Wei Wu Wei: La comprensione non verbale.

La comprensione non verbale si fece subito strada.

Finché siamo legati dai condizionamenti di oggettività, di concetti, nomi ed etichette, troviamo difficoltà: non ci sono oggetti tranne che nella mente, né opposti bene-male, ma solo complementarità apparenti. L’ovvio è nascosto da questi preconcetti ed è la causa del nostro guardare sempre nella direzione sbagliata.

Tutto quanto esposto sopra non vale nulla, se incollato solo a livello intellettuale-controllo, nonostante lo crediamo. Se è davvero visceralmente integrato, lo si vede da quanto le ’’cose” cui tenevamo tanto, ci lasciano senza rammarichi.

Anche se “crediamo di agire”, siamo agiti, ma un’altra trappola è dire: ”Lascio che tutto accada da sé” (inconsciamente = così posso fare quello che (io) voglio).

Per uscire davvero dalla separazione tra sognatore ed eventi del sogno (vivente) si tratta di vedere, accogliere, assimilare tutto quello che involontariamente abbiamo cercato di camuffare, interpretare, spesso per piegarsi ai dictat di un inconscio ferito e condizionato da strati sottili, che diventano quasi entità prepotenti e non viste!

Dire: “Tanto tutto è zero, nulla da fare, stiamo sognando”, (come molti advaitin, anche sinceri) è essere manipolati dalle nostre memorie, invece di accogliere umilmente, con onestà totale, ogni sensazione spiacevole o peggio, ringraziarla! Perché sempre riferita al punto di partenza dell’ologramma di nascita, che abbiamo dimenticato e ci controlla.

L’inconscio non visto (memorie) e la mente dominata da quei corpi invisibili e sottili dominanti (maya) è naturalmente proiettato sull’oggetto esterno (sogno, apparenza, ma che ci sembra reale ed è spesso una stampella indistruttibile); tuttavia, se scoperto, accolto, nonostante il dolore ricomparso, si rivela il miglior… concime per la nostra pianta fiorita.

Nulla da fare, nulla da modificare, ma solo accogliere ogni attimo con onestà totale, visceralmente e allora le cose ’’inutili’’ ci lasceranno da sole, senza alcun atto di volontà: è il miglior metro di misura.

È il non-fare vero che elude la confusione-controllo, coperta dal falso ’’lasciar accadere’’, altrimenti è solo un bel cerotto inutile e dannoso. Il sogno si può rompere davvero se si ha il coraggio e l’onestà di incontrare ciò che ha fatto male, ma è stato dimenticato, perché spesso troppo doloroso – per es. in un bambino ( il “troppo” per ognuno è un metro variabile) – ma si intravede poi nel filo apparente della vita, durante le attività, la famiglia, il lavoro ecc.

Un esempio vissuto. Un uomo di mezza età, straniero, fuggito da tempo da un paese “difficile”, si era invaghito dell’advaita. Si rivelò, poi, che dopo “abusi” durante l’infanzia e poi… ecclesiastici (!) e altri problemi che sembrava aver risolto, si era poi rivolto anche alle “scienze occulte”, sia per maledire (con effetti davvero tragici, anche se forse non era davvero consapevole della gravità), sia per “guarire” (potere=io ) le persone; faceva pellegrinaggi devoti e seri e sembrava aver ‘’capito tutto’’. Per lui tutto andava bene, magìa-potere-distruttore e… spiritualità-devozione, perché? Perché tanto era tutto un sogno. Viveva nella dualità più completa, ma il suo quasi-mantra era: Tutto accade da sé, “io” non faccio nulla, è solo un sogno. È come il marinaio che, a buoni conti, tiene in ballo due ancore, semmai una si dovesse spezzare.

Che dire? Ho provato a chiarirgli la faccenda, ma probabilmente nel suo ologramma già scritto, la vera comprensione non era ancora raggiunta. La porta era ancora chiusa, anche se – in apparenza – era ben aperta.

Un malessere, una malattia grave, una rapina, un’insolenza ecc. ecc., tutto è solo specchio (spesso ingigantito) a cui, poco alla volta, potremo non solo smettere di reagire (senza sopprimere) ma trasformarlo in energia, se avremo accolto la situazione o l’esperienza profonda che è rimasta, spesso ingigantita, sia dall’eredità, sia da fattori di nascita e d’infanzia. Non avendo più forza antagonista, questa si trasforma.

Si possono citare mille esempi: un dente che duole, un organo malato, corrispondono a energie che non circolano bene e a un fattore psichico corrispondente. Un incidente stradale, una guerra, un terremoto, un’eruzione e inoltre la prigionia, la tortura: che cosa rappresentano per la persona che li vive?

Le esperienze di decenni, di Stan Grof, lo mettono in evidenza: sono i momenti memorizzati dal nascituro durante il parto, che si ripetono nell’arco della vita, a seconda di quale momento si è verificato il blocco. Ancora una volta si potrà dire davvero “tutto è me stesso” e non sono etichette da mostrare, ma esperienze memorizzate dal feto e poi neonato e che si manifestano con mille aspetti e vicende simili, nell’apparenza temporale di una vita.

Tutto è qui-ora – né qui né ora e tutto è mia proiezione (non per scambiare concetti). Anche la scienza è riuscita a dimostrare che ogni cosiddetta “mia” decisione è in effetti già in atto poco “prima” nel cervello e inoltre ha potuto dimostrare che ogni apparenza di un universo percepibile (corpo-mente compresi) si rivela… inesistente.

Gli sciamani di tutti i tempi (ma dov’è il tempo?) insegnano il non-fare (cambiare atteggiamenti nel quotidiano) e si auto-guariscono con i suoni, per uscire dal bozzolo che, malgrado tutto, ci rassicura, anche se esiste un continuo ribellarsi a ciò che è (creando sofferenza) rimanendo incastrati nei vecchi schemi e… prigionia.

Un’altra verifica di quanto detto è l’omeopatia unicista, che è un modo “vibrazionale”, un diapason simile, che corrisponde al male vissuto dal paziente: non facile trovarlo, ma se lo si trova – dopo intense interrogazioni – la guarigione può essere istantanea o prodursi dopo la ripresa costante del rimedio che tocca man mano gli strati più profondi. Non è una questione di fede, ma di lunga pratica nei secoli. Di nuovo, si riunisce il simile col simile, il male è accolto, assimilato e ne deriva la guarigione.

Una donna assassinata contiene in sé una violenza enorme inespressa; se vivi una guerra o fai musica violenta per scaricarti, è in te che succede, per tentare un equilibrio che si rivela passeggero.

Una ragazza mi raccontò che fu stuprata due volte da adolescente. Imparò l’astrologia transpersonale per venirne a capo e quando capì davvero che non era mai riuscita a vivere un enorme forza che aveva in sé, per adattarsi alle esigenze familiari o ai dictat sociali, si sentì libera, cambiò vita e mai più dovette avere problemi del genere. Un’altra, con un inizio di cancro, capì qual’era il suo vero problema e poco alla volta poté tornare alla normalità.

Un’ennesima prova che tutto è noi stessi e che inseguiamo il sogno dell’IO – ma si tratta di vederlo nei dettagli, altrimenti… sembra che si debba ripetere ancora e ancora l’esame!! I saggi che morivano di malattie incurabili senza lamentarsi, avevano già fatto il ’’salto’’ ben prima e quindi tutto il resto non riguardava assolutamente più la “persona” che ormai era… già morta. (Come la storia del bicchiere ‘’già’’ rotto di cui parla Levine, nelle prossime righe tradotte).

Se riuscissimo a farlo anche noi, sarebbe magnifico, ma in occidente questo è davvero raro, dati i condizionamenti educativi molto forti. Ci sono anche altri modi di vivere le dipendenze negative, compensandole, ma la costante presenza a sé è il gran guaritore.

La mente (ego) cerca ogni astuzia per governare e nascondere, si tratta di inseguirla nei suoi labirinti, vedere come ci piglia in giro. Questo, evidentemente, se la faccenda è GIÀ nell’ologramma di concepimento-nascita: altrimenti sono parole inudibili e vuote.

Tratto da: “All else is bondage”, di Wei Wu Wei

Fonte: http://www.isabelladisoragna.com/articoli/tutto-il-resto-e-schiavitu/

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