Jiddu Krishnamurti: Il volo dell’aquila.

Il volo dell’aquila.

Un nuovo libro che, raccogliendo discorsi e dialoghi del grande filosofo indiano Juddu Krishnamurti, spinge il lettore a interrogarsi.

Il volo dell’aquila è il titolo di un nuovo libro (Ed. Il Punto d’Incontro), che contiene discorsi e dialoghi tenuti da Jiddu Krishnamurti, una delle menti più lucide e profonde del ‘900. Commentare la sua opera è molto difficile, tanto più farlo in poche righe. Tra l’altro, questo filosofo indiano ha scritto di suo pugno solo un diario, pubblicato con il titolo di “Taccuino” e tutti i suoi numerosi libri sono formati da discorsi pubblici e risposte alle domande degli interlocutori.

Confrontando la registrazione delle conferenze con il testo dei libri, si può notare con ammirazione l’assoluta uguaglianza tra parlato e scritto, cosa impensabile persino per i più grandi filosofi. Tra i suoi dialoghi, sono memorabili quelli con il Nobel della fisica David Bohm, con il teologo Prof. Allan W. Anderson o con altri grandi pensatori, studiosi e scienziati. Ma la sterminata raccolta dei suoi discorsi è sempre di altissimo livello e grande profondità con qualunque interlocutore.

Temi fondamentali su cui riflettere.

Krishnamurti ha instancabilmente tenuto conferenze in tutto il mondo per oltre 50 anni, dagli Stati Uniti all’Europa e all’Asia e persino in Australia e Nuova Zelanda. Nelle sue conferenze, a Londra, Amsterdam, Parigi e Saanen in Svizzera, contenute in questo libro assieme ad alcune domande del pubblico, espone come sempre temi su cui è per tutti fondamentale riflettere.

Lui non accettava il ruolo di maestro perché considerava dannoso seguire qualsiasi autorità esterna, perché la dipendenza è sempre dannosa e la conoscenza di sé non ci può essere data da qualcuno, ma è un fatto di chiarezza interiore, di un diverso tipo di intelligenza e di un diverso piano di coscienza. La coerenza logica dei suoi discorsi e l’assoluta indipendenza dai sentieri tradizionali rendono la sua opera unica.

Siate luce a voi stessi.

Le sue parole sono un’esperienza diversa da qualunque altra lettura, in quanto spingono ad osservare in se stessi i problemi dell’umanità in modo immediato e a riconoscere la sostanziale differenza tra la realtà concettuale e la realtà oggettiva, tra le illusioni mentali e la pienezza della consapevolezza del presente.

Già alla prima lettura si possono avere lampi intuitivi di risveglio, ma una comprensione profonda implica numerose riletture.

Una pagina di Krishnamurti, riletta a distanza di qualche tempo, pare ogni volta differente e si comprende in modo nuovo. Con le sue parole, egli cerca di condurre, in primo luogo, a riconoscere gli inganni mentali, poi, attraverso una percezione immediata, ad emanciparci da essi. Per risvegliare questa consapevolezza non suggerisce metodi, ma piuttosto evoca l’attenzione e l’osservazione di sé, scevra da giudizi. Un’attenzione che si manifesta solo quando siamo interiormente liberi.

Ognuno deve prendersi cura di sé.

Le sue parole mettono in luce le radici profonde del mal di vivere e della crisi che attraversa l’umanità. L’uomo non pare sappia affrontare i problemi che ha creato, anzi, per risolverli ne crea di nuovi. Il problema umano non trova, e non ha trovato, soluzione nelle fedi, nelle religioni e negli ideali politici, essendo il pensiero stesso alla base di tali fedi e ideali ciò che crea divisione e contraddizione.

Il pensiero è adatto per compiti tecnici che implicano tempo, esperienza e memoria, ma diventa un grande ostacolo quando si tratta di vedere con chiarezza ciò che è reale e riconoscere in noi stessi la sorgente dei problemi.

Non è attraverso il pensiero che possiamo vedere la bellezza del mondo, della natura, esprimere la spontanea pienezza dell’Essere, amare e sentire con chiarezza il flusso della realtà e il nostro rapporto con essa, questo perché il pensiero ha i suoi ambiti e limiti.

Prigionieri del pensiero divisivo.

Se l’essenza del problema umano è l’imprigionamento nelle gabbie del pensiero divisivo, la soluzione va cercata in un diverso tipo d’intelligenza, che nasce dall’attenzione a ciò che è, al di là del filtro dei condizionamenti, dei desideri, delle paure e delle aspettative.

Krishnamurti insegna che è necessaria una radicale rivoluzione interiore dell’individuo perché egli possa prendere coscienza dell’illusoria divisione tra osservatore e osservato e cogliere l’unità con la vita, affrontando così i problemi quotidiani efficacemente. La società cambierà quando cambieranno gli individui ed ognuno deve quindi prendersi cura di sé.

Può la mente liberarsi dal conflitto?

La consapevolezza ci libera dal conflitto tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere e apre la via ad una nuova vita, autenticamente olistica e pienamente vissuta.

Nonostante il linguaggio di Krishnamurti sia diretto e chiaro, privo di termini sanscriti, riferimenti alle scritture o testi classici, le sue parole sono sconcertanti perché sono espressione di uno stato di coscienza che distrugge le credenze cui siamo attaccati e ci mostra i limiti del conosciuto che ci programma e condiziona.

Nel suo parlare egli cerca sempre di condurre l’interlocutore a trovare in sé le risposte, pone in chiaro il problema e ci invita ad osservarlo assieme a lui e a chiarirne la natura.

Quando abbiamo una chiara percezione del disordine e delle contraddizioni interiori, esse si dissolvono istantaneamente. Questo è un cambiamento radicale rispetto al nostro costante tentativo di nascondere, di sfuggire tali realtà, mai osservate e comprese veramente.

Coerente con gli insegnamenti dei più grandi maestri.

Tuttavia i discorsi di Krishnamurti, nonostante la loro modernità ed immediatezza, sono coerenti con l’essenza degli insegnamenti di tutti i più grandi maestri. Con parole sue, egli conduce a intuire ciò che nello Zen è chiamato Autonatura, cioè verità espresse nei Sutra di Hui Neng sulla Vacuità, o dai maestri non dualisti come Shankaracharya e i rishi del Vedanta; il suo messaggio è in sintonia con Abhinavagupta dello Shivaismo Kashmiro e con i maestri taoisti come Lao Tzu, che per altro lui non conosceva.

Inoltre ci mette costantemente in guardia dal pericolo di rifugiarci nel mondo concettuale che proviene dal passato. Aderire alle idee di Maestri, per sagge che siano, se non abbiamo risolto i nostri problemi, è del tutto inutile, anzi, possono condurci fuori strada, in un mondo immaginario di ideali illusori, in contraddizione con la realtà vissuta.

Riconoscendo ciò che è falso, si svela il vero, affermava, mentre se cerchiamo la verità senza aver riconosciuto la natura condizionata del cercatore stesso finiremo in circoli viziosi e auto-frustrazione. Solo se interiormente liberi da conflitti con noi stessi, possiamo scoprire una nuova consapevolezza non divisa, in cui gli opposti sono integrati nella loro interdipendenza.

Quando la mente è sgombra si sperimenta l’amore.

Egli affermava di non aver mai letto neppure la Bhagavad Gita e che ognuno può trovare la verità semplicemente osservando il movimento del pensiero e i suoi limiti e andando oltre. Nel sentire immediato di una mente sgombra si sperimenta l’amore. Un amore che abbiamo dimenticato, confondendo l’estasi della consapevolezza non divisa con la ricerca del piacere e con la dipendenza da ciò che ci circonda. Con le indicazioni, ci conduce a riconoscere e smantellare le false identificazioni dell’ego che ci imprigionano.

Jiddu Krishnamurti è scomparso nel 1986 negli ultimi giorni pare fosse scontento del fatto che la gente avesse seguito le sue conferenze solo per intrattenersi, dal momento che non era riuscito a cambiare la società.

Come dicevano gli antichi, pochi cercano e tra i pochi che cercano pochi trovano. Per questo Krishnamurti ricordava la necessità di quel fuoco di passione per la verità senza il quale ogni ricerca è vana.

Alcune righe tratte dal testo:

La meditazione, se la comprendete, è una cosa davvero straordinaria; ma probabilmente non potete capirla se non smettete di cercare, di desiderare, di sforzarvi e vivete, del disordine della vostra vita. Osservando tale disordine arriva l’ordine, che non è uno schema. Se avete fatto questo – che in sé è meditazione – allora possiamo chiederci non soltanto cos’è la meditazione, ma anche cosa non è, perché nella negazione di ciò che è falso c’è la verità.

Ogni sistema, ogni metodo che vi insegna a meditare è ovviamente falso. Lo potete vedere intellettualmente, logicamente, perché se praticate qualcosa secondo un metodo – per quanto possa essere nobile, antico, moderno, popolare – vi state convertendo in una macchina, state facendo ripetutamente una cosa per raggiungerne un’altra.

Nella meditazione il fine non è diverso dal mezzo. Invece il metodo vi promette qualcosa, è un mezzo per un fine. Se il mezzo è meccanico, allora anche il fine è una cosa conseguita dalla macchina. La mente meccanica dice: “Otterrò qualcosa”, Bisogna essere completamente liberi da tutti i metodi, da tutti i sistemi; questo è già l’inizio della meditazione, state negando qualcosa che è completamente falso e privo di significato.

Poi ci sono coloro che praticano la “consapevolezza”. Si può praticare la consapevolezza? Se la “praticate”, allora siete sempre disattenti. Quindi siate consapevoli della disattenzione invece che esercitarvi a stare attenti. Se siete consapevoli della vostra disattenzione, da quella consapevolezza sorge l’attenzione, non avete bisogno di praticarla. Vi prego, comprendetelo, è così chiaro e così semplice.

Dal retro di copertina:

Questo mondo è straordinariamente bello. È il nostro mondo, la terra in cui viviamo. Ma noi non viviamo, siamo limitati, separati, ansiosi, spaventati, viviamo di conseguenza senza relazioni, isolati, disperati.

Non sappiamo cosa significhi vivere nell’estasi, nella beatitudine. Si può vivere in quello stato solo se si sa come essere liberi da tutte le sciocchezze della vita. E possiamo essere liberi solo quando diventiamo consapevoli della nostra relazione, non soltanto con gli altri, anche con le idee, con la natura, con tutto.

Siamo pieni di teorie, parole, conoscenza di ciò che gli altri hanno detto, ma non sappiamo nulla di noi stessi e pertanto non sappiamo vivere.

Filippo Falzoni

Fonte: https://www.karmanews.it/23250/krishnamurti-il-volo-dellaquila/

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