La guerra interiore.

La Guerra Interiore.

Quanto più sinceramente si fa questo lavoro, tanto più ci sì rende conto dì quanto sforzo richieda e di quale battaglia sia il continuare ad essere presenti. Come disse il mistico Sufi Kabir: “Nel campo di questo corpo ha luogo una grande guerra”.

Kabir si riferiva alla guerra interiore: la lotta degli “Io” di lavoro per aggirare costantemente gli ‘Io’ meccanici e promuovere la presenza. Ma Kabir non fu il primo a servirsi dell’analogia della guerra.

Migliaia di anni prima di Cristo, nel Libro per Uscire al Giorno (più comunemente conosciuto come Libro dei Morti) la scuola egiziana si esprimeva in tali termini: “Afferra il tuo arpione e caccia il nemico”. Intendevano dire: assumi il controllo degli ‘Io’ di lavoro e usali per deflettere gli ‘Io’ meccanici, generati dai quattro centri inferiori.

Qualche secolo dopo, il Mahabharata rappresentò questo sforzo nel guerriero Arjuna, che esotericamente rappresenta il maggiordomo: “Arjuna divenne famoso per la fermezza della sua presa sulle armi da combattimento”.

Gli autori del testo sacro indiano indicavano in tal modo che un maggiordomo ben sviluppato può prontamente usare gli ‘Io’ di lavoro per deflettere gli ‘Io’ meccanici e reintrodurre la presenza.

E, in maniera analoga, gli autori dei Nuovo Testamento descrivono Cristo: ‘Non crediate che io (maggiordomo) sia venuto per portare la pace (la presenza) sulla terra (i quattro centri inferiori), bensì una spada (gli ‘Io’ di lavoro)”.

Maometto, che comprese il significato esoterico della Bibbia, aggiunse più tardi: “Le spade (gli ‘Io’ di lavoro) sono le chiavi dei paradiso (promuovendo la presenza)”.

Queste immagini di guerra, usate dalla maggior parte delle scuole nel corso della storia, comunicano il livello d’intensità del combattimento contro un nemico che è deciso a sconfiggere il suo avversario a qualunque costo, in una lotta in cui la vita e la morte sono la posta in gioco. La vittoria da conquistare interiormente è la divina presenza che culmina nell’immortalità della coscienza, mentre sconfitta significa essere immersi senza scampo nell’immaginazione.

Il condottiero di questa guerra è il maggiordomo, che guida i suoi soldati, gli ‘Io’ dì lavoro, in una battaglia contro un abile nemico: la parte intellettuale del centro istintivo. Nell’immagine qui sopra riportata, l’avversario è rappresentato da un drago in sembianze umane. Visto da vicino, l’abito del drago consiste di centinaia di volti – I molti Io – che si oppongono al maggiordomo.

Quando Ouspensky disse che la parte intellettuale del centro istintivo è il “cervello dietro la macchina”, spiegò che essa esercita il controllo sulle altre parti del centro istintivo. Quello che non disse è che questa parte della macchina controlla anche tutto il resto della macchina. Essa, cioè, è in grado di manipolare indirettamente i centri inferiori, per produrre immaginazione, identificazione ed emozioni negative.

Inoltre, è anche all’origine di reazioni quali l’irrequietezza, la curiosità, le risate e l’umorismo, così come si nasconde dietro al bisogno di attirare o di evitare l’attenzione degli altri. E questi sono solo alcuni esempi fra i possibili.

In pratica, dietro qualsiasi manifestazione della macchina, risiede la parte intellettuale del centro istintivo che, o passa inosservato, o viene erroneamente scambiato per consapevolezza.

Il Vecchio Testamento, Lamentazioni 4:12, descrive così la natura clandestina di questa parte della macchina: “Non credevano i re della terra e tutti gli abitanti dei mondo, che sarebbero entrati, avversario e nemico, per le porte di Gerusalemme”.

Le parti dei centri (perfino le altre parti intellettuali dei centri) sono all’oscuro del fatto che la parte intellettuale del centro istintivo si serve di loro per rimuovere la presenza.

In altri punti della letteratura e dell’arte esoterica, la parte intellettuale del centro istintivo è rappresentata nelle sembianze di un ippopotamo, un coccodrillo, un asino, un serpente e perfino un diavolo. Questo è perché la parte intellettuale del centro istintivo è intelligenza animale in vesti umane, mentre i centri superiori sono intelligenza divina in forme umane. Sconfiggere la prima per promuovere l’altra è, appunto, lo scopo che ci prefiggiamo nello sviluppare il maggiordomo.

Anche molti autori della Filocalia erano consapevoli di questo e lo espressero attraverso l’idea della preghiera che, per loro, era analoga all’uso degli ‘Io’ di lavoro, allo scopo di deflettere gli ‘Io’ meccanici.

Per esempio, Giovanni Climaco scrisse: “La tua spada spirituale dev’essere sempre sfoderata”. Similmente, Giovanni di Carpathos disse: “Il nemico sa che la preghiera è la nostra arma invincibile contro di lui e per questo ci impedisce di pregare”.

In altre parole, sapendo che gli ’Io’di lavoro rappresentano la sua fine, la parte Intellettuale del centro istintivo fa tutto quello che è in suo potere per attirarci verso gli ‘Io’ meccanici e allontanarci da quelli di lavoro.

Il poeta Sufi Rumi descrisse così la severità e la durezza di questa lotta: “Non portare con te in battaglia una spada di legno. Va, trovane una di acciaio e poi mettiti in marcia con gioia. Fatti avanti con tutto il tuo vigore, con tutte le tue spade dalle punte acuminate”.

Come ha detto recentemente il signor Burton: “Non abbiamo tempo di allenarci con una spada di legno; dobbiamo essere presenti quando c’è ancora tempo per esserlo”.

Questo è, da sempre, lo scopo della scuole: continuare a deflettere gli ‘Io’ meccanici e recuperare l’attenzione divisa – essere presenti adesso. Una delle rappresentazioni più iconografiche di questa continua lotta interiore viene dal testo sacro indiano, la Baghavad Gita, che dice: “Esiste una guerra che apre le porte dei paradiso. Fortunati quei guerrieri cui è dato In sorte di combattere una tale guerra”.

Essere presenti *15
La “Guerra interiore”

Fonte: http://sgiusal.blogspot.com/2018/05/la-guerra-interiore.html

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