o intellettivo. C’è soltanto un unico essere indiviso che percepisce, sente o pensa se stesso […]. Quando la totalità percepisce se stessa, è un’esperienza molto diversa da quella vissuta dall’io”.

Da: La danza del vuoto: Piena realizzazione del Sé, di Adyashanti

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Il tuo vero corpo – Solo nell’adesso.

L’incarnazione della verità comincia con la realizzazione che ogni cosa e non-cosa manifesta costituisce il tuo vero corpo. La tua umanità è semplicemente un riflesso della profondità della tua realizzazione. Così non è che devi fare qualcosa al corpo umano per renderlo un contenitore più grande, più vasto o più largo affinché la verità dell’essere possa manifestarsi.

Quello che più è importante è percepire il tuo intero corpo, che è ogni cosa. Allora la tua umanità rifletterà la profondità di quella realizzazione. L’incarnazione non è qualcosa che tu fai; è il risultato di quanto lontano porti l’illuminazione e quanto di te le dai. L’intero cosmo è il tuo corpo. Lascia che la tua umanità rifletta e manifesti il tutto.

Prima ti risvegli dalla vita, poi ti risvegli come Vita stessa. Dopo il Risveglio improvviso al Sé, comincia un processo di graduale incarnazione del trascendente nella personalità umana. Per graduale intendo l’approfondimento della realizzazione dopo l’esperienza dell’illuminazione.

Più il Sé trascendente diventa incarnato nel nostro essere umani, più vasta diventa la nostra visione, e più esprimiamo e manifestiamo la realizzazione trascendente nel modo in cui viviamo la vita.

Tutta la ricerca è intesa a uno solo scopo: portarti esperienzialmente nell’Ignoto nel modo più efficiente possibile. Una volta che sei là rimani immobile perché hai raggiunto la tua destinazione. Il resto dipende solo dalla Grazia. Non attaccarti a nessuna conoscenza che tu possa incontrare sul cammino. Non devi aggrapparti neanche alle più grandi rivelazioni o finirai con una testa piena di memorie e un cuore vuoto di sostanza.

Adyashanti

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Nessun copione:

“Hai già vissuto dei momenti, nella tua vita, che tu ne sia consapevole o meno, in cui hai momentaneamente dimenticato l’«io» col quale ti identifichi abitualmente.

Può accadere in modo del tutto spontaneo davanti a un bel panorama, o in un attimo di dimenticanza di sé, di superamento del proprio ego. […]

Dopo aver vissuto un «bel momento» come questo ricostruisci subito il tuo solito senso d’identità. In realtà, queste opportunità sono come dei piccoli spioncini attraverso i quali puoi sperimentare la realtà. […] Improvvisamente, la mente smette di pensare alla propria storia. Potresti accorgerti che la tua identità separata o il tuo senso dell’io si è preso una pausa, senza che scompaia ciò che sei veramente. […]

Quindi si può aprire un varco silenzioso tra un pensiero e l’altro: se sei molto presente in quello spiraglio, smetti di agire partendo dalla tua solita identità. […] Vivi questo varco, fai esperienza di quest’apertura, lasciala sbocciare dentro di te. […] È l’unica cosa che la tua mente non crea. […]

C’è solo una cosa che può passare attraverso la cruna dell’ago più sottile: lo spazio. […] Il paradiso è sperimentare, entrare a far parte della nostra nullità. […]

Andare in cerca del sé illuminato è un altro ruolo, un altro copione. Fa parte del copione del ricercatore spirituale. Se rinunci anche a questa sceneggiatura – cosa sei adesso? […]

Ecco perché è già stato affermato tante volte che soltanto chi non sa chi è, è risvegliato. Tutti gli altri sanno chi sono. Sono ognuno il proprio copione […]. Essere risvegliati significa non aver nessun copione, sapere che un copione è, in definitiva, solo un copione, che una storia è soltanto una storia. […]

Se vuoi vedere la Verità, non mettere niente sul tuo altare. Il migliore altare di tutti è quello senza nulla. […]

Maggiore è la sincerità con cui ti addentri nell’ignoto, tramite l’esperienza, maggiore sarà il disarmo. Ti sei accorto che la mente non sa cosa fare? Dà il benvenuto a questa sensazione di non sapere e non farti turbare dal fatto di essere indifeso. Nota che proprio nel cuore di questa sensazione si schiude un’intensa e radiosa consapevolezza. Misteriosamente, se consenti a questa consapevolezza di entrare, se ne riconosci la presenza, ti puoi risvegliare […]

La mente potrebbe preoccuparsi all’idea di rimanere indifesa e dover rinunciare a tutti i propri concetti e copioni. Potrebbe dire: «Può darsi che non otterrò quello che voglio». […] Lascia perdere! Non è che non ottieni quello che desideri, ma non t’importa più nulla di ottenerlo”.

Da: La danza del vuoto: Piena realizzazione del Sé, di Adyashanti

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La vita, il vero Maestro.

“Mi piacerebbe raccontare che il dissolversi del senso del sé è stato definitivo ed era tutto quello di cui avevo bisogno, ma (…) mi rendevo conto che stavo esercitandomi per rimettere insieme la mia personalità egoica. Ne ero molto consapevole. Ma, in qualche modo, non ero ancora pronto per lasciarla andare.

[ … ] E dopo un anno mi ritrovai ad ammalarmi di nuovo con un’altra malattia di sei mesi. E di nuovo il senso di essere fisicamente dominante, forte, venne spremuto fuori dal sistema, e dopo sei mesi ero debole come un bambino e sentivo un gran sollievo di non dover essere qualcuno.

E questa seconda volta non sentii più il desiderio di resuscitare la vecchia persona. Conservavo la gioia e il piacere di usare il corpo, andare per una bella pedalata, ma quella seconda malattia eliminò proprio dal sistema il desiderio egoico di trovare un’identità centrata nel corpo.

Fu un gran sollievo e una gran gioia sentire questo. Sarebbe bello dire che raggiunsi quel risultato per mezzo di una pratica spirituale o l’investigazione del sé, ma, come accade per molti, fu invece la natura stessa dell’esistenza, della vita a portarmi attraverso questo.

Questo è un fatto che viene spesso ignorato negli insegnamenti spirituali, anzi molti di noi usano la pratica spirituale come un mezzo per evitare la vita. Come un mezzo per evitare di vedere cose che dobbiamo veramente vedere e di venire messi a confronto con certi aspetti della vita e di certi modi in cui ci comportiamo, il modo in cui ci relazioniamo alla vita stessa, che spesso sono basati su certe incomprensioni e illusioni.

E’ importante sapere che la vita stessa è, in molti modi, il più grande Maestro.

La vita stessa è piena di Grazia. Qualche volta bellissima, dolce, momenti di beatitudine, e talvolta è feroce: una malattia, la perdita di un lavoro, la perdita di qualcuno che amiamo, un’assuefazione a qualche sostanza…

La vita stessa ha una capacità incredibile di mostrarci la Verità, di risvegliarci, ed è buffo come molti di noi cerchino di evitare la vita, come lottiamo intensamente contro le forze della vita che cercano di risvegliarci .

Il Divino stesso è la vita in movimento e usa la vita per arrivare a un completo risveglio di sé, usa le situazioni delle nostre vite e molte volte le situazioni più difficili. E’ ironico che la maggior parte degli essere umani evitino le situazioni dolorose, non che abbiano successo, ma ci provano.

Abbiamo questa credenza di riuscire a crescere spiritualmente di più attraverso i momenti belli, ma in realtà la maggior parte delle persone fanno il salto più grande attraverso i momenti più difficili.

E questo è qualcosa che la maggior degli esseri umani non vuole riconoscere. Invece i momenti di grande sofferenza e difficoltà sono una forma feroce (fierce) di Grazia e sono una componente essenziale del nostro risveglio. Se siamo pronti per questo, se siamo pronti a volgerci verso questo ‘invito’ e vedere i doni che ci reca, anche se il dono talvolta ci viene imposto forzatamente, possiamo facilitare il nostro risveglio.“

Adyashanti

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Innocenza:

“L’amore per l’esistenza, semplicemente […], l’amore per ciò che è – per tutto l’esistente. Il semplice fatto che qualcosa possa esistere sembra miracoloso, perché quando la coscienza risvegliata va in profondità, si rende conto di quanto l’esistenza sia fragile. […]

Stiamo assistendo a un incredibile miracolo: potrebbe anche non esistere proprio niente, senza alcuna difficoltà. […] Che qualcosa possa esistere è percepito come un miracolo assoluto e da questa percezione nasce un immenso amore, semplicemente, per tutto l’esistente. […] L’amore di cui sto parlando nasce semplicemente perché abbiamo i lacci alle scarpe o perché esistono le dita dei piedi. […]

Quando vediamo con chiarezza la nostra vera natura, sorge un paradosso: più realizziamo che non esiste un io, più siamo intimamente presenti. […]

Quando stabiliamo dei rapporti partendo dallo stato di coscienza egoico, ci muoviamo essenzialmente da un’idea, da un punto di vista, vale a dire da un conglomerato di convinzioni o ricordi. Quando invece ci muoviamo dall’innocenza, non partiamo da un’idea, un punto di vista o una convinzione. Procediamo partendo dall’innocenza stessa, che non è un concetto specifico. Non possiede un’ideologia, né una teologia, né una serie di credenze o idee. È l’unica cosa al mondo a esser sicura di non sapere cosa stia accadendo.

Voglio dire che non si pone in relazione con l’esperienza attraverso il pensiero. Scavalca del tutto quest’ultimo, per rapportarsi direttamente all’esperienza, senza nessun filtro. Ed è per questo che è innocente. […]

L’innocenza […] si accosta alla percezione, guardandola molto da vicino. E scopre cos’è attraverso l’esperienza, non attraverso l’idea.

È molto diverso vivere una sensazione di paura direttamente attraverso l’esperienza, invece che attraverso l’idea di paura. «Paura» è una parola che è stata tramandata per generazioni – c’è stata una trasmissione mentale da una generazione all’altra; di conseguenza, non appena sorge nella tua testa il pensiero «paura», non ha soltanto a che fare con il momento presente, ma con innumerevoli discendenze di paura.

L’innocenza non guarda attraverso il pensiero e di conseguenza scavalca la storia. […] Non è una scelta della mente egoica. […]

È ovvio che possediamo sempre un cervello e che continuiamo a pensare, e, di conseguenza, a imparare e accumulare nuove esperienze. […] L’unica differenza è che non percepiamo attraverso questo accumulo, anche se possiamo attingervi, all’occorrenza. […]

Affinché il corpo si arrenda pienamente alla propria vera natura, dovrebbe vedere di essere il mistero in modo così profondo e totale, da spazzar via ogni immagine di sé. Se rimanesse anche soltanto un briciolo d’immagine di sé, si irrigidirebbe all’istante. Pertanto, affinché il corpo viva pienamente e consapevolmente il mistero, i suoi programmi personali devono esser cancellati. […]

La tendenza naturale di ogni cosa è giungere all’autoliberazione. […] Ma basta aggrapparsi a qualcosa, per impedire alla presa di coscienza di attuarsi. Quindi, se ti sembra di non liberarti, è perché ti stai aggrappando a qualcosa di statico, a concetti o ricordi. […]

Se trattieni un’identità, un’idea, un’opinione, un giudizio, qualche riprovazione, autocommiserazione, senso di colpa, ecc., ti sarà d’intralcio”.

Da: La danza del vuoto: Piena realizzazione del Sé, di Adyashanti

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Vera Meditazione:

Lascia che ogni cosa sia ciò che è. Ogni metodo di meditazione affronta necessariamente il rapporto tra l’ego e l’universo. Dal confronto tra noi stessi e gli oggetti e le persone che ci circondano nascono tutte le domande che muovono la nostra personale ricerca della consapevolezza.

Se ci fermiamo ad osservare il mondo, senza farci domande su chi siamo noi osservatori, possiamo senz’altro approfondire la conoscenza di moltissimi aspetti che riguardano le realtà a noi esterne. Ma questo non significa ancora meditare veramente.

Cos’è quindi la Vera Meditazione?

Per Adyashanti semplicemente non esiste. Esiste l’esperienza personale attraverso la quale ciascuno di noi può abbandonare il povero punto di vista dell’ego e prendere il largo, come una goccia d’acqua, nel mare dell’esistente.

Quel mare è la consapevolezza universale, altrimenti detta amore, spirito, intelligenza; un tutto che si riversa nel nostro ego e nel quale, al tempo stesso, siamo immersi.

Se avete intuito che vivere e meditare sono la stessa cosa, la Vera Meditazione è un raggio di luce che permetterà alla vostra serenità di sbocciare pienamente.

Adyashanti, con la sobrietà e solarità che lo contraddistinguono, vi aiuterà a rimuovere i sassi che ostacolano il vostro cammino e a trovare la vostra piena, personale libertà.

Scopri la libertà della perfetta consapevolezza. Adyashanti, letteralmente ”Pace Perfetta”, è un maestro spirituale atipico. La vera meditazione, uno dei suoi best seller, non impone un metodo per raggiungere la consapevolezza, e non propone uno sforzo per raggiungere l’equilibrio desiderato.

Il semplice e potentissimo stimolo che deriva da queste pagine è quello di abbandonare le manipolazioni e prendere il largo nel mare dell’esistente per come ci si presenta. Un tuffo nella nostra interiorità che ci rende capaci di una serena e gratificante introspezione.

La vera meditazione propone una via del tutto personale al raggiungimento della consapevolezza, e media tra la rigidità della riflessione e l’eccessiva leggerezza di pensiero che a volte sfuma nelle nebbie del sogno.

La proposta di Adyashanti è di non estraniarci da quel che viviamo, perché la sicurezza, il silenzio e la consapevolezza non sono stati dell’essere, e non riguardano la percezione. La vera meditazione e la condizione di libertà che ne derivano è una conseguenza del saper vivere come pensiamo, e di pensare nello stesso modo in cui viviamo perché, come ci rivela Adyashanti, vivere e meditare sono la stessa cosa.

Una splendida introduzione alla meditazione per coloro che pensano di non averne il tempo o le capacità, un illuminante approccio personale alla meditazione per coloro che non hanno trovato nei vari metodi una risposta valida alle proprie domande.

Adyashanti ha scelto di diventare maestro Zen nel 1996, dopo quattordici anni di studi approfonditi . Da allora ha aiutato tantissime persone nel loro cammino spirituale. Per il suo stile non formale e per la capacità di instaurare rapporti di crescita non duali, è stato paragonato ai primi maestri Zen e ai maestri di scuola Advaita Vedanta.

Adyashanti (il cui nome significa “pace primordiale”), ebbe la sua prima realizzazione all’età di venticinque anni, a cui seguirono altre profonde comprensioni e realizzazioni. Nel 1996 ha iniziato ad insegnare su richiesta della sua insegnante Zen con la quale ha studiato per quattordici anni.

I suoi insegnamenti sono condivisioni spontanee, paragonabili agli insegnamenti dei primi maestri Zen e a quelli dell’Advaita Vedanta. È originario della California del Nord, dove vive con la moglie Annie. Tiene seminari, satsangs, e ritiri silenti. Autore di molti libri di successo.

Da: La Vera Meditazione, di Adyashanti

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Ri-Conoscersi.

Risvegliarsi alla realtà è una realizzazione profonda [ … ] Non è venire fuori con il nome giusto, quindi per ora non nominarlo. Semplicemente notalo, sperimentalo. Sentilo. Percepiscilo. Accoglilo.

Il risveglio spirituale è realizzare ciò che occupa lo spazio chiamato “me”. Quando ascolti con innocenza vedrai che in realtà c’è qualcosa di più di un me. Il tuo me sta sempre sperimentando questo momento in relazione a qualche altro momento. Questo momento è buono come quello di due settimane fa? Oggi sarà lo stesso di ieri?

Quando sei aperto e rilassato, ad un tratto puoi essere consapevole che c’è qualcos’altro che occupa il tuo corpo-mente. Qualcos’altro sta guardando dai tuoi occhi, ascoltando dalle tue orecchie, provando i tuoi sentimenti.

Quel qualcosa non ha nessuna qualità. Realizzare la tua natura vera è realizzare quello che è presente senza qualità. Possiamo chiamarlo la vacuità della coscienza, il Sé, o il Non-Sé. Fare esperienza diretta di questa vacuità, della sua vitalità vibrante, è il risveglio spirituale. E’ realizzare te stesso come un bellissimo nulla, o più accuratamente, una non-cosa.

Quando la tua immagine del me fa una pausa, scopri che tutto quello che stai facendo in questo momento è essere semplicemente aperto. Ti senti del tutto sollevato di non stare cercando un altro momento o un’esperienza migliore. Ti senti molto rilassato e a tuo agio, in pace. Non hai guadagnato nulla, non sei più intelligente, non sai necessariamente più di chiunque altro e non sei improvvisamente diventato santo. Se stai dimorando nella tua vera natura senti che non c’è dove altro andare.

In quel momento senti che il tuo cammino è terminato. Può essere dura terminarlo, quando ci hai investito così tanto, ma se vuoi veramente essere libero devi volere la verità più di qualunque altra cosa. E quando lo fai trovi che la verità è così dannatamente vuota. C’è così tanto… nulla in essa. C’è così tanto nessuno in essa, solo una presenza risvegliata molto vivida.

Quando sta operando il tuo me è come un toro. Tende a fare un sacco di rumore perché è sempre un po’ in relazione avversa con questo momento. Produce pensieri, sentimenti, credenze, o opinioni rumorose. Gli piace anche cercare, muovere in giro la testa, cercando l’emozione giusta nel corpo, il concetto giusto nella mente. E’ sempre in movimento come un radar, cercando la cosa giusta che deve accadere.

Non appena muovi via l’attenzione dal radar cominci a notare qualcos’altro. Dentro c’è qualcosa che non crea così tanto rumore come il me. Puoi sentirlo adesso. Che cosa si prova ad essere semplicemente risvegliato? Come si percepisce questa apertura? Portando lì la tua attenzione, semplicemente notando senza sforzo, questo senso di essere senza forma o vuoto si accentua, come per dire: “qualcuno finalmente sta prestando attenzione”.

Quando è presente questa apertura, puoi riconoscere come fa esperienza del tuo corpo. Questa apertura come sente un sentimento, un’emozione o un pensiero? Che esperienza fa del movimento chiamato “me”?

Lasciati sentire un vero assaggio di questo. Questa apertura sta in una relazione completamente diversa con tutto quello che esiste, a cominciare da te. E’ in un rapporto diverso con il momento; non va da nessuna parte. Non sta cercando di acquisire qualcos’altro. Non ti ha innalzato o diminuito.

Comincia a sentire il profondo senso di innocenza di questa apertura. Non percepisce partendo dal passato, né dall’ultimo momento, ancora meno dall’accumulazione di un’intera vita. Percepisce solo in questo momento.

L’apertura non ha accumulato nulla, così è libera. Ha un rapporto profondamente innocente ma saggio con ogni cosa. E’ un qualcosa di primario, sveglio e vivo. Puoi sentire come sia incredibilmente preziosa.

Permettiti di sperimentare questa apertura, questo nulla. Permettiti di vedere come fa esperienza del tuo corpo e della tua mente proprio adesso, in questo momento. E’ così diverso dall’esperienza del me. Questo nulla è la pace che supera ogni comprensione, ed è proprio qui sulla punta delle tue dita.

Essere risvegliato è inerente a ogni cosa e ogni essere, dappertutto e in tutti i tempi. Solo in questo stato ti rendi conto di non aver mai veramente voluto quello che pensavi di volere. Realizzi che dietro a tutti i tuoi desideri c’è solo un singolo desiderio: sperimentare ogni momento dalla tua natura vera.

Trovi che il solo camminare fuori e vedere una foglia nella brezza o vedere un mendicante all’angolo è un’esperienza squisita. Non hai bisogno di niente di grande; ogni momento ha una sua bellezza. Anche i momenti brutti hanno una bellezza, quando vengono vissuti da questa innocenza, questo bellissimo e disarmante stato di risvegliatezza.

In qualunque momento puoi chiederti: “Com’è per questa vacuità vivere questo momento? Com’è per questa risvegliatezza?”

Ascolta veramente, perché l’apertura è quieta e dolce. Non puoi insisterci su. Non puoi afferrarla. Semplicemente apriti. Cerca l’apertura, senti dall’apertura, relazionati dall’apertura. Può sconvolgerti se non sei abituato. Se ti trovi in un posto che non ti piace, chiediti come l’apertura sta vivendo questo momento. Avviene uno spostamento (di prospettiva ) e ti ritrovi a dire: “Accidenti!, in realtà se la sta godendo!”

Questo relazionarti dal tuo cuore, dalla verità del tuo essere, dall’apertura, è qualcosa che non può venire insegnato.

Ricordo com’era, quando sono andato a prendere dei precetti buddisti. Li leggi, li studi e li prendi dentro. Fai con loro tutto quello che fa il piccolo me, tipo decidere di fare veramente un buon lavoro fino a che scopri diversamente. Pensi di sapere che cosa sono i precetti, poi ti risvegli veramente alla tua natura vera e realizzi che questo è come la tua vera natura vede naturalmente le cose. E’ molto semplice. E’ tutto. Ora non hai bisogno di nessun precetto perché la tua vera natura vede in quel modo tutto il tempo.

Così, se vuoi trovare come l’apertura si relaziona ad ogni momento, vai semplicemente dentro. Sii quell’apertura. Sii quella vacuità. Tutto quello che devi fare è interrogarti, investigare per conto tuo.

Come si relaziona a questo pensiero nella mia mente? A questa persona? A questo momento? Lo puoi vedere. Vai direttamente alla sorgente, alla sola autorità che è definitivamente liberatoria: la tua risvegliatezza, il tuo vuoto che percepisce in questo momento. Ti insegnerà come vivere.

Adyashanti, Berkeley, California, March 17, 2002

Fonte: https://www.animalibera.net/2018/09/adyashanti-aforismi-riflessioni.html

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