Vivere dentro una scatola.

Vivere dentro una scatola.

Com’è vivere dentro una scatola? Lo sai o non lo sai?

Credo che ognuno di noi, esseri umani, lo sappia perfettamente, anche se riconoscerlo può suscitare un fastidio immenso.

Stiamo parlando di una scatola di cartone? Forse di plastica?

No di certo… stiamo parlando di una “scatola” di carne, muscoli e ossa. Una scatola con alcune aperture, attraverso le quali chi ci vive dentro si “relaziona” con quello che sta fuori.

Dentro la scatola … fuori dalla scatola… e aperture che fanno da ponte tra l’interno e l’esterno. Questa, stringata ai massimi livelli, è la comune percezione di ogni comune essere umano. È la “normale” percezione quotidiana di ogni individuo.

Individuo… appunto. Nel senso che, chiunque si consideri un individuo, non può che esperire questo tipo di esperienza quotidiana. È una precondizione fondamentale ed indispensabile.

Io sono un individuo, maschio o femmina non fa differenza, sono nato, sono cresciuto, ho fatto questo, farò quest’altro, ho desideri, timori, gusti, piaceri, amo, odio, ricordo, immagino, eccetera eccetera, fino al giorno in cui, di certo, morirò.

Ho un corpo ed una mente e, se proprio devo “localizzarmi”, il luogo in cui mi trovo è verosimilmente dentro la testa.

Nella mia testa ci sono un paio di aperture, che chiamo occhi, attraverso le quali posso guardare il mondo intorno a me. Nella mia testa risuona anche la mia voce, pur se non apro bocca, in quanto io sono il pensatore dei miei pensieri… e non ho certo la necessità di parlare a voce alta per sentire ciò che penso. Altre due aperture, che chiamo orecchie, portano dentro la mia testa le voci, i suoni e i rumori del mondo esterno a me.

La mia testa è una scatola piena di buchi… attraverso due di essi, che chiamo narici, entra l’aria che mi consente di respirare e di cogliere gli odori, attraverso un altro foro, che chiamo bocca, introduco i nutrienti che alimentano la complessa macchina corporea, riconoscendone anche i sapori.

Pare anche che la scatola, nel suo complesso, sia rivestita da uno strato di materiale, che chiamo pelle, in grado di farmi riconoscere ciò che è liscio, ruvido, duro, tenero, caldo, freddo e così via.

Non c’è che dire, questa scatola ha proprio delle caratteristiche interessanti e, grazie ad essa, mi sento anche relativamente protetto, pur ammettendo che, spesso, crea pure problemi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Dentro questa scatola posso anche nascondermi, posso modificarla in numerosi suoi aspetti, posso persino utilizzarla per fuggire da ciò che mi infastidisce, o per avvicinarmi a ciò che mi garba.

Non c’è che dire, è proprio una scatola magica, con molteplici possibilità ed utilizzi, ma anche con diversi limiti, a cui non si può sfuggire… almeno così pare. E, come detto all’inizio, ogni individuo che si riconosca tale, non può che riconoscersi con quanto espresso fino ad ora. Ti torna?

Ma siamo sicuri che sia così accattivante passare la vita intera all’interno di una scatola? E siamo altrettanto sicuri di essere l’occupante della scatola? E quando la scatola si romperà o si disintegrerà, dove andrà a finire l’inquilino? Ne condividerà il destino?

Vorrei porti una domanda… se tu, come altri, ritieni di essere l’occupante della scatola, mi sapresti dire in base a quale percezione riconosci di essere lì dentro? È veramente una percezione diretta, una percezione che è stata verificata più e più volte, o si tratta, piuttosto, di una convinzione, che potresti anche chiamare certezza, tanto non cambia nulla.

Si comprende la differenza tra percezione diretta e convinzione o certezza? Sì? No?

Siamo stati educati o, se preferisci, addestrati a riconoscerci in quella cosa con i buchi di cui parlavamo poc’anzi… giorno dopo giorno siamo stati condizionati a considerarci individui, io o me, diversi da ogni altro io e da tutto il resto, che non è me. Ad ogni io corrisponde un mio e, quindi, ecco che anche la scatola diventa mia.

La mia scatola, il mio corpo, la mai testa, la mia vita, la mia realtà, la mia storia… tutto mio. E, se qualcuno mi pesta un piede, il male lo sento sempre io. Inconfutabile. O no?

Si potrebbe quindi affermare che, con l’andar del tempo, ci hanno e ci siamo convinti di essere un non meglio identificato “qualcuno” che se ne va in giro per il mondo standosene dentro una scatola semovente.

Ma chi è che afferma “io sono all’interno del corpo?” Lo riesci a trovare? Pensi che lo potresti trovare dissezionando, che so, un piede o un braccio? E se ti aprissero la testa, questo fantomatico “qualcuno” salterebbe fuori come un coniglio dal cappello di un mago?

Vorrei ricordarti una cosa: se credi che qualcosa sia vero, quel qualcosa diventerà vero per te. Non possiamo dunque dare nulla per scontato, ma sottoporlo ad accurata indagine, sempre e comunque.

Nessuno conosce la Verità e, nel caso qualcuno affermasse il contrario, possiamo esser certi che ci sta mentendo, magari in buona fede, ma, spesso, proprio con lo scopo di ingannarci e manipolarci al fine di mantenerci in suo controllo.

La percezione sensoriale è molto limitata e facilmente hackerabile, quindi non ci si può basare su di essa per una indagine accurata. Ma, a partire da essa, si possono comunque ottenere preziose informazioni, dirette, non già per sentito dire e questo fa un’enorme differenza.

Viviamo in una scatola e continueremo a viverci, fintanto che non ce ne renderemo conto e non detesteremo il vivere in prigione. Ma, per uscire dalla prigione, l’unico modo è scoprire chi è colui che vive… sempre ammesso che esista veramente “qualcuno”.

Con affetto, Sid… Love*

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