Rupert Spira: Il Nome Divino.

Il Nome Divino – Chi sono ‘io’, veramente?

Chi sono”io”?

«Praticamente tutti, ovunque, parlano di sé come del protagonista della propria vita, del personaggio conosciuto come “io”. Invocano il nome “io” ogni giorno in innumerevoli contesti, ma a chi – o forse più precisamente, a cosa – si riferiscono effettivamente?

Infatti, ecco un esperimento intrigante: quando chiudi gli occhi e cerchi l'”io” nel tuo corpo, cosa trovi?

Il Nome Divino: la risposta definitiva dell’umanità alla domanda “Chi sono io?”

Il concetto di “io” nella sua forma più pura è un argomento profondo, con profonde implicazioni filosofiche.

La famosa iscrizione associata all’Oracolo di Delfi, ed esposta nel Tempio di Apollo, è Gnothi seauton , o “Conosci te stesso”.

Pitagora in seguito abbellì il tema come: “Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei”.

E se, come afferma Socrate, “conoscere se stessi è l’inizio della saggezza”, faremmo bene a supporre che si riferisca a qualcosa di più essenziale del semplice ruolo temporaneo sul lavoro, a casa, nella comunità, o anche all’interno di una società. relazione intima.

Quanto più approfondiamo la comprensione dell'”io”, tanto più ci apriamo al riconoscimento della nostra natura divina, facendo luce sull’essenza più pura del nostro essere.

Trovare te stesso: la costante in tutte le tue esperienze mutevoli.

Ramana Maharshi, l’eminente saggio indiano e insegnante spirituale del XX secolo, sosteneva l’indagine di sé, o ātma-vichāra, come la via più diretta verso l’autorealizzazione. Ha insegnato che ‘Il Sé è Consapevolezza costante e ininterrotta’. L’oggetto dell’indagine è trovare la vera natura del sé come Consapevolezza. *1

*1 David Godman, Sii come sei: gli insegnamenti di Sri Ramana Maharshi

Se l'”io” deve rappresentare autenticamente chi siamo, allora deve essere quell’aspetto “iniinterrootto” del nostro sé che non ci lascia mai, che rimane sempre con noi. Il fattore costante in ogni esperienza mutevole. Rimane costantemente presente durante gli stati di veglia, sogno e sonno.

Una risposta, quindi, a “Chi sono ‘io’?” è quello a cui appare ogni esperienza, ma non è esso stesso un’esperienza. È lo sfondo, il terreno comune di ogni esperienza, sempre presente, eppure spesso trascurato. ‘Io’ si riferisce al nostro sé essenziale e irriducibile: il nostro essere.

Svelare il nome divino: dall’essere finito all’infinito.

Nonostante invochiamo regolarmente il nome “io”, spesso permettiamo al nostro sé, al nostro essere essenziale, di rimanere intrappolato nel contenuto dell’esperienza: pensieri, sentimenti, sensazioni, percezioni. Questa confusione porta alla mancanza di comprensione di chi sia realmente l’“io”, velando così la pace innata e la gioia tranquilla che sono la sua vera natura.

Quando rimuovi tutte le qualità che acquisisce dal contenuto dell’esperienza, scopri che l’“io” perde i suoi limiti apparenti. Ti ritrovi rivelato non come l’essere finito e temporaneo che credevi e sentivi di essere, ma come un essere illimitato. Essere infinito. L’essere di Dio.

Quindi, ‘Io’ è il Nome Divino, il nome del divino in noi, che è antecedente a qualsiasi qualità derivata dal contenuto dell’esperienza.

L’onnipresenza dell’io: ciò che sperimenta.

Ma come potremmo spogliarci del contenuto della nostra esperienza?

Un modo è considerare l'”io” come lo spazio in una stanza, che viene quasi universalmente trascurato a favore degli oggetti nella stanza. Di conseguenza, lo spazio sembra essere assente. Allo stesso modo, l’“io” è quasi universalmente trascurato a favore degli oggetti dell’esperienza – percezioni, sensazioni, pensieri, ecc. – eppure è sempre lì, splendente in mezzo a tutta l’esperienza.

E come lo spazio nella stanza, che non può essere visto, ma è sempre sperimentato, così l’“io” non può mai essere trovato come oggetto di esperienza. Tuttavia, viene sempre sperimentato – cioè, sperimenta sempre se stesso.

‘Io’: un portale per la pace e la vera natura.

Osservato da una prospettiva leggermente diversa, scopriamo che il nome “io” serve come un portale attraverso il quale possiamo incamminarci sulla via del ritorno, dal dramma dell’esperienza alla pace della nostra vera natura. È, in quanto tale, il mantra più alto. E brilla come un faro in mezzo a tutte le esperienze, segnalando il luogo di pace dentro di noi.

Tutto ciò che serve è pronunciare una volta il Nome Divino e lasciarsi trascinare nel suo significato, cioè in ciò a cui si riferisce la parola “io”: il santuario del cuore, il luogo della pace in noi.

Ciò ha profonde implicazioni se desideriamo svolgere qualche forma di pratica spirituale.

Discernere l’“Io”: l’essenza della preghiera e della meditazione.

L’essenza della preghiera o meditazione è risolvere da soli la questione: ‘Chi sono ‘io’?’; significa discernere chiaramente la natura dell’“io” nell’intreccio del contenuto dell’esperienza. Significa risalire a se stessi attraverso gli strati dell’esperienza fino ad arrivare al puro ‘io’, al puro essere nudo. Essere illimitato. Essere infinito. L’essere di Dio.

Quindi, ‘Io’ non è solo il mantra più elevato, è il nome divino, il nome del divino in noi.»

Rupert Spira

Fonte: https://rupertspira.com/non-duality/blog/philosophy/the-divine-name-exploring-the-essential-irreducible-i
Traduzione: UnicaCoscienza

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