Nisargadatta Maharaj: Sulla guerra.

Sulla guerra.

«Siamo sicuri di amare davvero la vita o, al contrario, amiamo soprattutto noi stessi e, di conseguenza, estrapolando, l’immagine – puramente egoica – che ciascuno si forma dell’altro e di ciò che ci circonda?

Fintantoché ci riterremo al centro del creato o, se preferisci, dell’increato, di quanto si avvicenda in un turbine emotivo e di continua, persistente inconsapevolezza, la vita ci riserverà comunque tensioni, lotte, ostilità, conflitti, contese … definiscile pure come meglio ti aggrada, ma l’armonia è sempre oltre

Oltre ogni attaccamento, che presuppone, ahimè, mera identificazione. L’alternativa alla guerra, la soluzione finale di ogni conflitto è creare una società fondamentalmente altruista. Non si tratta di filantropia, tanto meno di mera compassione, bensì del riconoscimento sostanziale che tu e io siamo il medesimo, identico soggetto.

Il mondo è amore in azione, afferma perentoriamente Nisargadatta Maharaj: se vuoi evitare la guerra considera, in primis, che la vera crescita non è un fenomeno espansivo che riguarda esclusivamente beni e consumi, ma corrisponde, soprattutto, a una dinamica di approfondimento della coscienza e dell’essere …»

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Brani tratti da colloqui con Nisargadatta Maharaj sulla guerra.

«Nisargadatta Maharaj: In un posto o nell’altro, in una forma o nell’altra, c’è sempre una guerra. Si è mai dato un tempo senza guerre? Cerca il colpevole all’interno. Le idee di « io » e « mio » sono alla radice d’ogni tensione. Liberatene e sarai fuori del conflitto. Contesa e lotta sono parte dell’esistenza. Cerca allora il responsabile dell’esistenza.

Dal momento in cui fosti concepito, hai ingaggiato una guerra con l’ambiente: una guerra di mutuo sterminio finché la morte ti libererà.

Questa è la risposta finale: niente è. Tutto appare momentaneamente nel campo della coscienza universale; la continuità di nome e forma è solo mentale, e facilmente vanifica.

Chi è responsabile? Tutti e nessuno. Il mondo è il suo contenuto, e ogni cosa influenza tutte le altre. Tutti uccidiamo, e tutti moriamo insieme all’ucciso. Ogni evento ha parecchie cause e produce innumerevoli effetti. Inutile tenere i conti, nulla è rintracciabile.

In realtà siamo tutti creatori e creature l’uno dell’altro, infliggiamo e portiamo il fardello reciproco. Nell’ignoranza siamo innocenti, nelle azioni, colpevoli. Pecchiamo senza saperlo e soffriamo senza comprendere. La nostra sola speranza è: fermarci, guardare, capire e svincolarci dalla trappola della memoria. Perché essa nutre l’immaginazione, che a sua volta produce il desiderio e la paura.

La luce della coscienza attraversa il film della memoria e proietta le immagini sul cervello. Ma poiché questo è carente e caotico, percepisci in modo distorto e influenzato dai sentimenti di piacere e dispiacere. Metti in ordine il tuo modo di pensare, sfrondalo degli eccessi emotivi, e vedrai le persone e le cose come sono, con chiarezza e compassione.

Il testimone della nascita, della vita e della morte, del dolore e dell’amore, è unico. Amiamo l’esistenza che nella sua limitazione e separazione è dolorosa, e allo stesso tempo la odiamo. Lottiamo, uccidiamo, distruggiamo la vita e i beni, tuttavia siamo capaci di affetto e sacrificio.

Nutriamo teneramente il figlio e anche l’orfano. Siamo pieni di contraddizioni. Eppure ci aggrappiamo alla vita. Alla radice dell’esistenza c’è proprio questo aggrapparsi, benché sia poi del tutto superficiale. Ci avvinghiamo a qualcosa o a qualcuno con tutte le forze e il momento dopo lo dimentichiamo, come un bambino che fa le sue formine di fango, e subito le abbandona. Toccagliele: strillerà di rabbia; distrailo, e le dimenticherà. Perché la nostra vita e l’amore per essa, è ora.

Amiamo l’altalena del dolore e del piacere, i contrasti ci affascinano. Per questo ci occorrono gli opposti e la loro distanza apparente. Per un po’ ne godiamo, poi ce ne stanchiamo e invochiamo la pace e il silenzio del puro essere. Il cuore cosmico batte incessantemente. Io sono il testimone e anche il cuore.

Il pittore è nel quadro. Ma tu prima lo isoli dal quadro e poi lo cerchi. Non separarlo e non porre falsi problemi. Le cose sono come sono, e nessuno in particolare ne è responsabile. L’idea di responsabilità personale viene dall’illusione che ci sia un attore: «Qualcuno deve averlo fatto, qualcuno ne è responsabile». La società com’è ora, col suo schema di leggi e costumi, si fonda sull’idea di una personalità separata e responsabile; ma questa non è che una fra svariate strutture sociali. […]

Prendi ad esempio il bambino. L’« io sono » non si è ancora espresso, la personalità è appena abbozzata. Ha pochi ostacoli alla conoscenza di sé, ma gli mancano la chiarezza e la forza della consapevolezza, la sua ampiezza e profondità.

Col passare del tempo, alla crescita della consapevolezza si accompagna anche quella della personalità latente, che tende a oscurare la consapevolezza e a complicare l’insieme. Come la fiamma è tanto più gagliarda quanto più duro è il legno; così, quanto più forte è la personalità, tanto più brillante sarà la luce sprigionata dalla sua distruzione.

Essere, avere un nome e una forma, è doloroso, eppure io l’amo. Tutto è contenuto nell’esistenza. La mia stessa natura è amore; anche ciò che è doloroso è amabile. E’ l’istinto di esplorazione, l’amore dell’ignoto, che mi porta a esistere. E’ nella natura dell’essere, vedere l’avventura nel divenire, come è nella natura del divenire cercare la pace nell’essere. Questo alternarsi di essere e divenire è inevitabile; ma la mia dimora è oltre.

Amare e adorare un Dio è ancora ignoranza. La mia dimora è di là da ogni nozione, per eccelsa che sia. Puoi usare le parole che vuoi. Quali che siano i tuoi pensieri, io sono oltre.

Si nasce a causa dell’amore per l’esistenza corporea, e si è subito coinvolti dal destino, che è inseparabile dal divenire. Il desiderio di essere il particolare ti fa diventare una persona con tutto il suo bagaglio di passato e futuro.

[…] Per me la morte non è una calamità, così come la nascita di un bambino non è una gioia. Il bambino va verso i guai, il morto ne è fuori. L’attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. Per me la morte sarà un momento di giubilo, non di paura. Piangevo quando nacqui, e morirò ridendo.

Quando termina la proiezione dei film, tutto ritorna com’era prima che incominciasse. Lo stato prima della tua nascita era identico a quello dopo la morte, se ricordi. Basta sintonizzarsi. Richiede allenamento, naturalmente.

[…] La mia idea è presto detta: produrre e distribuire, nutrire gli altri prima che se stessi, dare prima di prendere, pensare a sé dopo che agli altri. Solo una società altruista, basata sulla spartizione, può essere stabile e felice. Questa è l’unica soluzione pratica. Se non la vuoi, fa’ la guerra. Comunque la metti, le cose non cambiano. La società è costruita sui moventi. Metti nelle fondamenta la buona volontà e non ti occorreranno assistenti sociali specializzati.

Il mondo ha avuto tutto il tempo di migliorare, ma non l’ha fatto. Che speranza c’è per il futuro? Naturalmente, col “sattva guna” in ascesa, ci sono stati e ci saranno periodi di armonia e pace; ma le cose sono distrutte dalla loro stessa perfezione. Una società perfetta è necessariamente statica, perciò diviene stagnante e declina.

Dalla vetta tutte le strade conducono in basso. Le società sono come persone: nascono, crescono fino a un punto di relativa perfezione, poi decadono e muoiono. Tutto ciò che ha un inizio deve avere una fine. Nel senza-tempo, qui-ora, tutto è perfetto. A tempo debito torneremo al punto di partenza. Né il tempo né lo spazio possono condurci fuori delle loro dimensioni. Tutto ciò che si ottiene aspettando, è ancora un’attesa.

La perfezione assoluta è qui-ora, non in un futuro, vicino o lontano, il segreto è nell’azione “qui e ora”. E’ la tua condotta che ti rende cieco a te stesso. Non curarti di ciò che pensi di essere, e agisci come so fossi assolutamente perfetto, qualunque sia la tua idea di perfezione.

Ti occorre solo il coraggio. Guardati dentro. Hai tutto ciò che ti occorre. Usalo. Comportati meglio che puoi, fa’ ciò che pensi di dover fare. Non temere gli errori; puoi sempre correggerli, solo le intenzioni contano. La forma che le cose prendono non è in tuo potere; i motivi delle tue azioni sì.

L’azione non porta alla perfezione; è la perfezione che si esprime nell’azione. Finché ti giudichi dall’esterno, dai un’enorme importanza ai gesti che compi; ma solo dopo che avrai penetrato il tuo essere, il tuo comportamento sarà spontaneamente perfetto. L’amore tende naturalmente ad esprimersi, affermarsi, superare le difficoltà.

Quando avrai capito che il mondo è amore in azione, lo vedrai in un modo del tutto diverso. Ma prima deve cambiare il tuo atteggiamento verso la sofferenza, che è anzitutto una richiesta di attenzione, essa stessa un moto d’amore.

Più che la felicità, l’amore vuole la crescita, l’allargamento e l’approfondimento della coscienza e dell’essere. Tutto ciò che lo impedisce, diviene causa di dolore, e l’amore, si sa, non si sottrae al dolore.

Il sattva, l’energia che opera a favore della giustizia e di uno sviluppo ordinato, non deve essere ostacolata. Altrimenti, si rivolta contro se stessa e diviene distruttiva. Ogni volta che si frena l’amore e si permette alla sofferenza di espandersi, la guerra diventa inevitabile. La nostra indifferenza alla pena del vicino, porta la pena alla nostra porta.»

Nisargadatta Maharaj

Fonte dei brani di Nisargadatta Maharaj: Rebirthing Transpersonale Milano | Dr. Filippo Falzoni Gallerani

Letto su: https://www.meditare.it/wp/risorse/sulla-guerra-nisargadatta-maharaj/

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