Lo spazio nelle “rotture”.

Lo spazio nelle rotture.

“C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.” Leonard Cohen

Interrompere una relazione con una persona, cambiare lavoro, trasferirsi, sospendere in generale una dinamica, comporta una elaborazione del lutto. Anche quando facciamo dei cambiamenti nelle nostre frequentazioni, spesso diciamo “una parte di me se ne va” o “una parte di me è rimasta lì”.

Il lutto non ha a che fare solo con ciò da cui ci siamo fisicamente separati, ma anche con quella parte di noi che aveva necessità di quella dinamica, per confermare l’idea che ha del mondo e di sé e che si nutre di specifiche emozioni, dalle quali è dipendente.

Il Vuoto che si viene a contattare sembra insostenibile e questa convinzione ci porta a cercare ruoli, persone e situazioni dove possiamo ricreare quella idea di noi e del mondo, con tanto di pacchetto emozionale.

Stiamo rimandando un incontro molto importante, con il Sé autentico, privo di identificazione con la personalità, libero da schemi e automatismi.

Questo senso di vuoto viene erroneamente proiettato sulla persona e sulla situazione, o sulla vita in generale, inducendoci a sentire la mancanza di qualcosa, a cercare qualcosa che riempia il silenzio che spiffera dalla crepa interiore. Ed ecco che relazioni, dinamiche e situazioni si susseguono come fotocopie.

Il dolore aumenta e, allora, alcuni di noi si mettono in cammino e scoprono la potente chiave dell’osservazione. Una volta osservato lo schema ricorrente, individuato il bisogno da appagare, infatti, la persona è in grado di scegliere con saggezza le proprie frequentazioni e situazioni e o di rielaborare il tutto un’ultima volta, con maggiore consapevolezza e presenza.

Il solo atto di osservare e di prendere bene coscienza di come funziona il nostro meccanismo, ci consente di stanarlo nel momento in cui si attiva, di riconoscerlo quando si traveste da intento innocente e, quindi, di scegliere consapevolmente come agire nell’occasione.

L’auto-osservazione è lo strumento principale affinché vengano individuati i pacchetti psichici che partono in automatico e indiscussi, imparando così a fare discernimento fra l’apparato psico-fisico di cui siamo equipaggiati per questa permanenza qui e la saggezza della nostra anima.

Nella rottura, dunque, oltre a ciò che cambia esternamente, c’è qualcosa che “muore” internamente, ossia il meccanismo con il quale ci siamo identificati e che è apparso a lungo come un pezzo della nostra identità.

Si accede, dunque, ad uno spazio che, per qualche tempo, può suscitare disorientamento e paura. Spesso è qui che cadiamo, pensando di non sostenere quel vuoto, che è invece un ritorno alle origini.

“Perdere” certe persone e situazioni è come perdere se stessi, ‘in cambio’ dell’Essenza. Quando si accoglie questo processo interamente, se ne scopre la potenza alchemica e ci si accorge che ciò che è andato via di sé era fasullo e che la persona o la situazione, con cui questo qualcosa è emerso, ha reso un gran servizio dal punto di vista animico.

Michela Ruffino

Fonte: https://michelaruffino.weebly.com/blog/lo-spazio-nelle-rotture

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