Sid Atma: E’ semplicemente così.

E’ semplicemente così.

Quello che segue è un dialogo col Maestro.

 

Maestro: È semplicemente così.

Sid: Ma “così” come?

M.: Così com’è. È perfetto così.

S.: È dura da mandare giù… mentre il mondo annega nella menzogna, nell’illusione, nell’ignoranza, nella divisione, nella paura, nel conflitto, nella rabbia, nella violenza, nell’ingiustizia, nella sofferenza… è questa la perfezione?

M.: Quella è mente, ego, dinamica di pensiero, giudizio… nulla a che vedere con ciò che è. Sono i colori con cui il pensiero dipinge ciò che è. Colori fatti di parole, di idee, di concetti, di pregiudizi, di divisioni, di confronti e paragoni. Condizionamento mentale e un sapere di seconda mano.

S.: E, allora, perché i miei occhi vedono tutto ciò?

M.: Perché tu, in quanto Sid, ti stai dissolvendo. L’ego si sta dissolvendo. La persona che credi di essere si sta dissolvendo. L’attaccamento alla forma si sta dissolvendo. Esattamente come si sta dissolvendo il mondo che vedi. Può essere un processo doloroso, non lo voglio negare. Ma non sei solo. L’intero universo sta partecipando a questo processo insieme a te. La Vita e la Verità ti hanno condotto fino a qui… amorevolmente.

S.: Ma intorno a me sembra che tutto stia andando in pezzi, che tutto stia crollando, che l’oscurità stia affogando ogni cosa ed ogni essere vivente, che l’Apocalisse sia giunta fin sulla soglia della porta della nostra casa. Cosa c’è, in tutto ciò, di amorevole?

M.: Quello che chiami “ordine” o “sicurezza”, in realtà, è la staticità della morte. Quello che chiami “caos” è Vita inarrestabile, in perpetua espansione e contrazione… come il respiro che anima il corpo. Non lo puoi trattenere… altrimenti il corpo morirebbe in pochi istanti.

L’ordine è statico, è un artefatto, è codificato, rigido, limitato e limitante; non ha nulla a che vedere con la Vita Vivente. È un’invenzione, uno strumento per tentare di controllare ciò che controllabile non è. L’ordine è già fallito prima ancora di sussistere… Un’illusione, anche se presentata secondo un bell’ordine, resterà comunque un’illusione… non è Verità.

S.: Ma io non conosco la Verità. Come posso sapere che ciò che dici è vero?

M.: Non puoi. Tu non puoi sapere cosa sia la verità… tu Sei Verità. Non hai nulla in cui credere, non ti offro nulla in cui credere, anzi, semmai ti sto togliendo tutto. Ti lascerò nudo e scalzo. Se non lo sopporterai, sei libero di tornare al tuo tanto sospirato ordine. Ricorda comunque che l’ordine ha bisogno del controllo, senza il quale non ha possibilità alcuna di persistere e il controllo non ha nulla a che vedere con la Libertà. Se questo è ciò che vuoi…

S.: Ma non posso, o forse, non voglio tornare indietro. In realtà, non so più dove andare, non so più a chi raccomandarmi, non ho più nulla in cui sperare, non ho più una fede in cui rifugiarmi; mi sento così solo, un puntino invisibile in un universo sconfinato. Vulnerabile, fragile, un minuscolo lampo, quasi impercettibile, che attraversa l’eternità dell’infinito. Tutto questo mi sta schiacciando, mi sta smembrando e tu mi dici che sei proprio Tu l’artefice di questa nudità in cui mi stai scaraventando? Ma perché proprio io? Perché proprio a me?

M.: Perché così vuole il tuo cuore, non certo il pensiero in cui sei identificato. Il pensiero vuole sopravvivere ed il nutrimento di cui necessita è altro pensiero e ancora e ancora, ma, soprattutto… la tua attenzione, senza la quale non ci sarebbe più nessuno ad ascoltarlo. Quando il pensiero resta inascoltato, comincia la sua agonia e farà di tutto, come ormai ben sai, per evitare l’epilogo.

Chi sta affermando che si sente schiacciato, smembrato, solo e senza speranza? Chi sta dicendo che tutto sta andando a rotoli e che l’Apocalisse sta per abbattersi sulla terra? La vedi l’arte ingannatrice del pensiero? Si finge te, si nutre di te e ti reca l’unico “dono” a sua disposizione… la paura, madre della sofferenza.

Poi, sussurra alle tue orecchie parole “premurose”: segui me, ti proteggerò, ti libererò da ogni peso, sconfiggerò le tue paure, allevierò il tuo dolore, ti posso offrire il mondo intero… basta che mi veneri, che mi ascolti, che mi dai tutta la tua attenzione. Si narra che sia accaduto lo stesso anche al Cristo, tentato nel deserto… o pensavi che avesse incontrato un serpente chiacchierone?

S.: Adesso non vorrai paragonarmi a Cristo, vero? Mi pare un po’ blasfemo…

M.: Tu sei Cristo, io sono Cristo, ogni uomo è Cristo o il Buddha, o l’Assoluto, il Brahman o il Sé… non importa il nome che gli dai. Tu Sei Quello. L’unica differenza, se così si può dire, è esserne consapevoli o ignorarlo… la qual cosa non cambia assolutamente Quello che siamo.

Possiamo ignorarlo, certo, ma non per questo la Verità può cambiare, né restare sconosciuta. Basta avere occhi per vedere, orecchie per udire e un Cuore innamorato. Ma non confondere l’Amore per la Verità con il desiderio di appagamento… il secondo è solo attaccamento a ciò che dà piacere e disprezzo per le cosiddette “avversità”. Piacere e dispiacere sono entrambi temporanei, impermanenti, mentre l’Amore non conosce il giogo del tempo.

S.: Percepisco chiaramente che qualcosa, in me, sta mutando. Potrei probabilmente chiamarla “consapevolezza” … è qualcosa che si sta sovrapponendo alle immagini, ai suoni, alle percezioni che, fino a poco tempo fa, mi davano l’idea che io esistessi veramente e che ciò che mi circonda fosse la realtà. I miei passi tradiscono ancora un’incertezza, un senso di timore, un certo disorientamento, ma mi sento attratto inesorabilmente, come se un vortice gravitazionale mi stesse risucchiando a sé, senza che io nulla possa fare per evitarlo.

Il pensiero si ribella, mi mette in guardia, mi paventa una tragedia imminente, sciagure a non finire. Mi grida che devo assolutamente riprendere il controllo della mia vita, che devo lottare, che devo ottenere ancora qualcosa, prima di potermi sentire al sicuro e completo.

A volte, dentro di me, è come se si stesse svolgendo una battaglia tremenda e le mie gambe tremano. L’unica cosa che riesco a fare in quei momenti è respirare, respirare, respirare… ascoltare le parole che provengono dal dialogo interiore senza giudicarle, restare con le sensazioni che si presentano, per quanto intense possano essere. Cos’altro potrei fare?

M.: A chi appartengono quelle parole? Da dove arrivano quelle parole? Dove svaniscono quelle parole? Cosa generano quelle parole? Chi sta parlando? Questa è la Via. Non è l’unica, certamente, ma evidentemente è quella che hai imboccato. Allora, prosegui.

Non esiste via che non conduca alla Verità. Ma non tentare di raggiungerla, di conquistarla, di trattenerla… sarà Lei stessa che si paleserà a te; non esiste altra modalità. Arrenditi, anche se ti potrà sembrare di morire.

In fondo, la morte non è che la fine di tutto ciò che conosci, compreso ciò che temi, che speri, che desideri, che vuoi ottenere… e che, fino a qui, ti ha recato sofferenza. Quindi, la morte è la fine della sofferenza… perché temerla? Puoi morire a te stesso proprio adesso… o il giorno in cui il corpo si dissolverà; a te la scelta. Comunque è inevitabile.

S.: Percepisco l’agitazione che, ascoltando le tue parole, fa fremere questo corpo… ma percepisco anche un soffio di Libertà, o di liberazione, un calore rassicurante e rigenerante. Ho combattuto come un Legionario dell’antica Roma, ho pregato come un monaco eremita, ho studiato, praticato, meditato fino allo sfinimento… e Tu mi hai tolto tutto. Non mi resta più nulla, resto solo io, qualunque cosa possa significare “io”.

La cosa paradossale è che se faccio un passo indietro, se lascio a te, Maestro, l’onere di guidare questa vita, di condurmi dove tu vuoi, di affrontare senza lagnarmi ciò che mi porrai dinnanzi, se non mendico più il tuo aiuto, il tuo intervento, se non ti supplico più di farmi ottenere questo o quello… mi sento istantaneamente libero, leggero, in pace con me stesso e con tutto ciò che c’è. Sì, è veramente un paradosso e ricordo anche che saranno gli “ultimi” ad assaggiare la beatitudine, non certo i “primi”, gli orgogliosi, i pieni di sé.

Ho un’ultima domanda… Ti sei presentato a me come Maestro, anzi, come “il” Maestro. Come faccio a sapere che è vero, come faccio a sapere chi sei?

M.: Sapere? Cosa farsene del sapere? Il sapere è come un uomo che compra una medaglia, se la appunta sul petto e cammina impettito per far bella mostra di sé. Il sapere non ti servirà a nulla per conoscere chi Sono. Il sapere è sempre limitato, condizionato e prodotto dal tempo. No, non ti serve affatto sapere chi sono, da dove vengo o dove andrò. Piuttosto… non vorresti conoscermi?

S.: Sì, Maestro, è il desiderio più grande che ho, la passione che mi anima, l’affetto che mi sospinge, il richiamo che mi attrae irresistibilmente. Ti voglio conoscere, trascendere l’illusione, strappando il velo dell’ignoranza che mi avvolge. Chi sei, Maestro?

M.: Io Sono. Io Sono te. Noi Siamo Quello. Mi troverai, sempre, in ogni attimo di Silenzio spontaneo. Solo lì, in quella dimensione non ordinaria di coscienza, puoi conoscere me e ciò che è vero di te… nella pausa tra due battiti del cuore, nell’immobilità che precede ogni inspirazione… è lì che ci incontriamo, dove le parole non risuonano e le emozioni non ricevono alcun nome.

S.: Grazie infinitamente, Maestro. In questo istante nulla manca. In questo istante il pensiero tace. In questo istante non c’è passato né futuro. In questo istante non c’è nulla che, ancora, debba essere realizzato, combattuto, conquistato o recriminato. In questo istante tutto è perfetto esattamente com’è… c’è solo Vita, Verità ed una commozione così profonda che, forse, potrei chiamare Amore. Non voglio tenere questo dono solo per me…

***

Che le parole del Maestro possano essere una luce che rischiara il tuo cammino.

Con affetto, Sid… Love*

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